Il cuoco (s)consiglia – La macelleria, lo spread e lo stato sociale
di Emilio Maggio
L’attualissimo assioma ‘macelleria sociale’ sembra diventato un ambiguo schema universale per stigmatizzare le “eccezionali” misure economiche improntate al rigore e all’austerità atte a contrastare la crisi del debito pubblico che sta attanagliando gran parte di quella che viene apostrofata, non senza una punta di maliziosa accezione razzista, come il sud dell’Europa.
Mi sembra interessante sottolineare come l’equiparazione di una politica economica volta a distruggere diritti sociali acquisiti e a cancellare definitivamente lo stato sociale alla macelleria, cioè il massimo grado di abiezione umana che il capitalismo ha reso struttura- dispositivo che organizza la volontà del potere di poter disporre delle vite degli ‘altri’- sia poco o nulla elaborata e approfondita come possibile snodo teorico anche da coloro che dovrebbero avere una visione complessa e lungimirante su un linguaggio e una terminologia usati in modo superficiale e scriteriato. E mi riferisco in particolare a tutte quelle figure professionali, una volta definiti intellettuali, che oggi traducono gli avvenimenti in informazione culturale. Anche le persone più insospettabili e che godono della mia personale stima politica appartenenti ad organizzazioni sindacali di base o a segmenti della sinistra radicale incappano comunque in questo vizio di fondo. Quello cioè di usare troppo spesso parole che rimandano a tragedie su cui si è edificato il mito dell’umano e la conseguente struttura del dominio capitalista con troppa disinvoltura.
Qui, invero, è in ballo il vero nocciolo della questione. Quanto cioè il linguaggio rifletta la concezione dispotica del potere. La macelleria come pratica di ottimizzazione dell’alimentazione carnea e come tecnica economica di produzione di un ‘bene comune’ è prossima alle relazioni del dominio e dello sfruttamento che strutturano le società del cosiddetto capitalismo avanzato. Se questo lapsus non è casuale una sinistra che confligga realmente con il potere tecnocratico del capitalismo finanziario deve interrogarsi su cosa significhi accostare due termini che fondano l’umano consesso: la macelleria e il sociale. Altrimenti due parole così dense di storia e significato rischiano di finire nel dimenticatoio del senso comune al pari di uno spread qualsiasi.
Heim era conosciuto come il macellaio di Mauthausen, così come macellai, o boia, sono stati tanti criminali di guerra, generali spietati, assassini fanatici, dittatori e simili nell’arco dei cent’anni o poco più che segnano la conferma del capitalismo come sistema globale. Un sistema che crea mostri, li utilizza, per poi stigmatizzarli e ghettizzarli a compito esaurito. Con tutto il rispetto per chi, per un motivo o per l’altro, fa il macellaio, cioè uccide animali per il consumo di carne, non si tratta di un complimento. Ma il punto non è questo. Il punto è proprio “quanto il linguaggio rifletta la concezione dispotica del potere”, come sottolinea Maggio. E resta da chiedersi, la macelleria è veramente un male necessario?
il macello degli animali rimarra’ un male necessario finche’ sara’ considerato il male minore,il meno peggio,soprattutto in tempi di forte crisi economica che ,come quella attuale,mette in gioco la dignita’ di vita delle fascie sociali piu’ deboli.Per questo la filosofia antispecista puo’ rappresentare la possibilita’di convogliare una radicale critica del sistema di oppressione dominante in una decostruzione dell’ideologia umanista che si e’sedimentata fino ad oggi,facendo collassare il linguaggio stesso come ‘ordine del discorso’ nel suo esatto contrario.La metafora della ‘macelleria sociale’ dovrebbe essere presa alla lettera e,metaforicamente,sperimentata sugli umani ribaltandone cosi’ il senso miseramente comune che ha acquisito.Come hanno tentato di fari le grandi personalita’ iconoclaste(cito alla rinfusa i primi due nomi che mi vengono in mente ,Boris Vian e Antonin Artaud).
grazie kost per la puntuale attenzione
penso che la macelleria non aiuti le fasce più deboli, così come la macelleria sociale si riduce alla rinuncia graduale alla solidarietà, che è uno dei veri beni comuni dell’umanità, ma questo al sistema del capitalismo avanzato, come notavi tu, non interessa. per fortuna gli iconoclasti non hanno lavorato invano, e tanti sono non si fanno cullare dal linguaggio rassicurante dell’establishment. grazie per i tuoi interventi sempre tought-provoking
scusa, la stanchezza, volevo dire interventi che fanno pensare, non mi veniva e l’ho scritto anche con un refuso