L’Umano come discriminazione

di Jean Baudrillard

Da quando i sevaggi chiamano “uomini” soltanto i membri della loro tribù, la definizione dell’ “Umano” si è notevolmente allargata: è diventata un concetto universale. È anzi quella che si chiama cultura. Al giorno d’oggi tutti gli uomini sono uomini. In realtà l’universalità non si fonda in nient’altro che nella tautologia e nel raddoppiamento: è qui che l’ “Umano” assume vigore di legge morale e di principio d’esclusione. Perché l’ “Umano” è fin dall’inizio l’istituzione del suo opposto strutturale: l’Inumano. Non è che questo, e il progresso dell’Umanità e della Cultura, sono soltanto la catena delle discriminazioni successive che colpiscono gli “altri” d’inumanità, quindi di nullità. Per i selvaggi che si dicono “uomini”, gli altri sono un’altra cosa. Per noi invece, sotto il segno dell’Umano come concetto universale, gli altri sono nulla. […] La nostra cultura approfondendo la sua razionalità, ha estradato successivamente nell’inumano la natura inanimata, gli animali, le razze inferiori, poi questo cancro dell’Umano ha investito quella stessa società che esso pretendeva di circoscrivere nella sua assoluta superiorità.

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Sempre da un punto di vista dell’Universale, che ha fondato il razzismo, si pretende di superarlo, secondo la morale egualitaria dell’umanesimo. Ma l’anima un tempo o al giorno d’oggi le caratteristiche biologiche delle specie, sulle quali questa morale egualitaria si fonda, non sono argomenti più oggettivi né meno arbitrari del colore della pelle. Perché sono anch’essi dei criteri distintivi. Sulla base di tali criteri (anima o sesso) si ottiene in effetti un’equivalenza Nero = Bianco – ma questa equivalenza esclude tanto più radicalmente tutto ciò che non ha un’anima o un sesso “umano”. I selvaggi, invece, non ipostatizzavano né l’anima né le specie, riconoscevano la terra e l’animale e i morti come soci. Noi li abbiamo respinti, sulla base dei nostri principi universali, del nostro meta umanesimo egualitario che, integrando i negri sulla base di criteri bianchi, non fa che estendere i limiti della sociabilità astratta, della socialità di diritto. È sempre la medesima magia bianca del razzismo che funziona, e non fa che imbiancare i negri sotto il segno dell’universale.

(da J. Baudrillard, Lo scambio simbolico e la morte, Feltrinelli, Milano 2002, pp. 137-138)

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