Antispecismi: resoconto della conferenza in occasione del convegno LAV e una breve riflessione
di Rita Ciatti
Sabato primo giugno, in occasione dell’annuale convegno LAV (Lega Antivivisezione), si è tenuta una conferenza – o meglio sarebbe dire un dibattito – sulle diverse proposte teoriche dell’antispecismo così come sono state recepite e discusse in Italia.
Ad esporre il proprio pensiero, presso l’Auditorium di via Rieti, in Roma, tre filosofi e una giurista: Leonardo Caffo, dell’Università degli Studi di Torino – che nell’occasione ha presentato il suo nuovo libro per le edizioni Sonda, Il Maiale non fa la rivoluzione. Manifesto per un antispecismo debole – propone un antispecismo come fenomeno primariamente morale che intende non solo combattere, a partire dall’assunzione di piena consapevolezza in merito alla sofferenza e morte degli animali, la violenza istituzionalizzata che la specie umana perpetra nei loro confronti, ma addirittura eliminare definitivamente anche la sola idea che si possa impunemente abusare di altri esseri senzienti sol perché appartenenti ad altre specie ritenute pregiudizialmente inferiori, cui neghiamo ogni considerazione morale; Alma Massaro, dell’Università degli Studi di Genova, propone invece una lettura in chiave antispecista dei testi sacri appartenenti alla tradizione ebraico-cristiana; Paola Sobbrio, giurista, dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza, espone i limiti dell’attuale ordinamento giuridico in merito ai diritti animali (di fatto, come vedremo poi, dichiara che attualmente non esiste un antispecismo giuridico); Marco Maurizi, dell’università degli Studi di Bergamo, principale teorico dell’antispecismo politico italiano, propone una liberazione animale che tenga conto dell’analisi della strutture della società sulle quali si dovrà agire in quanto il comportamento dei singoli individui, lungi dall’essere inscritto in un determinismo biologico, è semplicemente un effetto del modello sociale in cui si trova a muoversi (non esisterebbero individui più sensibili o più buoni di altri, ma esistono certamente sistemi sociali migliori o peggiori; e ancora, il pensiero di Cartesio e la sua, ormai fortunatamente superata concezione dell’animale automa è ciò che la società del seicento ha prodotto, ne è un effetto, non una causa) e nega che possa esistere un pregiudizio morale nei confronti degli animali preesistente le prime società gerarchiche, per cui se gli animali sono considerati inferiori è perché vi sono meccanismi di dominio che ne consentono e legittimano lo sfruttamento e non il contrario (Caffo sostiene invece, come vedremo, la tesi opposta). Ad affiancare e interloquire con i singoli relatori, ponendo domande, obiezioni e in alcuni casi integrando il dibattito, anche diversi esponenti della LAV.
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Consolante vedere cattolici avvicinarsi al nuovo pensiero:
“Il dibattito prosegue con Alma Massaro, la quale propone una lettura certamente innovativa di alcuni passi della Bibbia (a partire da alcuni passi fondamentali della Genesi e via via proseguendo nell’analisi di altri dei vangeli) in chiave antispecista. In particolare ci dà un’interessante interpretazione del verbo “dominare” così come Gesù Cristo lo avrebbe originariamente trasmesso, a partire dalla sua etimologia e secondo la reale intenzione di Dio. Dominare quindi, in senso biblico, riferendosi al dominio che Dio avrebbe concesso all’uomo sul resto del creato, inclusi gli animali (anch’essi, in quanto creati da Dio, sarebbero quindi degni di considerazione morale), significherebbe porsi al servizio di chi ha di meno e non, come comunemente è stato frainteso, esercitare le varie forme di oppressione gerarchica. Inoltre, sempre secondo la Massaro, il peccato originale dell’uomo avrebbe “costretto” Dio ad impartire una serie di ordini temporanei, tra cui la concessione a mangiar carne che, come tale, non avrebbe fatto parte del disegno orginario di Dio, ma rappresenterebbe una caduta conseguente alla caduta dell’uomo.”
Il quale ha però una portata così dirompente che non so quale Tommaso d’Aquino riuscirà a non uscirne travolto.
😀
A me la cosa che più stupisce è vedere come la Bibbia venga interpretata a seconda della tesi che si vuol dimostrare. Tutto e il contrario di tutto.
Comunque sì, interessante che l’antispecismo sia preso in considerazione anche dai cattolici.
Non c’è testo più complesso, composto nell’arco di oltre due millenni se pensiamo che il Genesi, il primo libro, pare risalga al mesopotamico Gilgamesh. Gli altri sono opera di ebrei e cristiani. E non dimentichiamo come l’hanno letto i primi padri della chiesa, l’Islam, gli scolastici… e come solo dal ‘500, con la traduzione di Lutero, è alla portata dell’erudito e, solo da qualche secolo, dal comune lettore cattolico.
Il quale doveva rimanere esterrefatto la prima volta che lo apriva.
Già le traduzioni sono discordi, se non condraddittorie:
‘dominare’ in quella di Ceronetti è reso, per es., con ‘pestare’, ‘calpestare’.
Eh, lo so Pasquale. Ma infatti andrebbe benissimo se tutte queste interpretazioni e letture si limitassero, appunto, ad essere intepretazioni e letture di un testo polisemantico (come l’Ulisse di Joyce, la Divina Commedia, le tragedie classiche e così via). Il brutto è quanto le si prende per verità assoluta e “voce di Dio che ci parla attraverso i secoli” (sic!) per cui se ne fa derivare tutta una serie di dogmi e di regole comportamentali da adottare.
Per dire, la scorsa Pasqua facemmo un flash mob davanti a una chiesa per sensibilizzare le persone sulla terribile mattanza degli agnelli e un prete uscì fuori e ci disse che, poiché né Dio, né Cristo avrebbero detto di non mangiare gli agnelli, dunque si possono mangiare. Ecco, per dirne una in tema di antispecismo. Ma di esempi così aberranti potrei fartene a migliaia.
La Bibbia è un testo interessante e affascinante, prendiamolo per quello che è, non per la voce di Dio.
Tanto, sappiamo benissimo (l’antropologia lo spiega assai bene) che non siamo noi ad esser stati fatti a immagine e somiglianza di Dio, ma piuttosto il contrario.
Ah ah, voce di Dio?
Lascia credere… e perdere. 😉