L’amore … o il dovere
di Anna Mannucci
Ieri ho incontrato un beagle di Green Hill. Un cucciolotto allegro che passeggiava per Milano con i suoi affidatari, una coppia di anziani. Ho subito chiesto: “Viene da Green Hill?” risposta: “Sì, quasi. È nato da una beagle liberata da lì che era incinta e che poi ha partorito in un rifugio”. Mi sono messa a fare le coccole e le feste al cagnolino che mi ha ricambiata con gioia, mi ha leccato la faccia e mordicchiato le mani, sporcandomi di saliva e facendomi venire le chiazze rosse sul collo (sono leggermente allergica al pelo di certi cani). Non mi interessavano i passanti, che probabilmente pensavano la-solita-donna-scoppiata-che-ama-gli-animali. Quel cucciolotto mi dava gioia -anche se non amo pazzamente i cani, preferisco i gatti- lui era contento e felice di vivere, pur non sapendo a quale destino era scampato, e io ero contenta il doppio, sapendo da cosa era stato salvato. Perché racconto questo? Perché stare con gli animali mi dà, ci dà, gioia. Certo, avrei potuto pensare a tutti gli altri migliaia, milioni, di animali usati come cavie e dunque rovinarmi l’umore. Avrei potuto pensare ai miliardi di animali di allevamento maltrattati, macellati ecc. ecc., è qui inutile ripetere gli orrori che tutti conosciamo. Anzi, secondo un certo filone animalista-antispecista (scusatemi se in questo caso generalizzo), avrei dovuto pensare a tutto il male che facciamo agli animali e dunque avrei dovuto riempirmi di angoscia. Ho preferito essere contenta per qualche minuto, nel luminoso pomeriggio di questo autunno milanese così bello. Per essere del tutto esplicita: credo che spesso gli animalisti-antispecisti insistano troppo sul dolore, la cattiveria umana, il male. Una quantità immensa di dolore animale (ed è cosa vera, non lo metto minimamente in dubbio!) che soffoca, annichilisce, fa sentire impotenti, fa distogliere lo sguardo, toglie l’attenzione da qualcosa così orribile da risultare insostenibile. Vorrei invece porre l’accento sul piacere, la gioia, l’indispensabilità di stare con gli animali, gli altri animali (altri rispetto a noi umani). Cani e gatti, nella nostra società. Ma un’infinità di altre specie, in altre società, in altri tempi. Non voglio apparire l’odiosa e tediosa insegnante, ma in tutti gli agglomerati cosiddetti umani compaiono gli animali. Cani, gatti, maiali, mucche, cavalli, scimmie di varie specie, pappagalli, grilli, elefanti, e non so che altro.
Senza gli animali, la nostra vita -nostra di noi umani- è squallida. Gli animali non umani (devo aggiungere questo, non umani, per essere animalisticamente corretta) arricchiscono le nostre vite, in ogni situazione, pace e guerra, malattia e salute, città e campagna. È a questo che fa riferimento la pur ampliamente deprecabile “pet-therapy”. Noi umani abbiamo bisogno, un insopprimibile, evolutivo bisogno della compagnia degli animali. Da tempi immemorabili. Dovrei citare Charles Darwin, Jared Diamond e molti altri per sembrare colta. Ma non è necessario. Io, come molti altri e soprattutto molte altre, amiamo gli animali. Sì, li amiamo, ci piacciono, ci piace stare con loro. In modo non neutrale, non universale, non kantiano. Ed è per questo che ho detto, quasi provocatoriamente, “preferisco i gatti”. Perché in una visione universalistica e totalizzante, la preferenza individuale non è ammessa. In un canile o in un gattile o un rifugio per conigli o criceti, troppe volte chi desidera un gatto rosso o un cane lupoide, viene considerato un depravato, un immeritevole. Perché non dovrebbe avere preferenze, simpatie, amore, ma dovesse essere spinto solo dal dovere, il dovere di salvare gli animali, un dovere universale e privo, purificato dalle emozioni, dai sentimenti. Come se la famosa frase di Peter Singer “Tutti gli animali sono uguali” si riferisse alla impossibilità di scelta individuale invece che ai principi del diritto. Certo, tutto gli uomini sono uguali, nel senso che hanno uguali diritti, ma noi non siamo obbligate a sposarli tutti!
Articolo Ricevuto.
Concordo con le tue riflessioni. Nel mio piccolo, sul mio blog, cerco sempre di inserire anche post positivi, dove racconto dei miei animali o di altri che sono amati e felici, e che tanta serenità danno alle nostre esistenze. Penso che sia importante tirare ogni tanto un sospiro di sollievo, sorridere, e anche questo è un modo per parlare di animalismo, che credo possa avere presa sulle persone, forse più che l’angoscia (comunque inevitabile ahimè quando ci si sofferma a riflettere sulla condizione di tanti animali).
un saluto
Belle riflessioni Anna.
Io penso che un atteggiamento non escluda l’altro, personalmente gioisco ogni santo giorno della presenza degli animali, mi reputo fortunatissima a vivere attorniata da tanti gatti ed un cane che mi fanno divertire parecchio (pure se mi impegnano anche, ovviamente) e mi strappano un sacco di risate; anche fuori, per strada, non perdo mai occasione di fermarmi a fare una carezza ad un cane e la faccio con gioia e spensieratezza. Ma certamente se entro in un supermercato e vedo degli astici vivi esposti sul ghiaccio che stanno soffrendo non posso non angosciarmi, come si fa? Questo non significa che il mio rapporto con gli animali e con l’animalismo in genere si traduca sempre in una fonte di dolore o preoccupazione.
Penso anche che dovremmo smetterla di racchiudere gli animalisti in categorie astratte, sono così, sono colà, ognuno di noi vive il momento dell’angoscia e quello della spensieratezza senza per questo pendere troppo da una parte o dall’altra.
Se si insiste sul male, sugli abusi è perché là fuori c’è pure tante gente che vorrebbe negarli, questi abusi, che pensa che le mucche siano felici di darci il loro latte ed il maiale vada al mattatoio contento, tanto non soffre e non si rende conto; c’è gente convinta che gli animali d’allevamento vivano una vita serena, felice, che siano ben trattati e che poi muoiano di una morte indolore, inconsapevole. Beh, a me piace aprire gli occhi e mostrare la verità di come stanno realmente le cose, una verità scomoda, dura e difficile da mandar giù, ma comunque verità.
E attenzione a tutti quelli che dicono “io amo gli animali”, riferendosi ai pets e poi però vanno a casa e si fanno il panino al prosciutto. Amarli è facile, rispettarli comporta invece anche un dovere perché se l’amore è naturale, il rispetto va preteso, negoziato, ottenuto e non è detto che sia naturale.
per me ci sono, condividono le nostre vite, a volta ci s’incrocia ma fondamentalmente la passione di molti per gli animali è derivante dal bisogno di contatto con gli esseri umani. Poi tutti siamo mangianti e mangiati in ogni istante da infinite specie animali.