How I Won the War o del potere delle immagini
di Valentina Sonzogni
Caro Leonardo,
leggendo il tuo racconto Lacrime pubblicato su Asinus Novus, ho rivissuto molte sensazioni con le quali mi è capitato di confrontarmi e mi sono venuti in mente dei pensieri che vorrei condividere. Innanzitutto, lasciami fare un complimento ad Asinus Novus: mi piace questo blog così semplice e lineare che riesce a trasmettere un concetto ben preciso: lo specismo esiste ed è un problema che va combattuto con armi affilate.
Voi filosofi mi siete molto simpatici e mi piace pensare che spesso possiate essere quell’avanguardia che in passato ha già contribuito a cambiare le cose, molto di più degli artisti che ormai sono una categoria completamente auto-referenziale.
A proposito di artisti, ti racconto uno dei momenti del cambiamento che è iniziato per me un po’ di tempo fa, ma che continua a manifestarsi nei modi più impensati. Come sai io lavoro in un grande museo che si occupa di arte contemporanea. Alcuni giorni fa mi è e arrivato via email il testo di un autore che aveva selezionato, tra le tante immagini che accompagnavano il suo testo, un’immagine che mi ha parecchio turbata.
Si tratta dell’ “opera” di Wim Delvoye Art Farm del 2005 nella quale, alla periferia di Pechino, l’artista espone maiali tatuati con dei disegni ideati da lui o, più banalmente con dei loghi di multinazionali della borsetta. La foto che mi ha colpito, in particolare, mostrava un maiale (un-il-quel maiale) circondato da quattro persone intente a tatuarlo, un’immagine al tempo stesso brutale e inutile. Si sa che in quanto storici dell’arte, noi si sia più sensibili alle immagini rispetto ad altre categorie professionali e che si riesca a guardarle in modo più malizioso o smaliziato (dipende dal fine dell’atto del guardare). In questo caso, improvvisamente, il mio sguardo è diventato carico di biasimo per un’azione tanto inutile poiché finalizzata a saziare la stupida creatività di un seppur grande artista.
Lo sguardo che mi serve ogni giorno per lavorare e capire, valutare e raccontare, conservare e ricordare, è diventato ostile e si rifiuta di capire cosa ci sia dietro tale immagine per cedere alla tenerezza dell’animale non-umano che non trarrà alcun beneficio dall’essere usato come opera d’arte.
Comunque, non ho esitato un secondo e ho subito contattato l’autore del saggio, scrivendo: “La ringrazio molto del testo che leggerò appena possibile, inviandole eventuali commenti. A prima vista, se mi permette, vorrei suggerirle di prendere in considerazione l’ipotesi di rimuovere le foto dell’inutile tatuaggio sul maiale che potrebbe offendere la sensibilità di alcuni.”
Questo è il punto: la sensibilità di alcuni ma non di tanti, mai di tutti. Guardatela. A chi può dar fastidio questa immagine? E vi dà più o meno fastidio dell’immagine di un maiale in un macello? Vi provoca lo stesso dolore nelle parti basse e dovete distogliere lo sguardo? A me provoca lo stesso dolore, la stessa pena, lo stesso moto di ribellione seguito inevitabilmente dal senso di impotenza e dalle domande: come faremo a liberarli tutti, come potremo alleviare la loro sofferenza, come cancelleremo la catena alimentare sconsiderata su cui si basa il mondo occidentale intero…
Certamente rivolgere lo sguardo verso lo sguardo di qualcuno che guarda come voi, aiuta a guardare più in avanti. Sembra che questo tipo di sguardi si rafforzino verso l’infinito.
Quando vi sembra una lotta senza speranza, dedicatevi ad accudire i vostri animali, prendetevi cura di quelli abbandonati, anche economicamente se non avete tempo disponibile dal lavoro, o andate a trovarli nei rifugi. Stare con gli animali fa bene e vi restituisce il significato più profondo di quello che fate: parlare per chi non ha voce.
Siate vegani o vegetariani: molto semplicemente si sta meglio. Smettere di mangiare animali è facile, più facile di quello che si possa ragionevolmente credere.
Non vestitevi di loro, non meritano di stare attorno ai vostri piedi o ai vostri colli. Il pelo degli animali si muove insieme alle loro emozioni e non è concepibile indossare qualcosa che potrebbe darvi conforto scodinzolando, squittendo, cinguettando.
Siate indulgenti con i carnivori, molti di voi lo sono stati. Parlate e spiegate le vostre ragioni con calma e solo se venite interpellati. Non cercate di provocare ribrezzo nelle persone mentre addentano un panino al prosciutto, sono affamati e non collegheranno il cibo al senso di colpa, non vi ascolteranno. Parlate quando non vedono il panino. Allora, grazie al potere della mente collegheranno visualmente il prosciutto con il maiale e forse sarà possibile che la mente si apra.
Potere dell’immaginazione versus la realtà.
Continuiamo a camminare e a descrivere tutti i passi di questo sentiero nuovo che con pazienza dobbiamo spiegare a tutta l’umanità, partendo da piccoli gesti di dissenso quotidiano, anche in quei settori che, come la storia dell’arte, ci sembrano immuni dallo specismo.
Ciao e buon viaggio,
Valentina
Comments
3 Responses to “How I Won the War o del potere delle immagini”Trackbacks
Check out what others are saying...-
[…] Una lettera inviatami da una cara amica, Valentina Sonzogni, e apparsa qua. […]
bellissima lettera, Valentina
Bellissima lettera e bellissimo il racconto “lacrime”. Ho scoperto solo oggi questo blog e mi piace molto. Io non mi capacito di come solo da pochi mesi sia diventata vegetariana. Come diavolo ho fatto a non farlo prima?