Specismo e selezione naturale
Domanda dal Breviario.
Se la selezione genetica ci ha portato, come gli altri animali, ad avere un atteggiamento violento e sfruttatore nei loro confronti non è impossibile e assurdo agire contro questa “legge di natura”?
È la premessa sottesa a questa domanda a essere sbagliata, mi riferisco al determinismo. Si definisce determinismo quella “concezione per cui in natura nulla avviene a caso, ma tutto accade secondo ragione”. Peccato che in natura le cose non vadano proprio così e che la selezione naturale agisca diversamente.
Se fosse possibile riavvolgere il film della vita, ci accorgeremmo subito della impossibilità di rivedere le stesse immagini nella medesima sequenza. La realtà seguirebbe un’altra strada e altri sarebbero gli itinerari. Tutto questo dimostra che gli esiti non possono essere predetti sin dall’inizio e che, nella storia, forse una direzione non c’è. Insomma tutto poteva andare diversamente. Le creature umane, come il resto del mondo vivente, sono figlie della irripetibilità degli eventi, di ragioni del tutto imprevedibili e della contingenza storica.
Credo, inoltre, sia importante imparare a usare la parola “caso”. Ne esiste un’accezione epistemologica, ossia un significato che utilizziamo per giustificare la nostra ignoranza sulle cause di un determinato fenomeno, un modo per un uscire in fretta da un imbarazzo appellandosi al caso per definire alcune mutazioni che avvengono per qualche ragione che non sappiamo o che, da un punto di vista evoluzionistico, non ha alcuna utilità conoscere; il secondo modo di usare la parola “casuale” ha invece una maggiore valenza esplicativa, diciamo che le mutazioni sono “casuali” anche perché le cause della loro comparsa, qualunque esse siano, sono del tutto indipendenti dagli effetti – positivi, negativi o neutrali – che esse avranno sui loro portatori, cioè sugli individui inseriti in una determinata nicchia ecologica.
La nostra nicchia ecologica è una “nicchia ecologica e culturale” (dove per “cultura” s’intende un prodotto dell’evoluzione biologica della specie umana).
La domanda posta, però, nasconde in sé una forma molto forte di riduzionismo secondo il quale l’agire degli organismi (umani inclusi) è determinato dall’azione diretta dei geni sul comportamento. Il ragionamento, infatti, sembra essere il seguente: poiché il comportamento umano è sottoposto alle influenze biologiche adattative, la cultura non è altro che un’emanazione della biologia che la vincola pesantemente. In una parola: ci troviamo di fronte al “biodeterminismo”. Se accettassimo questo ragionamento sarebbe come se ritornassimo alla sociobiologia (scienza empiricamente infondata). Il fatto che un organismo manifesti un determinato comportamento dipende da molti fattori con i quali entra in contatto nel corso della sua vita (incluse le influenze sociali e culturali). Non esiste un’azione diretta dei geni sulle condotte umane. E ancora, non esistono geni per un determinato comportamento. Dando spago a una concezione biodeterministica è proprio il livello del mentale a saltare per primo. I sociobiologi – e i suoi anacronistici seguaci – danno vita a una sorta di “cannibalizzazione della psicologia”. L’evoluzione non crea comportamenti ma cervelli con disposizione a determinati comportamenti in determinati contesti.
«Ciò di cui si è una piccola parte non può essere né un mezzo per sé, né un fine al di là di sé» scrive Telmo Pievani ne “La vita inaspettata”, e ciò di cui si è una piccola parte siamo noi, creature umane, intimamente convinti che l’intelletto sia l’unico scopo di questo mondo e ossessionati dal nostro posto nell’universo, che dovrebbe essere né troppo in basso né troppo in alto, ma possibilmente al centro.
Consigli di lettura.
Sul rapporto tra biologia e cultura: Ines Adornetti, Buone idee per la mente. I fondamenti cognitivi ed evolutivi della cultura, Cuec, 2012; Sulla questione del determinismo e del caso, Telmo Pievani, La vita inaspettata. Il fascino di un’evoluzione che non ci aveva previsto, Milano, Raffaello Cortina Editore, 2011.