Antispecismo e Religione
Domanda dal Breviario
Nei dibattiti con onnivori sui motivi filosofici della mia scelta vegetariana, mi capita spesso di dover fare una premessa prima di cominciare la conversazione. In pratica, dico che non si può parlare di antispecismo se prima non si parla di ateismo. La ragione alla base di questa mia affermazione è che non saprei cosa rispondere senza riportare il discorso a tematiche molto più ampie a un cattolico che mi dicesse: “Io mi sento superiore perché c’è scritto nella Bibbia che Dio ci ha fatti a sua immagine e somiglianza e ha fatto il mondo a nostro servizio.” In effetti, ho sempre pensato che non si possa spiegare che la presunta superiorità etica della specie umana è appunto errata, se si ammette l’esistenza di un Dio che ci ha voluti. Ma è veramente così? O almeno, come conversare di antispecismo con i cattolici senza aprire l’argomento -religione- (se possibile)?
La questione è complessa e meriterebbe una risposta lunga e articolata. Non è corretto dire che l’antispecismo si fonda sull’ateismo perché è un dato di fatto che esistono antispecisti religiosi di varie tradizioni, sia orientali (jainisti, buddisti) sia occidentali (c’è ad esempio il filone del “cristianesimo delle origini” che interpreta questa religione in senso antispecista e vegan, cfr. i saggi di Enrico Giannetto). Se il problema è dover parlare di questi temi con persone credenti e cercare di ovviare a discorsi troppo ampi che farebbero perdere di vista il problema centrale (lo sfruttamento e la morte degli animali non umani) basta limitarsi ad osservare come l’argomento centrale dell’antispecismo (fin da Singer) è che anche ammesso, e non concesso, che si possa dire che gli umani sono “superiori” agli altri animali da ciò non deriva che abbiamo il diritto di fare loro torto. Chi argomenta in questo senso dovrebbe dimostrare che esiste una ragione morale per cui si possa passare dalla constatazione di uno stato di fatto (la supposta “superiorità”) al diritto di violentare, sfruttare, uccidere. E questa ragione “morale” non è mai esistita e non esiste. Perché mai, infatti, l’uomo, posto anche che fosse al centro del creato, dovrebbe per ciò stesso anche avere il diritto di fare ciò che vuole? Non c’è alcuna consequenzialità in questa argomentazione (se non la mera ripetizione di ciò che è tradizionalmente accaduto, ma questa, di nuovo, non è un’argomentazione morale). L’importante dunque è che si mostri come antispecismo e religione non siano in contraddizione (e non lo sono, in nessuna religione monoteistica è scritto che la pietà nei confronti degli animali sia contraria ad una vita pia, anzi è storicamente vero il contrario) e poi si potrà allora richiedere all’interlocutore una motivazione aggiuntiva che si fondi su argomenti strettamente morali.
Consigli di lettura:
E. A. R. Giannetto, Saggi di storie del pensiero scientifico, Bergamo University Press, 2005; A. Linzey Teologia animale, Ed Cosmopolis, Torino, 1987; R. Mantegazza, Un cantico per le creature. Tracce animaliste nel pensiero cristiano, “Liberazioni”, n. 3.
Di solito, quando parlo con persone che credono che l’essere umano sia superiore a tutti “perché è scritto nella Bibbia”, faccio loro notare che -ammettendo sia vero- non significa necessariamente che abbiamo il diritto di fare agli animali qualunque cosa ma che, invece, in quanto “superiori”, abbiamo piuttosto il dovere di custodire e rispettare la natura tutta, animali compresi.
Io ho smesso da tempo di discutere con i cattolici.
Come si può dialogare con chi sostiene che mangiando gli animali si onora dio perché dio li ha creati perché ci dessero cibo, aiuto nei campi ecc.?
Non solo, secondo i cattolici solo l’uomo – fatto ad immagine e somiglianza di dio – avrebbe l’anima (immortale), mentre gli animali no (e, pure ammesso che l’abbiano, sempre per i cattolici, non sarebbe comunque immortale e quindi sarebbero creature inferiori).
In cosa consisterebbe questa anima, però nemmeno loro lo sanno.
Intanto si avvicina pasqua… e milioni di agnellini verrano uccisi e mangiati.
Però fuori dalla chiesa i cattolici si scambieranno il rametto d’ulivo in segno di pace.
Rita … mi sa che se magnano pure l’ulivo.
Ammesso che sono cattolico, non vegetariano e non ho letto i saggi di Giannetto – cosa che farò, perché l’argomento è di per sé interessante, senza la necessità di condividere – mi permetto di dissentire.
A mio parere, le critiche presunte poste dai cattolici nel primo capoverso mi paiono decisamente riduttive. D’altronde, per rafforzare il proprio pensiero, è più facile darsi da rispondere polemiche “ideologiche” e poco profonde.
La ragione per cui un cattolico mangia carne, o meglio, la ragione per cui a un cattolico non crea alcun problema mangiare carne, non è la superiorità dichiarata nella Bibbia – tra l’altro, deontologicamente, sarebbe giusto mettere le citazioni dirette dei passi – sta semplicemente nello status di ragione. L’uomo è LA specie che, per eccellenza, è superiore alle arte in virtù della propria ragione.
Poi, il discorso è più complesso, prende altre pieghe e condivido il fatto che l’abuso e lo sperperio della carne – in una mentalità post-consumistica e radical-chic – dovrebbe essere un problema centrale. Non politicamente o socialmente, ma personalmente. Volevo semplicemente che si parlasse dei “cattolici” non mettendogli in bocca discorsi che li fanno comparire scemi senza ritegno. Un po’ di intelligenza, grazie.
Caro Daniele,
il primo capoverso a cui fai riferimento è la domanda che è stata rivolta a questo blog da un utente. Con la nuova formattazione dovrebbe essere più chiaro… Grazie!