Il caso serio del Meluzzismo
di Serena Contardi
(Carlo Giovanardi)
(Alessandro Meluzzi)
Non vorrei infierire. A difendere il circo con animali sono rimasti giusto Giovanardi, Meluzzi e Sgarbi: mi sembra una fine già abbastanza miserevole. Se scrivo, dunque, non è per confutare o cercare di confutare i ridicoli argomenti di Meluzzi (Dio favorevole; la foglia d’insalata che piange; la catena alimentare di cui narra al leoncino Simba il re degli animali, Mufasa…), quanto per mostrare il nesso che allaccia robusto le posizioni espresse dallo psichiatra in materia di animali a quelle sostenute in materia di… omosessuali. Non è uno scherzo. Il Meluzzismo sembra una filosofia retrograda, ciecamente conservatrice e bugiarda: in effetti lo è, e così diventa tema di una violenza estrema sull’umano. Meluzzi è, notoriamente, un estimatore di Joseph Nicolosi, ideatore delle cosiddette “teorie riparative”, che dovrebbero riconvertire gli omosessuali all’eterosessualità; esse non godono di alcun credito presso la comunità scientifica, ma sono molto seguite da diverse (pessime) associazioni religiose, tra cui ovviamente quella di Luca Di Tolve (il Luca della canzone di Povia, sì). Leggiamo insieme la chiusa de Il caso serio dell’animalismo, l’intervento di Meluzzi in favore del circo che i fini intellettuali di Federfauna ci mettono cortesemente a disposizione, e proviamo a ragionarci sopra:
Come diceva giustamente San Tommaso d’Aquino, l’amore è amare ogni cosa iuxta propria principia: amare le pietre da pietre, le piante da piante, gli animali da animali, l’uomo da uomo e Dio da Dio.
Dio lo abbiamo già escluso, purtroppo, non tutti ma molti lo hanno già escluso, ma se cominciamo ad amare le pietre come se fossero Dio, le piante come se fossero animali e soprattutto se ameremo l’uomo come amiamo le foglie d’Elba, credo che per l’umanità non ci sarà un grande futuro.
“L’uomo da uomo”, dice Meluzzi, ma avrebbe tranquillamente potuto aggiungere – fosse stato al Family Day lo avrebbe certamente fatto – “e la donna da donna”. Contrario alle adozioni gay (“aberranti”) e ad una legge contro l’omofobia (“una cosa idiota, scientificamente ed etimologicamente inesatta”), Meluzzi condanna gli episodi di violenza contro gli omosessuali, ma li spiega come “reazioni estreme a volte scatenate da una violazione fuorviante del senso comune”: motivo per cui i gay non dovrebbero lasciarsi andare ad effusioni in pubblico (sarà un caso che è considerato un modello dai progressisti di Agerecontra e Pontifex?). Come a dire, il picchiatore sbaglia, ma loro in un certo senso l’hanno provocato (poverino…). Chi garantisce la giustezza di questo “senso comune” che irresistibilmente intima al picchiatore di intervenire contro la sua “violazione fuorviante”? Nelle stesse parole di Meluzzi, “Quel Dio, citato in Genesi 1-3 come creatore e fonte di ogni verità”. Se non credete in quel Dio, affari vostri. Questo è l’Ordine del Creato, bambini e bambine, e noi abbiamo l’imperativo morale di mantenerlo intatto impedendo a gay e lesbiche di essere felici e imponendo all’orso bruno di fare l’hula hop (cit. Gianvincenzi). L’infrazione del piano divino porterebbe a conseguenze inimmaginabili: ci pensate? Omosessuali che partoriscono dai polpacci e babbuini che costringono uomini a pedalare su biciclettine minuscole per il loro divertimento di pochi momenti. Volete pedalarci voi su biciclettine minuscole? No. E allora forzateci loro. E non fate quella faccia: è la Natura, questa, mica un cartone animato Disney.
È risaputo che in Grecia, Bolivia, Croazia, Bosnia-Herzegovina, Austria, Repubblica Ceca, Danimarca, Estonia, Finlandia, Ungheria, Polonia, Perù, Portogallo, Svezia, Singapore, Costa Rica, India e Israele, paesi che hanno vietato o fortemente ridotto la presenza di animali nei circhi, i cittadini non possano affrontare seriamente la crisi, perché sono troppo impegnati a pedalare.
Il Meluzzismo non è un fatto neutro perché contiene un’idea, in sé singolare e sostenuta con molto vigore, che le relazioni intra e interspecifiche siano fissate una volta per tutte e sancite dallo stesso Meluzzi. Il Meluzzismo non vuole elevare umani e animali a una legge di cultura ma ridurli tutti quanti a un’interpretazione claustrofobica del dettato biblico: la legge meluzzista. La ‘caccia all’animalismo’ portata dal Meluzzismo è l’espressione di una cultura del sempre-identico che pretende di imbrigliare la complessità dell’umano in un versetto veterotestamentario, che dovrebbe deciderci in ogni tempo e in ogni luogo. Allora capite che il Meluzzismo non è un atteggiamento innocuo ma soprattutto è una visione del mondo intrinsecamente reazionaria e finisce per ostacolare ogni possibile progresso. Meluzzi, in effetti, è proprio terrorizzato dal fatto che le cose potrebbero andare diversamente da così. Guai a voi che intendete cambiarle: non viviamo forse nel migliore dei mondi possibili?
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7 Responses to “Il caso serio del Meluzzismo”Trackbacks
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[…] apparso su Asinus Novus […]
“A difendere il circo sono rimasti giusto Giovanardi, Meluzzi e Sgarbi: mi sembra una fine già abbastanza miserevole.”
A questo punto mi aspetterei che si unisca anche Langone – i presupposti ci sono tutti – e il gruppetto sarebbe al completo. 😀
La cosa davvero triste è che le (non)idee di costoro vengano diffuse in televisione perché, come purtroppo sappiamo, essa rimane per tantissime persone una fonte autorevole e noi possiamo e dobbiamo disprezzarla finché vogliamo, ma rimane il fatto che riesce ad essere mille volte più convincente di quanto possano esserlo un presidio informativo contro l’uso degli animali nei circhi o le campagne per i diritti degli omosessuali.
Continuo a restare convinta che noi dovremmo occupare i media. Pure se confido in un futuro in cui i giovani avranno sempre pù accesso ai media alternativi (canali televisi online privati, youtube ecc.) e quindi la cosiddetta tv di stato (o che fa gli interessi di una sola classa politica o del capitale) non sarà più seguita o sarà quanto meno contrastata efficacemente.
“Continuo a restare convinta che noi dovremmo occupare i media.”
Ci stavamo riuscendo con radio e televisioni libere degli anni Settanta-primi Ottanta, ma poi Craxi ecc…
Sarà difficile entrare in quelle di Stato, peggio in quelle del Capitale (RTL, Sky, Mediaset…). E se pure qualcuno vi riuscisse? Solo a suo rischio e pericolo. Cito un solo caso, Dario Fo cacciato a pedate nei primi anni Sessanta.
Vedo che c’è ancora qualcosa di ‘libero’ (come http://www.liberi.tv/webtv/in-onda-diretta-webtv). La cosa lascia sperare. Ma “occupare i media” senza, ehm, ‘occupare’ tutto il resto è una felice illusione. Ho anzi il timore che neanche i media alternativi avranno vita facile se proveranno a punzecchiare i centri nervosi del Potere in maniera meno innocua di pochi isolati casi.
Lo so Pasquale, condivido tutte le tue perplessità, ma se non ci proveremo, falliremmo in partenza; credo che ci si debba provare. Sono una sostenitrice del mirare più in alto possibile per ottenere almeno qualcosa, un po’ più di visibilità.
Sì, Dario Fo è stato cacciato, come tanti altri, ma le sue idee sono state comunque divulgate.
Mi rendo conto che andando ad occupare certi salotti mediatici il rischio è quello della censura, che mai ti farebbero dire certe cose, però ho fiducia nei nuovi media (parlo di internet soprattutto e dei progetti come LiberiTV).
Io sono totalmente d’accordo con Rita. Sebbene per noi personaggi di questo rango siano immediatamente additabili come ciarloni, molti Italiani ne subiscono ancora il fascino e, data l’antipatia generale nei confronti degli animalisti, è una cosa che tenderei a non sottovalutare. C’è pieno di casalinghe pazze di Meluzzi, eh. Questo non per denigrare le casalinghe: la mia in effetti è tutta invidia, preferirei fossero pazze di me 😉
Ahahah! Ti LoWo!
Meluzzi…ogni volta che mi capita di vederlo in TV mi ci soffermo giusto per sentire quale altra perla di saggezza tirerà fuori. Che poi voltala girala i suoi argomenti sono sempre gli stessi. Subito dopo mi chiedo perché non abbia subito cambiato canale…
Certo è davvero triste che personaggi del genere abbiano tanto spazio e influenzino probabilmente una (spero piccola) parte di pubblico.