Io non mi sento vegana ma per fortuna, purtroppo, lo sono
di Gabriella Sarracino
Un personale brainstorming …
Le donne sono state e sono spesso ridotte ad oggetti di consumo invece che soggetti, nella narrazione mediatica diventano spesso il referente assente delle pubblicità che le propongono come pezzi di “carne” sexy, utili come lavatrici, lavastoviglie, elettrodomestici, oggetti utilizzabili dal macho di turno (come dimenticare le pubblicità che incitano allo stupro mostrando quasi sempre donne felici di essere semplicemente corpi nelle mani altrui), o felici rappresentanti dei corpi reificati completamente privi di una soggettività propria; desoggettivare i corpi però non è utile solo per la discriminazione e subordinazione delle donne ma anche per quella degli animali, non si può sorvolare sulle immagini che rappresentano ogni giorno attraverso i cartelloni pubblicitari, la televisione e i giornali le felici mucche che correndo sui prati sembrano addirittura contente del loro prossimo smembramento, oppure i pezzi di corpi sezionati e igienizzati che ritroviamo sul banco frigo pronti e imballati per farci dimenticare che quei corpi morti sono pur sempre carcasse.
Eppure ci sono delle conseguenze, i corpi delle donne continuano ad essere reificati in maniera ovviamente più sottile rispetto agli animali per il semplice fatto che adesso almeno secondo la legge abbiamo quasi gli stessi diritti degli uomini e perché facciamo parte della stessa specie dell’uomo bianco, ma le nostre materialità continuano ad essere costruite socialmente attraverso l’incorporazione del dominio che porta ancora uomini e donne ad autorelegarsi in situazioni gerarchizzate che pretendono di assegnare diritti e doveri diseguali ai generi, alle classi sociali, alle specie e alle differenti provenienze geografiche.
I corpi, tutti i corpi sia quelli umani che quelli non umani sono costruiti socialmente, tutto ciò che viene considerato “naturale” come la divisione dei compiti tra i generi e la divisione tra scopi di specie (animali da profitto e animali d’affezione), come la presunta esistenza di una “naturale” femminilità, mascolinità, o maggiore o minore propensione al carnivorismo non sono altro che costruzioni sociali, umane, e in quanto tali imperfette ma sopratutto arbitrarie.
Le donne non sono naturalmente subordinate agli uomini così come gli animali non sono naturalmente il nostro cibo, se esistessero queste immutabili leggi di natura allora dovremmo spiegarci come siano esistite delle società vegetariane e come siano esistite delle società matriarcali.
La nostra società “naturalizza” i rapporti di dominio sulla natura intera inscrivendoli all’interno di logiche di derivazione biologica che tendono a sminuire costantemente l’importanza delle costruzioni sociali e simboliche che la società stessa utilizza per differenziare i propri gruppi. La donna non esiste necessariamente e “naturalmente” in quanto essere dominato così come l’uomo non è necessariamente un predatore e “naturalmente” carnivoro.
Per questi motivi però è importante quindi sottolineare che tutti coloro che mangiano carne sono nella quasi totalità dei casi non consapevoli di mangiare un cadavere o un soggetto che ha sofferto e che avrebbe potuto avere una vita propria, la naturalizzazione del dominio porta a distaccarsi completamente dalla sofferenza dell’animale non umano e spesso umano in ragione della stessa naturalezza e necessarietà dell’atto e quindi della mancanza di possibilità altre.
Se per cattiveria intendiamo tutta la sofferenza causata ad un altro essere senziente che non sia necessaria e se la scienza ha da tempo sdoganato la non necessità delle proteine animali nell’ambito della nostra nutrizione allora dovremmo occuparci del perché si continua a mangiare carne, e sopratutto del perché esiste un “gap” empatico che non permette alle persone di collegarsi empaticamente con gli animali di cui abusiamo.
Personalmente sono convinta del fatto che l’umanità sia tendenzialmente empatica e non il contrario, proprio per queste ragioni storco il naso ogni qual volta sento di gruppi animalisti, vegani o vegetariani che si scontrano (spesso augurando anche le peggiori violenze) con i cosidetti carnivori (per non parlare dei vegani che si scontrano con i vegetariani e così via).
Spesso si decide di diventare vegetariani o vegani attraverso un percorso di consapevolezza che generalmente avviene in età adulta e richiede quanto meno conoscenze nutrizionali, in altri termini a meno che non si provenga da famiglie vegetariane, diventare vegetariani presuppone la presenza di un capitale economico e culturale che permetta questa scelta che a molti è negata.
Come direbbe qualcuno “solo dopo che hai riempito lo stomaco puoi permetterti di fare filosofia” ed effettivamente solo dopo averlo riempito possiamo permetterci di osservare le implicazioni economiche, nutrizionali ed infine etiche del mangiare e sfruttare gli animali (e la natura).
Io comprendo quindi la necessità di colmare questo vuoto empatico per cui diviene necessario attivarsi affinché questo modello di società cambi, ma quello che non comprendo e non condivido è invece la chiusura che spesso degenera in razzismo, classismo e quant’altro di coloro che non mangiando carne diventano volenterosi di imporre la loro visione spesso ancora più gerarchizzata di quella che vorrebbero combattere sul resto della società onnivora.
Anche i nazisti sono stati dei grandi difensori degli animali ma con l’unico scopo di dominarli ancora meglio attraverso la razionalità antropocentrica o come sostiene Horkheimer al fine di umiliare più profondamente quelle “razze inferiori” che i nazisti trattavano semplicente “natura” (Horkheimer 1969); questi ed altri esempi storici o anche contemporanei dovrebbero farci interrogare sulle motivazioni che spesso portano i movimenti animalisti a quei grandissimi autogol che invece di aprire chiudono moltissime gabbie (per umani e non umani) scambiando i mezzi con i fini.
Un rischio che corriamo è che le nostre scelte alimentari diventino semplicemente un mezzo di “distinzione” di classe e quindi nient’altro che scelte dell’elite ricca che invece di combattere perpetua le pratiche di dominio dell’uomo sull’uomo e di conseguenza dell’uomo sull’animale e dell’uomo sulla natura.
Bibliografia
M. Horkheimer, Eclisse della ragione, Einaudi 1969 Torino
Articolo ricevuto
l’uomo non è necessariamente un predatore e “naturalmente” carnivoro
In uno stato di natura l’uomo è un animale onnivoro, quindi la sua tendenza a mangiare carne è non solo naturale ma salutare per il suo corpo.
Il fatto che noi alleviamo carne da macello è un discorso diverso, razionale. Se ci fosse modo di “coltivare” la carne lo faremmo subito.
Beh, che sia salutare è tutto da verificare. Sempre più medici nutrizionisti sostengono il contrario.
E comunque, appunto, lo sfruttamento degli animali non ha nulla a che vedere con la predazione che avviene in natura ad opera di alcune specie (non tutte e non sono affatto sicura che l’uomo abbia sempre predato).
Dici che se ci fosse modo di coltivare la carne lo faremmo subito. Non sono tanto sicura nemmeno di questo, mangiare la carne è molto più un’abitudine culturale (considerata anche uno status symbol, tanto che in passato solo i ricchi potevano permettersela) che si protrae da secoli, piuttosto che un istinto naturale. E’ stato necessario cacciare per le popolazioni nomadi e sono proprio alcune di esse provenienti dalle steppe euroasiatiche che avrebbero diffuso appunto la “cultura” della carne nel resto d’Europa. Almeno questo è la tesi di Rifkin in Ecocidio.
Istintivamente credo sia sempre venuto più facile all’uomo raccogliere frutti (ha le mani prensili infatti, non gli artigli adatti a sventrare prede) piuttosto che cacciare, uccidere, scuoiare ecc..
sul fatto che sia salutare ci sono tantissime tesi contrastanti, ci sono anche evoluzionisti che sostengono che l’uomo sia dovuto diventare onnivoro per sopravvivere e che proprio per questo la carne sia poco salutare per l’uomo, per ora però quello che invece è abbastanza certo è che non è necessaria l’alimentazione carnea e che anche un alimentazione veg è salutare, quindi non essendo una necessità biologica di sopravvivenza di sicuro si inseriscono le costruzioni sociali. Non so se sia una forzatura ma anche violentare, subordinare e usare le donne è stato considerato naturale per secoli e questo proprio perchè si partiva da giustificazioni biologiche (che poi si è scoperto essere fasulle da molti punti di vista) per giustificare strutture sociali che con lo stato di natura iniziale (e ipotizzato) non avevano e non hanno molto a che fare…