Violenza verbale e violenza effettiva
di Rita Ciatti
Vorrei chiarire la mia posizione sulla violenza verbale talvolta manifestata da alcuni animalisti nei confronti di chi sfrutta e uccide gli animali, così come sulle varie espressioni di giubilo spesso intonate alla notizia di cacciatori che si sono sparati tra di loro, toreri incornati, macellai cui è partito un dito mentre affettavano un maiale e così via.
Dunque, cercherò di essere il più chiara possibile, sperando di non essere fraintesa.
Penso che definire un animalista verbalmente violento solo perché a sua volta accusa un macellaio o un vivisettore di essere appunto un violento, un aguzzino ecc. sia, quanto meno, paradossale. Voglio dire, per quanto nella nostra cultura e società la violenza dello sfruttamento animale sia normalizzata ed accettata, rimossa e negata, credo che l’atto dello sgozzare un maiale o del provocare stress sui topi nei laboratori tramite scariche elettriche sia, e rimanga, inconfutabilmente, quale sia la maniera in cui lo si voglia vedere, un atto violento. Mi rendo conto che dal singolo consumatore (che brutta questa parola, “consumatore”, ma tant’è) tale violenza non venga affatto percepita o venga considerata tutt’al più “necessaria”, “utile” per una serie di ragioni legate ad un massiccio condizionamento culturale sul quale sarebbe ozioso dilungarmi al momento, ma, tuttavia, l’atto di uccidere, schiavizzare, sfruttare miliardi di esseri viventi rimane un atto indiscutibilmente violento. Mi rendo conto tuttavia che esistono toni e toni e che stigmatizzare una violenza effettiva tramite una violenza verbale è altrettanto paradossale del macellaio che accusa l’animalista di essere violento: si tratta di due tipi di violenza, quella effettiva certamente peggiore di quella verbale – la quale, quest’ultima, potrebbe pure essere definita “difensiva”, in quanto interviene per denunciare la prima – ma rimane pur tuttavia un esercizio gratuito; inoltre dare dell’assassino ad un mangiatore di bistecche non solo indispone immediatamente l’interlocutore inducendolo a mettersi sulla difensiva anziché invitarlo all’ascolto, ma è anche del tutto inutile e fuorviante ai fini della liberazione animale. Urlare e sfogarsi contro chi sfrutta gli animali rimane, nel novantanove per cento dei casi, l’urlo inascoltato di un ego esasperato ed inacidito. Io capisco la rabbia, la frustrazione che scaturiscono dalla consapevolezza dell’orrore dello sfruttamento animale e quindi l’inevitabile reazione di pancia che spesso porta gli animalisti ad inveire contro gli aguzzini, ma sono altresì consapevole che non saranno gli insulti e le offese a liberare gli animali. A volte su Facebook vedo girare drammatiche foto di animali morti, fatti a brandelli, insanguinati e giù a seguire una sequela di insulti diretti agli esecutori di tale scempio: “maledetti assassini“, “mi auguro che tu crepi“, “ti farei questo e quell’altro“.
Ora, ripeto, inutilità a parte di questi sfoghi di rabbia – che appunto tali sono, sfoghi, per l’appunto – mi pare evidente che NON è in questo modo che si faranno progressi nella liberazione animale. Non è augurando la morte a tizio e caio che verrà decostruita la cultura dello sfruttamento animale.
Mille volte più costruttivo, anziché distruggere verbalmente l’altro, è rispondere – anche in maniera decisa, chi dice che dobbiamo essere agnellini? Io no di certo! – mettendo in evidenza le falle del ragionamento di chi sostiene lo sfruttamento animale o vorrebbe negare l’evidenza della sofferenza degli animali.
Se io comincio a dare dell’assassino a tizio perché mangia la carne, tizio mi replicherà a sua volta dicendomi, nella migliore delle ipotesi, che sono esagerata, oppure insultandomi per tutta risposta. Nel frattempo gli animali continueranno a morire dentro gli allevamenti e nei macelli e di certo non si sentiranno sollevati nel sapere che c’è qualcuno che si è preso la briga di dare dell’assassino ai suoi aguzzini.
Allo stesso modo, augurarsi la morte del cacciatore, del pellicciaio e del torero, non è molto costruttivo, anche perché, morto uno, avanti il prossimo. Voglio dire, non si tratta della cattiveria di un singolo soggetto isolato per cui conviene augurarsi che si tolga dalle scatole il prima possibile, ma della follia di un sistema in cui il fatto che miliardi di esseri viventi vengano ridotti a meno di cose, imprigionati, sfruttati fino allo sfinimento ed uccisi è considerato “normale” e perfettamente “naturale”. E il sistema non lo si combatte a forza di accettate verbali contro i singoli, ma smantellando dall’interno quei meccanismi culturali, sociali, economici e politici che ne permettono il mantenimento.
Se la scuola non funziona, per dire, non vado a prendermela col singolo insegnante, ma cerco di analizzare e capire le falle del sistema. Se la sanità fa schifo, non me la prendo col singolo medico, ma sempre con il sistema che ha permesso la degenerazione di determinati servizi sociali. Certamente anche il singolo è responsabile perché poi il sistema è fatto di singoli, ma è al tempo stesso vittima di una terza entità che è l’ingranaggio culturale nel suo complesso e dal quale è difficile, ossia rimanendone compresi all’interno, auto-osservarsi con capacità critica.
Quindi, che un cacciatore o un macellaio sia morto o meno e che si esulti o meno per la sua dipartita dal mondo, non sposterà di una virgola il sistema sfruttamento animale perché tanto, il posto di chi è anch’egli carne da macello, seppure questa volta simbolica, sarà comunque rimpiazzato dalla prossima risorsa rinnovabile del sistema forza lavoro, non diversamente dagli animali che ha ucciso.
La società dello sfruttamento del vivente è un tritacarne in cui vittima ed aguzzino finiscono per perire insieme. E se non si capisce questo allora non si è compreso nulla dell’antispecismo.
Odiare la specie umana, i propri simili, è un atteggiamento di immaturo solipsismo. Di totale chiusura. Un atteggiamento che nuoce profondamente alla liberazione animale.
Attenzione, questo non significa però che automaticamente dovrei considerare alla stessa stregua la tragedia dello sfruttamento animale con il singolo caso del cacciatore che è rimasto ferito da un suo collega durante una battuta di caccia. C’è un distinguo da fare e a me pare dettato dal semplice buon senso: gli animali indifesi che si trovano a vivere una non-vita dentro un allevamento con destinazione finale al macello di certo non hanno alcuna colpa della loro condizione. Si sono trovati a nascere dentro una gabbia, non hanno avuto scelta, la loro orrenda sorte è stata segnata sin dall’inizio. E questa è indubbiamente una tragedia. Il cacciatore invece sceglie consapevolmente di girare per i boschi con un fucile carico. È responsabile delle proprie azioni e degli effetti che potrebbero derivarne. Quindi, permettetemi di dire che il suo “incidente” mi colpisce meno della sofferenza di un animale che viene torturato nei laboratori. Ma questo non perché, si badi bene, io ami gli animali più degli uomini, o sia misantropa, o faccia un distinguo tra valore della vita di un topo e valore della vita di un cacciatore, ma semplicemente perché lo sanno pure i bambini che chi gioca col fuoco finisce col bruciarsi e che a volte è perfettamente normale che le vittime si ribellino e finiscano con l’avere la meglio sul proprio aguzzino. La prendo quindi, questa volta sì, come una legge di natura. Non sempre i predatori hanno la meglio, a volte la preda ce la fa a scappare o a ribellarsi. Il cacciatore è un predatore artificiale (e non avrebbe necessità di esser tale), se diviene preda per sbaglio, per incidente, per puro caso, lo metto nel conto degli effetti derivabili dalla sua infelice scelta. Ci sono casi di felini che hanno aggredito il domatore, di orche che hanno tirato sott’acqua il loro addestratore, ma anche casi di ferimenti riportati in seguito a contatti ravvicinati con animali che, causa il loro lungo stato di detenzione e maltrattamento, hanno reagito in maniera aggressiva verso gli inservienti.
Voglio dire, se io tengo una tigre chiusa dentro una gabbia è ovvio che quella prima o poi, stanca di essere tenuta prigioniera, si innervosisce; se poi un bel giorno riesce ad addentarmi un braccio, ebbè, ma di chi è la colpa? Della tigre o mia che la tenevo rinchiusa?
Quindi, ricapitolando, premesso che chi sfrutta direttamente ed uccide direttamente gli animali, ma anche chi partecipa – silente o meno, consapevole o meno – di questo sistema di sfruttamento, esercita comunque violenza; premesso che però la questione dello sfruttamento animale non si risolve meramente accusando l’altro di essere violento con maniere verbalmente aggressive; premesso che ogni vita persa – pure quella del cacciatore, del macellaio, del torero – è sempre una vita persa, a doppio titolo: persa perché estinta, persa nel senso di aver perso un’occasione per comprendere cosa sia il rispetto dell’altro; premesso altresì che essere antispecisti significa lottare per scardinare questo sistema e non per distruggere l’altro – a parole o nei fatti – ché la visione dicotomica di un’umanità divisa in buoni e cattivi la lascio volentieri a certi americani, ai veterotestamentari, a chi crede nella tentazione del diavolo e a chi ha una maniera davvero semplicistica e riduttiva di vedere la realtà, non comprendendo la complessità del tutto; premesso questo e forse anche altro che sicuramente mi sono scordata di dire, chi accusa gli animalisti di essere violenti, a volte si dimentica – o non comprende – che esiste una violenza effettiva, che è altrove, negli atti, più che nelle parole e questo continua a rimanere per me abbastanza paradossale. Ciò detto, non giustifico chi inneggia a mandare a morte il macellaio, il vivisettore, il pellicciaio ecc.; inneggio invece ad un mondo liberato dall’oppressione e voglio liberarlo costruttivamente, non trasformandomi a mia volta in un boia.
Bravissima!!
Grazie!!! 🙂
Io penso che la questione della violenza verbale animalista sia nata essenzialmente con l’avvento di Facebook. Una persona si trova in casa, sola con se stessa davanti a uno schermo (perché uno schermo con impresse immagini di persone non è una persona), e trascrive in uno spazio virtuale pubblico i pensieri che prima erano destinati a un diario cartaceo o alla stagnazione interiore. Facebook ha annullato la dimensione privata, con tutte le conseguenze del caso.
Questa tanto discussa aggressività animalista va pertanto sfatata: la mia esperienza mi dice che quando vegani e onnivori si trovano insieme nello stesso contesto, soprattutto un pasto, non è MAI e dico MAI il vegano a rompere i coglioni. Anzi, il vegano ha tutto l’interesse nel mangiare in santa pace e mantenere un profilo basso, esasperato com’è da anni di puntuali, continue, costanti seccature. Il copione del tormento è sempre lo stesso: l’onnivoro comincia a fare domande, poi fa battute, punzecchia, quindi alza il tiro, provoca, e così via per tutto il tempo; quando alla fine il vegano risponde, magari anche educatamente, dicendo però una verità spiacevole, l’onnivoro lo incalza: “Ecco, vedete come siete? Intolleranti, rompipalle e violenti!”.
Fuor di Facebook, l’unica aggressività che in vita mia ho riscontrato è sempre stata quella degli specisti. E, ripeto, parlo solo della mia esperienza diretta.
Che poi, anche fosse vera la storia della violenza verbale antispecista: tu sgozzi, io ti mando a fanculo, e il violento sono io?!
“Hai ammazzato Mario! Testa di cazzo!” “Maleducato! Non si dicono le parolacce!”.
Fondamentalmente allo specista piace solo l’antispecista che gli dice: “Ma sì, in fondo hai ragione anche tu, ognuno ha le sue idee, se pensi che sia giusto così, fai bene a mangiare carne”. Tutti gli altri, sono violenti aggressivi intolleranti dittatori invasati nazisti.
L’onnivoro che si offende quando qualcuno gli dà dell’assassino o del mandante deve capire che anche nel piatto di una bravissima persona c’è una scia di sfruttamento, violenza e morte.
Verissimo Claudio che tanta di questa violenza verbale si esplicita soprattutto sul web (Facebook in primis, perché ha un bacino di utenti più variegato), ma anche durante certi presidi che poi si risolvono nell’animalista di turno che insulta il botticellaro o cacciatore di turno. Scazzottata e tutti a casa. Sterile come protesta, no? Altro esempio: un conto è mettersi a protestare, anche con toni duri, decisi, di fronte ad una pellicceria, distribuendo volantini per informare, sensibilizzare, con striscioni ecc., un altro è entrare dentro al negozio e cominciare ad insultare la pellicciaia. Mi pare ovvio che il primo atteggiamento sia preferibile al secondo perché più costruttivo, se non altro.
Poi sulla reazione che possiamo avere quando l’onnivoro di turno è il primo ad insultarci, a darci del nazista, sono d’accordo con te, cioè se io sto parlando ad uno dell’orrore dello sfruttamento animale e questo nella sua visione distorta arriva a vedermi e considerarmi come una nazista e violenta perché, a suo dire, gli toglierei il diritto di mangiare la fettina, allora gentilmente – ma anche meno gentilmente – gli faccio notare che forse il suo partecipare di un sistema che imprigiona e stermina miliardi di esseri viventi si avvicina di più al concetto di Nazismo di quanto non faccia quello della lotta per la liberazione animale. 🙂
E comunque più di quegli sfoghi di pancia del tipo “assassino ecc.”, io ci tenevo a prendere le distanze da chi augura proprio del male o invoca la pena di morte o la legge del contrappasso. Insomma, “spero che crepi il cacciatore”, sì, dentro di me come reazione emotiva lo posso pure pensare quando mi trovo di fronte ad immagini di un cinghiale ucciso dallo stesso, ma si tratta, come ben hai messo tu in evidenza, di un ristagno di rabbia e frustrazione che spinge per venir fuori. Si tratta di grida inarticolate, di pensieri in limine che non hanno ancora trovato un’elaborazione efficace.
Per violenza verbale, ecco, intendevo più che altro proprio l’augurare la morte, l’augurare che venga un cancro et similia.
Questo è odio per la specie umana che non mi appartiene. Io provo talvolta disprezzo, ma sempre misto ad un senso di profonda compassione.
Il pescatore con cui ho discusso tempo fa ad Ostia (ho scritto un dialogo tempo fa sul mio blog) mi ha fatto rabbia, ma anche pena perché uno che vede il pescare come ultimo svago rimasto della vecchiaia, non può non fare pena. Commisero l’umanità intera che non riesce a scorgere la scia di violenza e sangue che si porta dietro la fettina di carne o la borsetta in rettile.
Commisero meno chi è consapevole, in grado di comprendere, ma cerca attenuanti, giustificazioni (insomma, il solito discorso dell’onnivoro acculturato che tu hai descritto tante volte). Non gli auguro di morire però. Mi auguro che un giorno possa cambiare idea. E sappiamo bene che per buona parte della massa tanto la coscienza e la sensibilità individuale muterà solo col mutare dei costumi e delle leggi. Per dire, oggi c’è tanta attenzione ai diritti dell’infanzia, eppure nell’ottocento il bambino non aveva nessun tipo di tutela. Si picchiavano i bambini, oggi pure c’è chi lo fa, ma socialmente rimane un comportamento stigmatizzato.
Se, per dire, un domani la caccia venisse abolita per legge, tra qualche decennio persino a quelli che oggi sembra “uno sport sano e divertente” comincerebbe ad apparire come una barbarie lo sparare ad animali liberi in natura. Questo dovrebbe farci capire quanto per risolvere il problema di questa enorme massa dell’umanità convinta che sia legittimo sfruttare ed uccidere animali sia del tutto inefficace l’insulto. E quanto l’augurare la morte al prossimo sia proprio in antitesi con l’etica della nonviolenza che l’antispecismo si propone. E attenzione, nonviolenza NON è porgere l’altra guancia. Ma di questo abbiamo già parlato quando si è discusso delle strategie dell’attivismo ecc.
Ogni volta che si parla di questo argomento ci tengo sempre però a precisare e ribadire che tra augurare la morte e sostenere la pena di morte c’è una bella differenza.
Personalmente, io, nel mio intimo, auguro quotidianamente morte a manciate. Sogno la scomparsa di numeri esorbitanti di persone, anche per un nonnulla. Pure quando un treno fa cinque minuti di ritardo inizio a fantasticare sulla sede di Trenitalia che crolla lasciando tutto il consiglio d’amministrazione maciullato sotto le macerie.
Non per questo sono a favore della violenza.
Ora, come ho scritto una volta a Serena, se nel chiuso della mia abitazione sogno che quello che mi sta sul cazzo nell’uscire di casa venga colto da infarto e muoia sul colpo mentre lui magari fa lo stesso con me e ce lo diciamo anche apertamente senza che nessuno dei due si rechi dall’altro per farlo fuori armi in pugno, che male c’è? E dov’è il problema? Chi lede chi? E chi supporta quale violenza?
Sta’ a vedere che adesso se dico a uno “te possa morì” o “li mortacci tua” significa che auspico l’instaurazione di un tribunale militare che prenda il potere e istituisca la fucilazione in caso di abigeato.
La fantasia, anche la più crudele, non fa alcun male, se rimane tale. I cattivi pensieri sono sbagliati solo in un’ottica religiosa.
Voglio essere almeno libero di sperare il male naturale o accidentale per qualcuno mentre consumo un’innocua colazione perso tra mere fantasticherie di incidenti stradali in cui sono coinvolti Sergio Marchionne, Ezio Greggio, una mia ex collega di lavoro e quello che al campetto da piccoli non passava mai la palla.
ottimo Rita 😉 mai rendersi simili al boia.
Grazie Laura. 🙂
Penso che non esista mestiere più infame di quello del boia o del secondino.
😀
Massì, Claudio, mica sto dicendo che si devono censurare i pensieri o le proprie fantasie, ci mancherebbe. Io contesto l’istigazione alla violenza, l’esortazione ad agire la violenza contro le persone.
Se tu nel tuo intimo vuoi gioire per la morte di chicchessìa o augurare la morte a chicchessìa, questo riguarda soltanto te. Ma pure se litighi con uno e gli auguri la morte in atto di rabbia è cosa ben diversa dall’esortare pubblicamente ad ucciderlo. E l’importante è che non diventi una minaccia, che è cosa ancora diversa.
Insomma, un “te possino ammazzà” detto alla romana ha un peso ben diverso dall’affermare lucidamente che tutti gli allevatori dovrebbero finire a testa in giù a Piazzale Loreto.
Così come ha un peso ben diverso gridare al tizio che ci taglia la strada un “alì mortacci tua” dal dichiararsi a favore della pena di morte.
State tanto a demonizzare la violenza verbale ma solo ed esclusivamente perchè siete tutti degli amorfi, dei tiepidi brodini. Quando guardate quelle immagini non vi si scompone il ciuffo ? Bè mi fate pena, a disquisire di etica vi siete dimenticati che le battaglie si sono vinte quando si sono messe in gioco le viscere che tanto vi fanno storcere il nasino. So perfettamente che quando grido di odiare l’umanità, quando stramaledico chi tortura e uccide non combino un bel nulla ma almeno lasciatemelo fare ! Le mie violenze verbali non si trasformano in violenze reali, sono solo la valvola di sfogo di una rabbia infinita difficile da incanalare da qualche parte. Osserviamo, facciamo il nostro possibile come volontari e ci troviamo davanti a situazioni allucinanti che farebbero saltare le valvole a chiunque non filosofeggia di etica e antispecismo davanti al pc su una poltroncina trendy. Io grido bastardi assassini, io auguro di patire le stesse pene a chi commette azioni inaccettabili e ne sono fiera. Poi se urto la sensibilità di chi crede che il povero vivisettore meiti di essere tutelato dal mio attacco verbale onestamente me ne sbatto.
Senti, amorfo e tiepido brodino sinceramente lo rispedisco al mittente, in questo caso te.
Io mi faccio un culo così tutto il giorno per salvare e curare più animali possibili e scusa sai se preferisco l’azione costruttiva all’insulto sterile.
Hai rabbia? Beh, ce l’ho anche io, tanta, specialmente verso chi si permette di giudicare senza conoscere. Volontaria lo sono anche io e di situazioni disperate ne vedo tante anche io, cosa credi?
Vuoi insultare? Fallo? Ma permettimi di esprimere la mia critica verso questo tipo di approccio che, come ho ben spiegato, trovo sterile.
Sono per l’attivismo concreto, preferisco allora rompere le gabbie e liberare gli animali piuttosto che augurare il male e la morte.
Non dico che non si debba discutere anche in maniera accesa con il vivisettore, l’abbiamo fatto, l’ho fatto anche qui su Asinus se è per questo. Dico solo che augurare la morte, invocare la pena di morte, istigare alla violenza contro le persone non è la mia maniera di intendere l’antispecismo, anzi, non è proprio antispecismo, è qualcos’ altro.
Chi ti dice che io stia tutto il giorno a filosofeggiare di etica sulla mia poltroncina trendy? Ma come ti permetti di insinuare situazioni che non conosci? Filosofeggio anche, certo, e discuto di etica quanto mi pare e piace, ciò non toglie che faccio pure altro.
Prima c’era un altro commento, ora non c’è più.
Una volta è capitato anche a un mio intervento.
A meno che non sia stato l’autore stesso a chiederne la rimozione, Asinus Novus non ci fa una bella figura ad applicare la censura.
E’ stato l’utente a chiedere la rimozione di un suo commento perché era stato tagliato nella prima parte.
L’autore, volevo dire autore, non utente.
Tagliato in che senso?
Non si censurano le idee, ma le violazioni. Ci sono persino specisti che ci contestano con veemenza, qua e là nel blog, ma rispettano la nostra policy. Che non consente di inneggiare all’autoestinzionismo. All’utente in questione, fra l’altro, era già stato fatto presente in più d’una occasione [ http://asinusnovus.wordpress.com/2012/08/13/lantianimalismo-e-quellindignazione-a-buon-mercato/ ]. Ha tutto il web per sfogarsi: in questo spazio, semplicemente, non è permesso. Le regole possono piacere o non piacere, ma dal momento che esistono, non si può ignorarle e stupirsi delle conseguenze.
Cara Rita se qualche mese fa fossi stata magari in macchina ferma ad un semaforo ed avessi visto con i miei occhi quei ragazzi (non li chiamerei così ma utilizzerei pesante violenza verbale) che trascinavano con i motorini un randagio sull’alsfalto per divertimento, credi, avrei messo la prima e li avrei investiti con la mia auto. Sarei passata direttamente alla violenza fisica ma avrei salvato quel cane.
Se un ladro entra in casa mia non cerco di fargli capire che sta sbagliando ma cercherei qualsiasi cosa per metterlo fuori gioco “violenza fisica” e lo insulterei pesantemente nel frattempo (violenza verbale). Lo farei per paura che possa fare del male a me o ai miei cari o al mio cane.
Infatti quello che istiga alla violenza difensiva, come la chiamo io, è istinto di sopravvivenza, è paura.
Io non condanno il macellaio del supermercato (fa il suo lavoro ed ha pelo sullo stomaco); non condanno gli allevatori di bestiame biologico (rispettano cmq la natura e non intensificano nulla) e sinceramente non ho letto su fb insulti ai macellai o agli allevatori.
Condanno i vivisettori, condanno chi per divertimento o per altri motivi tortura gli animali. Il concetto è che se una persona non è sensibile alle urla di dolore e agonia è potenzialmente un pericolo ambulante per tutti.
Io ho paura di qst persone. Quindi le tengo alla larga perchè di fatto sono pericolose.
Lo sapevi che quasi tutti i bambini che hanno l’abitudine di torturare o uccidere piccoli animali da grandi al 90 % saranno dei serial killer?
Io reputo me stessa una persona, un essere umano. Questi individui NON lo sono. Se vedo delle immagini (i filmati nn riesco nemmeno!!) dove uno stronzo si pavoneggia per avere appena preso a bastonate un cucciolo di foca, oppure aver scuoiato una tigre se permetti dato che non posso fare nulla in quel momento mi sfogo insultandolo. E’ giusto che qst persone inizino a temere anche loro.
Quache mese fa hanno postato su fb e ne hanno parlato anche giornali e riviste una foto dove c’era un tizio evirato morto con in bocca il suo organo. Aveva violentato una bambina. Ora… sarà violenza è vero ma ti assicuro che “la merda” (e non puoi chiamrlo in maniera diversa) non violenterà più nessuno. Non è qst ottenere qualcosa? Forse in realtà ce lo insegna il Vangelo che il “porgi l’altra guancia” non ha funzionato un gran che?
Penso che sia tu che Serena abbiate il dono della scrittura. Un abbraccio. Silvia
Allora Silvia, ci sono da fare dei distinguo.
Esiste, anche giuridicamente, il concetto di estensione della legittima difesa, per cui intervenire, anche in maniera aggressiva, contro persone che stanno torturando, nuocendo o comunque provocando un danno ad un altro essere vivente secondo me è legittimo. Se vedessi qualcuno torturare un cane di certo non glielo lascerei fare. Magari non mi macchierei a mia volta di un delitto, sono contraria alla pena di morte in ogni circostanza, cercherei di fermarlo con ogni modo possibile, ma senza togliergli la vita.
Per lo stesso discorso se un pedofilo viene ucciso non esulto perché non mi viene da pensare “uno in meno”. L’occhio per occhio, dente per dente, la legge
del contrappasso, la legge veterotestamentaria non mi appartiene. Sono infatti contro la pena di morte, come detto.
I pedofili (e ti invito, se ti va, a leggere questo post che ho scritto ieri sul mio blog personale:
http://ildolcedomani.blogspot.it/2012/10/un-avviso-per-qualche-spero-pochi.html ) sono persone malate, che vanno messe certamente nella condizione di non nuocere, ma principalmente curate.
Lo so bene che chi è violento da piccolo con gli animali forse statisticamente diventerà una persona violenta tout court, ma non bisogna dimenticare che spesso queste persone sono individui che fanno quello che fanno magari perché a loro volto hanno conosciuto la violenza da piccoli. I pedofili sono spesso persone che da piccole sono state molestate a loro volta e che hanno introiettato e conosciuto solo quel tipo di approccio relazionale. Quindi, vittime anch’essi.
Non si può dividere l’umanità in buoni e cattivi, ma si devono portare alla luce le profonde dinamiche culturali (nel caso dello specismo) e psicologiche (nel caso della violenza) che conducono a certi comportamenti aberranti e alla normalizzazione della violenza.
Non dico che si debba porgere l’altra guancia, assolutamente no. Chi è violento deve essere fermato, ma non ricorrendo alla stessa cieca violenza. Ripeto, in caso di evidente maltrattamento si deve intervenire senza esitazione, ma poi prendere l’aguzzino e lapidarlo non va bene. Va fermato e una volta reso inerme sottoposto all’iter giudiziario o sanitario. Noi viviamo in uno stato di diritto, non siamo in un paese giustizialista come l’America per cui i poliziotti sparano a chiunque abbia la parvenza di essere appena un po’ “strano”.
Bisogna fare attenzione ad inneggiare all’occhio per occhio dente per dente perché significa negare appunto la civiltà dello stato di diritto, tornare all’Inquisizione, al Medioevo, alle ire e punizioni bibliche.
Il vivisettore fa quello che fa perché gli è concesso legalmente. E noi dobbiamo agire costruttivamente per cambiare la legge, per abbattere la cultura dello specismo. Non trasformarci in boia a noi volta, come ho scritto nell’articolo.
Ricambio il tuo abbraccio e grazie per i complimenti sulla scrittura.
Forse hai ragione, forse sono poco tollerante ma in qst mondo come si fa ad esserlo?
Conosco una ragazza che è stata violentata da alcuni soldati durante la guerra che ha conivolto la Croazia forse 17/18 anni fa. Aveva 13 anni. E’ la ragazza più buona che conosco ma ti assicuro che se lei, o sua madre, o suo padre dovessero incontrare quella parvenza di essere umani (e lei li rinoscerebbe) che l’hanno stuprata non esiterebbero a diventare loro stessi boia. Ovviamente quando ne parla (credo tra l’altro me ne abbia parlato solo un paio di volte) nn usa termini tipo “soldati” o “parvenza di essere umani” ma oltre a dare loro epiteti tragici augura anche loro la peggiore delle morti.
Non posso dirle… “e però lo sai che i soldati in guerra vanno fuori di testa”…
Perchè mi risponderrebbe “però per torturare e violentare una bambina insieme si sono coordinati perfettamente!”
Non è l’occhio per occhio… è giustizia.
La proporzione non è 1:1… qui è 1 stupratore : almeno a 5 vittime.
Se fosse occhio per occhio ci sarebbere 4 vittime in meno. Quindi che ben venga.
Se la cosa toccasse direttamente te, come ti comporteresti?
Non è una domanda provocatoria sia chiaro… è una domanda punto.
Baci
Silvia, un conto è augurare la morte, un altro è darla. Come del resto ha spiegato sopra Sdrammaturgo.
Comprendo perfettamente che la vittima di una tale violenza auguri la morte ai suoi aguzzini, o che gli auguri la peggiore delle sorti. Non sono invece per la giustizia del singolo. Ripeto, io sono per lo stato di diritto, dove ogni colpevole (e non diventa tale fino a che non viene condannato) riceva la giusta condanna secondo le leggi vigenti (che possono anche essere sbagliate, inadeguate e sempre soggette e miglioramenti o peggioramenti, del resto sono fatte da esseri umani e mutano col cambiare dei costumi, dei tempi, in seguito a determinate circostanze storiche, e della cultura dei diversi paesi).
Se la cosa toccasse direttamente a me augurerei pure io tutto il male possibile a chi mi ha fatto del male, ma mi rimetterei alla legge.
In quanto al coordinamento dei soldati, esiste un tipo di violenza che è proprio supportata dal gruppo e che si esplica proprio perché il singolo si sente de-responsabilizzato. Compiere un atto da soli comporta un’assunzione di responsabilità maggiore. Compierlo in gruppo, solleva il singolo, in parte, ossia non lo fa sentire singolarmente ed individualmente implicato.
Devo scappare, semmai proseguo dopo.
Le ragioni per cui gli Animali sono sfruttati, torturati e uccisi sono tante. Ma ognuno di noi ha il potere di fermare questo sterminio acquisendo una coscienza critica e con le sue scelte di ogni giorno. Tutte le nostre scelte hanno una ricaduta sugli Animali. Quando mangiamo, quando compriamo un qualsiasi prodotto, quando assistiamo ad uno spettacolo, quando sosteniamo un’iniziativa o un’associazione. Possiamo e dobbiamo fermarci a riflettere e capire se quello che facciamo implica morte e sofferenza per gli Animali: perche’ la CONOSCENZA E’ LIBERTA’. La società umana moderna di basa sullo sfruttamento dei più deboli: i vantaggi dei pochi privilegiati corrispondono allo sfruttamento di una moltitudine sterminata i cui fondamentali diritti non vengono riconosciuti. Lo sfruttamento degli Animali è una costante della nostra società, essa trae profitto dalla sofferenza altrui quotidianamente, nascondendo le pratiche crudeli spesso anche a coloro che ne traggono direttamente o indirettamente giovamento. Lo scopo di Campagne per gli animali, è proprio quello di informare il grande pubblico di ciò che quotidianamente accade a miliardi di Animali che soffrono e muoiono per permetterci di condurre un’esistenza agiata e spensierata. E’ nostro dovere assumerci la responsabilità di quanto accade, di acquisire una nuova consapevolezza, e di porre rimedio a questa immane tragedia che è conosciuta con il nome di sfruttamento animale.