Il fondamento costituzionale del rispetto e della tutela della scelta vegetariana
di Monica Gazzola
Premessa
In sintonia con l’ impostazione medico-scientifica dell’Associazione, questa pagina di informazione legale vuole fornire informazioni su come tutelare la propria scelta vegetariana, indipendentemente dal perché tale scelta sia stata effettuata o venga presa in considerazione come possibile alternativa.
Peraltro, spesso le motivazioni che sottostanno alla scelta vegetariana consentono una “tutela rafforzata” di quest’ultima, in quanto esse stesse espressioni di libertà fondamentali e diritti soggettivi. In quest’ottica, verranno richiamati anche aspetti diversi ed ulteriori rispetto allo scientifico-nutrizionale.
Libertà e diritti
La nostra Carta Costituzionale elenca una serie di diritti (diritto alla salute, diritto alla non discriminazione, diritto all’istruzione…) ed una serie di libertà (libertà di pensiero, libertà religiosa..).
Tradizionalmente, si distingue tra libertà e diritti, nel senso che si afferma che mentre alla previsione di un diritto corrisponde il dovere dello Stato di fornire adeguata tutela e di predisporre i mezzi idonei per la sua esplicazione, al riconoscimento di una libertà consegue unicamente il dovere dello Stato di astenersi dall’ingerenza in materia.
Ma una nuova visione costituzionale dei diritti e degli interessi e della loro tutela, ha posto in crisi il concetto di una bipartizione concettuale non più corrispondente alle nuove esigenze scaturite da una realizzazione profonda del principio di democrazia. Si è così instaurato un diverso assetto delle relazioni umane sviluppatesi in seno alla dicotomia interesse pubblico/interesse privato, dove l’interesse pubblico era (ed è) strumento e presupposto dell’interesse privato, con corrispondente consequenzialità di lesione e tutela.
Cosicché l’evoluzione interpretativa ed applicativa della Carta Fondamentale, ha comportato un sempre più pregnante riconoscimento di una sostanziale equiparazione tra libertà e diritti, nel senso che si afferma che alla previsione di una libertà corrisponde il dovere per l’ordinamento di tutelare il diritto all’esercizio di tale libertà, eliminando i possibili ostacoli alla sua esplicazione. Oggi si può parlare di diritti di libertà, per i quali non è più ritenuto sufficiente un mero non-facere da parte dello Stato, ma si richiede una concreta attivazione ed adeguata tutela.
Venendo all’argomento qui in esame, alla luce di tali considerazioni, ritengo possibile affermare che la nostra Carta Costituzionale imponga allo Stato non solo il dovere di astenersi dall’impedire o limitare la scelta vegetariana di un individuo, in quanto espressione di libertà, ma imponga altresì il dovere di garantire che i vegetariani siano messi nella condizione di potere effettivamente esplicare tale scelta, in quanto espressione di diritti fondamentali.
La scelta vegetariana come espressione della personalità dell’individuo
L’art.2 della Costituzione Italiana sancisce che “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali…”. Il primo e più profondo significato di tale norma è quello del rispetto e della protezione della persona umana, dell’uomo in quanto tale, nella molteplicità delle sue espressioni. “Il rispetto della persona umana si sostanzia nel rispetto delle opinioni, delle credenze, dei convincimenti dei singoli, che, più di ogni altro valore… rappresentano il patrimonio più geloso ed autentico del singolo e il contenuto della sua dignità”.
Tale principio costituisce il fondamento ed insieme il limite invalicabile di espansione delle libertà riconosciute dalla Carta Costituzionale.
Da un lato, infatti, l’art.2 Costituzione dà causa costituzionale alla legislazione sugli incapaci, sugli emarginati e sugli oppressi e, nella sua intima correlazione con l’art.3 che vieta ogni discriminazione, rafforza la tutela delle libertà garantite dalla Costituzione.
Dall’altro, esso protegge l’individuo anche di fronte all’esplicazione altrui delle libertà e dei diritti sanciti dalla Costituzione: cosicché, ad esempio, la libertà di pensiero ed opinione, riconosciuta dall’art.21, trova un limite nel principio della tutela dell’onore della persona, sancito appunto dall’art.2.
In tale contesto, non v’è dubbio che la scelta di un determinato stile di vita – e, quindi, anche la scelta di un particolare regime alimentare come quello vegetariano – costituisca manifestazione della personalità dell’individuo e che, come tale, essa trovi riconoscimento e protezione costituzionale.
Difatti, che sia dettato da precetti religiosi, ovvero da compassione per gli esseri senzienti o ancora, infine, da attenzione per la propria salute, sempre il vegetarianesimo attinge l’intimo della persona e la sua più profonda dignità ed individualità.
Il diritto di essere vegetariani come esplicazione del diritto alla salute
L’art.32 Costituzione sancisce che:“La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti”.
Si tratta di un diritto sociale, che esprime una pretesa positiva ad un concreto e fattivo intervento dello Stato nel campo della protezione, assistenza e promozione della salute.
Secondo la più recente giurisprudenza costituzionale, il bene della salute viene tutelato sia come interesse della collettività che, soprattutto, come diritto fondamentale dell’individuo, quindi primario ed assoluto, in quanto tale pienamente e direttamente operante nei rapporti tra privati e definibile come posizione soggettiva direttamente protetta dalla Costituzione (Corte Cost. n.88/1979). Tanto che la giurisprudenza di legittimità estende l’ambito di applicazione e di previsione dell’art.2043 Cod. Civ. (risarcimento dei danni) al danno morale, e quindi non più confinato all’area esclusiva del solo danno patrimoniale.
Venendo alla scelta vegetariana, essendo ormai dato scientifico pacifico che l’eliminazione di prodotti di origine animale dall’alimentazione umana non solo non è dannosa ma anzi è preferibile per la prevenzione di plurime patologie, lo Stato non solo deve rispettare tale scelta, ma ha il dovere di consentirne la concreta esplicazione.
Ma v’è di più. Allo stato attuale delle conoscenze medico-scientifiche, lo Stato avrebbe anche il dovere di promuovere la diffusione del consumo di frutta, verdure, legumi, cereali, a scapito di alimenti di origine animale. In tale ottica, è encomiabile la campagna di prevenzione dei tumori promossa in questi giorni sui mass-media dal Ministero della Sanità, che appunto esorta all’assunzione di frutta e verdura.
Essendo il diritto alla salute direttamente azionabile, esso può essere invocato sia per richiedere un determinato comportamento da parte delle Istituzioni (ad es., garantire pasti vegetariani nelle mense scolastiche), sia, qualora tale richiesta venga disattesa, per azionare il risarcimento dei danni patiti, anche morali.
Il diritto di essere vegetariani ed il diritto alla non discriminazione
L’art.3 co.1 Costituzione stabilisce che “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”. È la solenne affermazione, in sede di principi fondamentali, del classico principio di égalité risalente alla rivoluzione francese e tuttora cardine delle democrazie contemporanee.
Il principio del rispetto della personalità dell’individuo, sancito dall’art.2 sopra esaminato, viene così confermato sotto un altro profilo: la legge generale è quella dell’eguaglianza, e solo motivate e razionali norme eccezionali basate su differenze di capacità potranno derogarvi.
È ormai pacifico che l’eguaglianza costituisca un cardine informatore, vincolante per l’ordinamento. Ma non solo la legislazione è vincolata ad esso, ma lo è tutta l’attività statale e comunque pubblica. Ciò si desume da norme complementari all’art.3: si vedano l’art.97 Costituzione, che impone il canone di imparzialità della Pubblica Amministrazione, e l’art.101 Costituzione, che impone che i giudici siano soggetti soltanto alla legge.
L’eguaglianza, cioè, è vista come “un valore integrativo rispetto a tutti gli altri principi costituzionali”, non è una “materia”, bensì un “criterio di giudizio che viene utilizzato all’interno delle singole materie”.
Di regola, la garanzia all’eguale trattamento non dà vita ad un autonomo diritto soggettivo, ma scatta a favore dell’individuo solo quando, per effetto della discriminazione, egli venga a perdere un determinato bene collegato ad un diritto sancito dalla Costituzione.
Tuttavia, in alcuni casi, si riconosce che il principio di eguaglianza agisce come fonte autonoma, senza che concorra la lesione di un’altra norma costituzionale. Ciò vale particolarmente nel caso in cui vengano emanate leggi che violino direttamente i divieti di discriminazione, nel qual caso la violazione del diritto soggettivo sarebbe diretta, e configurerebbe un vizio dell’atto amministrativo.
Pertanto, un atto legislativo o amministrativo che prevedesse direttamente un trattamento peggiore per individui in quanto vegetariani (ad esempio, il diniego della scuola, a parità di costi, di fornire pasti vegetariani), sarebbe viziato (solo od anche) per violazione dell’art.3 Costituzione, e quindi ricorribile.
Il vegetarianesimo quale scelta etica o religiosa.
Da ultimo, la scelta vegetariana, qualora si fondi su considerazioni di tipo religioso (giainismo, buddismo, alcune correnti cristiane) o etico (rispetto di tutte le creature senzienti), trova tutela, oltre che nell’art.3 Costituzione, anche negli artt.8, 19 (libertà religiosa) e 21 (libertà di pensiero e di manifestazione del pensiero).
Il diritto individuale di libertà religiosa importa il diritto a “professare” la propria fede e il diritto ad esercitarne il culto, senza alcuna limitazione né da parte dello Stato né da parte dei privati. Così come oggi (purtroppo), proprio invocando la libera professione della propria fede, si consentono deroghe alla normativa vigente relativa alle modalità di macellazione (macellazione rituale islamica), a maggior ragione dovrebbe consentirsi la possibilità di astenersi dal cibarsi di animali, laddove ciò sia (solo o anche) manifestazione del proprio credo.
Infine, la scelta vegetariana e l’eventuale pubblicizzazione di tale modalità di pensiero e di comportamento, rientra sicuramente nell’alveo della libertà di manifestazione del pensiero garantito dall’art.21 Costituzione. Entro il limite del rispetto degli altri diritti tutelati dalla Costituzione (primo fra tutti, l’altrui diritto al rispetto delle proprie convinzioni), pertanto, l’individuo ha il diritto, incoercibile, di seguire le proprie idee e di manifestarle. Anche sotto questo ulteriore profilo, la possibilità effettiva di un’alimentazione vegetariana può trovare adeguata tutela, intesa l’alimentazione vegetariana e la sua divulgazione come libera manifestazione del pensiero.