Il terzo spazio inaspettato

di Barbara Balsamo

 

La liberazione del 9 novembre dei visoni dell’allevamento di San Marco, Ravenna, ha concesso a pochi esemplari di salvarsi. Infatti dei 1200 visioni liberati da ignoti, solo 250 sembrano “scomparsi”.

Occorre guardare altrove per cercare una via di fuga che non sia immaginaria. Occorre guardare dove l’umano, tutto l’umano, getta la propria ombra di indifferenza e di morte. Solo lo sguardo dell’animale sembra ancora essere in grado di darci l’idea che esiste un al di là anche per noi che non vogliamo guardare oltre noi stessi. (Marco Maurizi, Asinus Novus. Lettere dal carcere dell’umanità, Ortica, Aprilia, 2012, p. 5)

Abbiamo pubblicato un’intervista anonima nella quale un comune cittadino della zona ha raccontato la sua esperienza insolita, il suo incontro con alcuni dei visoni liberati.

Riteniamo di grande valore questa testimonianza poiché lascia intravedere qualcosa di nuovo nelle dinamiche di azione e di riflessione sulla liberazione animale. A settembre, durante il festival di Trento, nel mio intervento, feci riferimento all’importanza cruciale che il rapporto con l’altro da sé ricopre nello smantellamento della società di dominio e dunque specista. Dall’incontro con l’altro nasce un terzo spazio in cui vacillano tutte le certezze e le nostre convinzioni. Non è la stessa cosa parlare degli animali rinchiusi da una poltrona e parlarne dopo averli incontrati. La poltrona qui, non intende essere una critica a chi “non agisce” in modo diretto, anzi. Si intende proprio che finché non si instaura un rapporto nuovo con l’altro animale, finché non lo si incontra fuori e dentro di sé, gli animali non umani continueranno a essere schiavi della nostra società. La poltrona allora simboleggia uno stato di “normalità” e estraneazione da quel rapporto, indotto, voluto, strutturato. Quando, per qualche ragione, si scatena un cortocircuito in queste dinamiche allora capita di provare e pensare cose inaspettate, nuove, libere.

L’incontro di X con i visoni liberati ci mostra questo. Ci racconta che nulla rimane lo stesso dopo lo scambio avvenuto. Il visone, quel visone, quell’individuo particolare, ha rotto gli schemi del nostro testimone, ha spezzato lo stato di indifferenza.

L’apertura di una gabbia non ha significato solamente la liberazione di un individuo ma ha consentito che un altro intraprendesse un’altra forma di liberazione che è quella che noi auspichiamo. L’affrancamento dalle idee precostituite, dalle informazioni falsate, dalle paure indotte.

Cosa accadrebbe se ogni soggetto umano incontrasse tutti i soggetti non umani delle altre specie sfruttate? Quale rapporto si verrebbe a creare? Non credete che forse l’esperienza di X sia l’esperienza di tutti noi?

Mi si potrebbe ribattere che magari X è sensibile più di altri. Forse, ma non credo che qui abbia molta importanza la sensibilità individuale. Credo che non si debba essere necessariamente dei sentimentali per com-prendere l’altro. Sono convinta infatti che un rapporto non debba necessariamente fondarsi sulla tenerezza o l’amore. Esso invece dovrebbe sempre connotarsi come forma totale di rispetto. X ha usato spesso il termine giustizia. Non credo sia casuale. Gli animali ci chiedono giustizia, una giustizia che noi tutti percepiamo in modo atavico ma che reprimiamo, rigettiamo, per sopravvivere nell’ingiustizia che a nostra volta ci pervade. Quando però vengono a reclamarla personalmente, a volte, creano quella crepa di cui parla Cohen [1], e ci illuminano.

X ha salvato 3 visoni, a loro dedichiamo queste nostre riflessioni con tanta gioia e speranza.

Note

[1] C’è una crepa in ogni cosa. Ma è lì che filtra la luce. L. Cohen

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