Dialogare con chi sostiene la sperimentazione animale?

di Leonora Pigliucciuntil_cage

Una rumorosa ed aggressiva azione di disturbo nel classico stile dell’associazione che l’ha ideata, è stata messa in atto il primo giugno a Milano dai 100% animalisti, in opposizione alla dimostrazione dei Pro-tester scesi in piazza in difesa della “libertà” dei ricercatori di utilizzare topi, cani e conigli nella ricerca scientifica senza interferenze animaliste.

A seguito dell’episodio, non concordato tra le associazioni ma frutto dell’iniziativa di un gruppo che non manca di aggredire duramente anche gli antispecisti, non si sono fatte attendere le reazioni ufficiali di condanna e le prese di distanza come quella di Parte in Causa, che in nome dei principi della nonviolenza che la ispirano, ha condannato la forma del dissenso messa in atto da Mocavero & co. ritenendola controproducente “ai fini della promozione di un dibattito serio e informato sulla liceità dell’utilizzo di animali nella ricerca”.

La presa di posizione più articolata è stata comunque quella di Serena Contardi, che in un articolo ospitato dalla rivista dei biotecnologi Prometeus ha sostenuto che la manifestazione non avrebbe dovuto essere disturbata, poiché poi dopo si sarebbe data occasione ai detrattori della causa di fare di tutta l’erba un fascio, e gli antispecisti sarebbero stati accomunati ai contestatori dai modi violenti; e si è spinta così al punto di esprimere piena solidarietà ai ricercatori “perché nessuno dovrebbe essere mai ostacolato nella libera espressione del proprio pensiero”.

D’altra parte, il sito In difesa della sperimentazione animale ha, nei giorni successivi, dato ampio spazio all’episodio della contestazione, generalizzando poi effettivamente una condanna tout court degli “animalisti” (ma non è una novità) e sottolineato finanche l’aspetto esteriore solare degli iscritti di Pro-Test che avrebbe fatto sfigurare i volti accigliati della parte avversa, rivelando, già nel confronto estetico, la fallacia della rappresentazione inquietante di vivisettori sadici che questi fanno degli sperimentatori di animali. Oltre le chiacchiere, di utile, i blogger hanno pubblicato però anche la rassegna stampa sulla giornata, dalla quale ci si può fare un’idea di come la vicenda sia apparsa all’esterno, al di fuori delle reciproche tifoserie.

Leggendola, mi trovo – per una volta – d’accordo con loro nel rilevare come lo “scontro” abbia monopolizzato completamente l’attenzione dei media, mettendo in ombra i contenuti della manifestazione che anzi è possibile che, vista anche la poca partecipazione (un centinaio di persone circa) sarebbe stata del tutto ignorata, con buona pace della salvezza dell’umanità che costoro dichiarano di poter determinare mediante la tortura animale.

Quello che è più rilevante notare, comunque, è che, a differenza di quanto strillato da Pro-test, e quanto percepito con preoccupazione dagli antispecisti, nessun quotidiano ha parlato di aggressione, ma di fronteggiamento tra due parti contrapposte. Repubblica ha titolato “Milano, animalisti contro ricercatori: alta tensione a due passi dal Duomo”, Il Giorno “Pro sperimentazione animale: tensione al presidio tra ricercatori e animalisti e l’Ansa “Animalisti contro ricercatori animali”, (dando, quest’ultima, anche il ruolo di protagonisti della vicenda ai 100%): per l’ennesima volta la sperimentazione animale è stata presentata come qualcosa di critico, che suscita dure contestazioni, che suona impopolare a molti, nonostante qualche ricercatore sia disposto a scendere in piazza a difenderla  (come fine, si direbbe, anziché come scopo).

Allora se più o meno questa è stata l’immagine riportato al pubblico non coinvolto, è utile da qui partire per analizzare l’utilità politica della contestazione dei 100% animalisti, prescindendo un momento dai toni che essa avuto, e trarne insegnamenti strategici utili. Così come c’è da fare caso, per lo stesso scopo, ai toni ed ai contenuti delle reazioni che seguono, e hanno seguito anche in questo caso, le aperture al dialogo che vengono offerte, da parte di antispecisti molto pazienti come Serena, a quelli che della liceità dello sfruttamento scientifico degli animali hanno fatto la loro bandiera politica, che ne rivendicano l’autorità senza ritenere di dover rimettere il proprio operato all’esito di un laico ed informato dibattito popolare.

Dallo scherno e il disprezzo violento espresso dai militanti pro-sa nei confronti di animalisti e antispecisti, “animalari” come li definiscono, alla voce grossa di quelli che minacciano e invocano la repressione contro gli indemocratici attacchi ai loro danni, le reazioni hanno tutte in comune una pretesa che i toni dei difensori degli animali si smorzino, che gli atti di disobbedienza siano puniti con durezza, che l’apparato coercitivo dello stato sgombri il campo da quegli alieni che provano empatia con topi e cani seviziati lasciando finalmente che gli sperimentatori possano lavorare in pace per il bene della massa ignorante ed ignorata.

Ci vuole poco a rendersi conto che anche quando costoro chiedono una contrapposizione quantomeno pacata non intendono concedere aperture, né arretrare rispetto all’espressione di una sempre più diffusa sensibilità antivivisezionista, ma semplicemente zittire, annullare e delegittimare la protesta intorno al loro operato violento. Se proprio contestazione deve essere, che almeno non disturbi.

Il tutto col leitmotiv di sottofondo del piagnisteo, un po’ comico e un po’ paranoico, contro la presunta lobby animalista che, a dire di questo manipolo di balde eccellenze delle ricerca italiana monopolizzerebbe addirittura la stampa, al punto che contro di essa nulla potrebbero baroni universitari né tantomeno i milionari interessi delle case farmaceutiche.

Al netto di un complottismo vaneggiante, che suscita anche un po’ di tenerezza, è bene allora che si guardi con calma ai fatti.

Se c’è una cosa che animalisti sono stati capaci di fare bene in questi ultimi tempi è stato l’aver messo in piedi una contestazione pressoché costante in tutti i luoghi e i modi dello sfruttamento animale. Il web è pieno di filmati che denunciano le sevizie che gli animali subiscono dappertutto, dagli allevamenti, ai mattatoi, ai laboratori di vivisezione di mezzo mondo; Green Hill è stato costretto a chiudere dopo quanto si è innestato con l’irruzione del 28 aprile 2012, e poi a causa dei maltrattamenti che si perpetravano all’interno della struttura; gli sperimentatori più volte hanno lamentato le difficoltà che incontrano nel trasportare gli animali da vivisezionare, a causa del boicottaggio spesso internazionale e la pressione a danno delle compagnie aeree che accettano di trasferirli dai paesi delle catture a quelli delle stabulazioni;  ma anche ogni semplice festa patronale di paese, che contempli l’uso di animali, è presa d’assalto da contestatori più o meno organizzati e persino il tabù dell’inviolabilità dei laboratori blindati è stato rotto da tre ragazze e un ragazzo che hanno mandato in fumo milioni di euro di finanziamenti alla ricerca per restituire la dignità ad un migliaio di tenerissimi topi nudi.

Vista in quest’ottica, persino l’azione brutale, sgradevole e violenta dei 100% animalisti – deleteria nei modi – ha avuto il suo perché, in quanto ha fatto sentire per l’ennesima volta la presenza e la determinazione del dissenso.

A che può servire invece il dialogo, al posto dello scontro perenne con chi ha un interesse personale al prosieguo della vivisezione e ritiene di non doversi mettere in discussione dinnanzi ad un’opposizione ad essa ampiamente maggioritaria nella popolazione italiana, che va ben oltre il numero di coloro che ne fanno una battaglia politica?

C’è qualcosa in più di una pretesa arrogante di spadroneggiare, nei severi richiami ad una critica pacata e tollerante che si leva minacciosa dai banchi dei vivisezionisti?

Tolta la fantascientifica ipotesi complottista dei reazionari di Resistenza Razionalista, come interpretare – se non come un’evolversi della coscienza generale – il taglio positivo che sempre più stesso la stampa dà delle istanze in favore dei non umani, la stessa stampa che in massa ha raccontato partecipe delle adozioni dei beagle di Green Hill, usciti dal loro incubo sopratutto per mezzo di un’azione del tutto fuori dalla legalità?

La presenza costante, l’opposizione fattiva e martellante, il sabotaggio perenne ed alla luce del sole ha realmente – a dirlo sono i fatti – dato finora i suoi frutti non solo in termini di vite salvate ma nel determinare quel progresso nell’opinione pubblica che misura un aumento della consapevolezza generale quantomeno sulla problematicità dello sfruttamento animale.

Che la riflessione sull’animalità abbia svelato universi complessi e delicati, che non possono essere violentati se non da un umanità che apertamente scelga di fondare il proprio agire nel mondo sulla forza, è stato reso fatto, azione, opposizione reale da quegli animalisti che instancabili militano nelle piazze.

Ed è sopratutto a causa della contraddizione legislativa, che fa da sottotraccia allo sfruttamento, che la martellante rivendicazione per gli animali costituisce un elemento strategico cruciale come non mai.

Come spiega Lombardi Vallauri, la tendenza ad allargare lo spettro dei diritti ai non umani è qualcosa che procede da decenni, e che trova nell’articolo 13 del Trattato di Lisbona, che impone agli Stati europei di “tenere pienamente conto delle esigenze in materia di benessere degli animali in quanto esseri senzienti”; nel Titolo IX-bis del secondo libro del codice penale, che prevede carcere e pesanti sanzioni pecuniarie per chi senza necessità uccide o maltratta un animale, e nell’insieme delle leggi che offrono almeno formalmente requisti minimi alla plausibilità del trattamento degli animali nei luoghi del loro sfruttamento, un forte elemento di contraddizione col perpetrarsi automatico di tali pratiche.

In sostanza, la nostra legislazione vieta di causare dolore inutile/non necessario ma permette di causarne di utile, dove l’utilità, manco a dirlo, è solo quella umana. Può la dignità di esseri senzienti essere considerata valore negoziabile? Può l’utilità sperimentale essere barattata con la sofferenza di individui riconosciuti tali, senza far traballare pericolosamente le fondamenta stesse dell’impianto concettuale di una società che si rappresenta in cammino verso l’equità e la giustizia?

I luoghi dove viene ucciso e maltrattato il 99% dei soggetti animali è normato da leggi speciali (che consentono di derogare alle pene previste per il maltrattamento animale per la sperimentazione scientifica, l’allevamento intensivo, il trasporto, la caccia, la pesca e la macellazione). Dunque, osserva sempre Lombardi Vallauri, l’eccezione è cento volte la regola: la legge converte quasi tutte le uccisioni ontologiche in non uccisioni giuridiche, quasi tutti i maltrattamenti ontologici in non maltrattamenti giuridici.

Si tratta di una situazione che in un modo o nell’altro dovrà cambiare, ed il cambiamento avviene anche oggi sotto i nostri occhi, nelle piazze quanto nella aule dei tribunali.

E’ della stessa opinione Carla Campanaro, una degli avvocati che (lei per conto della LAV) stanno seguendo il processo a danno dei liberatori del 28 aprile scorso. La sentenza che li riguarderà – ha spiegato in occasione del convegno sugli Antispecismi a Roma – oltre che le loro vite, influenzerà significativamente la giurisprudenza sugli animali dei tempi a venire, poiché se rei confessi dovessero venire assolti in nome del valore etico della loro azione illegale (valore già riconosciuto in sede processuale dal Gip che ha sottolineato l’impossibilità secondo la legislazione attuale di far valore le nobili ragioni della loro azione) la stessa giurisprudenza si muoverà obbligatoriamente in direzione di un arricchimento di senso delle leggi che riconoscono ai non umani lo status di esseri senzienti.

Tale processo, secondo Campanaro, avviene storicamente tramite una continua erosione dei limiti giuridici che non procede solo dall’alto, al livello delle istituzioni, ma che vede protagoniste le contestazioni in piazza e in generale la partecipazione della società civile a queste vicende, come un elemento che i magistrati sono tenuti a considerare nel continuo lavoro interpretativo delle norme che si aggiornano per stare al passo con l’evolversi della sensibilità generale ed il progresso culturale delle società umane.

Non si tratta dunque di difendere l’operato aggressivo dei 100% animalisti e di tutti i facinorosi che cercano lo scontro fisico e verbale ad ogni costo, tradendo peraltro con insulti anche sessisti o denigrazioni personali il senso stesso dell’antispecismo, che è pensiero rispettoso ed egualitario dal cui alveo prendono le mosse le rivendicazioni in favore dei non umani.

Al contrario si tratta di prendere il posto del dissenso scomposto nei luoghi della contestazione perenne, con azioni di nonviolenza e resistenza, di non astrarsi sdegnosamente nella teoria ma essere pronti a sporcarsi le mani, di non accettare di far parte di un teatrino dove apparentemente va in scena il dialogo, mentre il linguaggio delle battute continua a dettarlo il Potere; di rendere presente nelle strade e nelle piazze quel rifiuto radicale dell’oppressione che oggi scaturisce non nelle coscienze di pochi eletti, ma che sta maturando in ogni dove.

Il processo è in atto e bisogna farsene protagonisti, con cognizione e piena avversione a quei reazionari, dagli “splendidi sorrisi” e il cuore di pietra, solo mediante i quali il dominio che li incanta e li ubriaca può ancora proiettare nelle menti umane l’immagine illusoria della gerarchia tra i viventi.

 

 

Comments
92 Responses to “Dialogare con chi sostiene la sperimentazione animale?”
  1. Sergio ha detto:

    Bellissimo scritto!

  2. Parte in Causa - Associazione Radicale Antispecista ha detto:

    Condivido l’articolo, ma secondo me abbiamo in testa due significati diversi di “dialogo”: per me “dialogo” non significa dialogo con i ricercatori ma dibattito in seno alla società. Non mi interessa dialogare con chi difende interessi di categoria. Ma anche a costoro, come a chiunque, deve essere garantito il diritto di parola (Giovanna)

    • stopthatrain ha detto:

      grazie Giovanna, ma infatti non dico tappiamogli la bocca, ma non andiamogli dietro come a doverci giustificare! Mettiamo la fuoco l’arroganza e disonestà intellettuale che hanno nei confronti dell’opinione pubblica intera, e teniamone conto nel contestarli.

      • Serena ha detto:

        La Repubblica ha scritto fossero un centinaio, ma secondo me erano di più, almeno trecento – come riportato anche altrove (ad es su Nature).

        Onestamente non capisco come si possa distinguere nettamente dialogo con i ricercatori e dibattito in seno alla società: il fatto che il leader di Resistenza Razionalista abbia tenuto così tanto a ostracizzare il mio pur breve e innocuo confronto con i lettori di Prometeus Magazine, prima non dandogli alcuno spazio e poi addirittura attaccando me sul personale (“è stata una pessima idea offrire l’opportunità, a questa famigerata avvocatessa del diavolo, di ripulire l’immagine degli animalisti”), mi dà da pensare che sia utile essere anche lì. E non mi pare la pazienza piaccia poi tanto ai fan più accaniti della sperimentazione animale, se le reazioni sono queste.

      • stopthatrain ha detto:

        ho la sensazione che il fine sia quello di rendere la protesta mite, e di allungare all’infinito la broda con la scusa di essere aperti persino ad ascoltare le nostre ragioni. Magari mi sbaglio….

      • Parte in Causa - Associazione Radicale Antispecista ha detto:

        Serena, infatti non sono nettamente distinguibili. Per qualcuno però pare che “dialogare” con i ricercatori voglia dire, chissà perché, presentarsi con atteggiamento di sottomissione quasi a volersi giustificare per essere ciò che si è, e cioè del tutto contrari all’uso di animali nella ricerca. E’ chiaro che non è questo il dialogo che ho in mente, e non ho nemmeno in mente un dialogo tra “noi” e “loro” sul piano scientifico (cosa sulla quale molti dei pro-tester spingono perché sanno benissimo che sul loro terreno partono avvantaggiati). Il dialogo deve avvenire in seno alla società, della quale ovviamente anche i ricercatori fanno parte e nel quale il loro ruolo è quello di informare e dare il proprio punto di vista, non certo quello di sostituirsi alla società stessa nel decidere ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. In questo senso, per me tu fai benissimo a scrivere su Prometeus. E’ proprio di teste pensanti che loro hanno paura, non certo di quattro scalmanati che tengono cartelli al contrario. Quelli sono solo un grande regalo alla loro causa (Giovanna)

      • Sergio ha detto:

        “Il dialogo deve avvenire in seno alla società, della quale ovviamente anche i ricercatori fanno parte e nel quale il loro ruolo è quello di informare e dare il proprio punto di vista, non certo quello di sostituirsi alla società stessa nel decidere ciò che è giusto e ciò che è sbagliato.”

        Peccato che il Signor Marco Vinci, fondatore del gruppo Resistenza Razionalista, abbia più volte esplicitamente e impudentemente affermato di essere favorevole alla tecnocrazia, ovvero:
        “noi illuminati decidiamo ciò che è giusto e ciò che è sbagliato (con totale appiattimento dell’etica, che scompare, sulla scienza) e voi (tutti quelli che non possono definirsi illuminati) oscurantisti ubbidite senza fiatare perché il futuro dell’umanità è nostro”

        Marco Vinci vive un delirio di onnipotenza ma il modo di pensare dei suoi “colleghi” non è tanto diverso …

      • stopthatrain ha detto:

        Come ho scritto ad Anton trovo che il dialogo inteso in quei termini sia specista: umani che discorrono delle sorti di terzi, non presi in considerazione se non come oggetti.

      • devetag ha detto:

        Per me anche quello tra Corsini e Loprete era “dialogo”, così come tu, al posto di Loprete, avresti potuto dire esattamente le stesse cose che stai dicendo qui, solo che magari ti avrebbe ascoltato qualche persona in più. Non mi risulta che Loprete abbia strappato il microfono alla Corsini e gliel’abbia tirato in testa o si sia messo a gridarle: “assassina!” Ti lascio immaginare il grande risultato mediatico a nostri vantaggio se invece l’avesse fatto.

      • Parte in Causa - Associazione Radicale Antispecista ha detto:

        Appunto, Sergio. “Dialogo” in seno alla società per me significa anche spiegare che le posizioni del signor Marco Vinci e di alcuni suoi sodali sono semplicemente deliranti (Giovanna)

      • Sergio ha detto:

        Giovanna concordo con te. Il mio commento (troppo sintetico) non voleva evidenziare un dissenso ma soltanto ricordare a noi chi sono questi asseriti e autoproclamati “resistenti razionalisti”.

  3. rita ha detto:

    “Non si tratta dunque di difendere l’operato aggressivo dei 100% animalisti e di tutti i facinorosi che cercano lo scontro fisico e verbale ad ogni costo, tradendo peraltro con insulti anche sessisti o denigrazioni personali il senso stesso dell’antispecismo, che è pensiero rispettoso ed egualitario dal cui alveo prendono le mosse le rivendicazioni in favore dei non umani.

    Al contrario si tratta di prendere il posto del dissenso scomposto nei luoghi della contestazione perenne, con azioni di nonviolenza e resistenza, di non astrarsi sdegnosamente nella teoria ma essere pronti a sporcarsi le mani, di non accettare di far parte di un teatrino dove apparentemente va in scena il dialogo, mentre il linguaggio delle battute continua a dettarlo il Potere; di rendere presente nelle strade e nelle piazze quel rifiuto radicale dell’oppressione che oggi scaturisce non nelle coscienze di pochi eletti, ma che sta maturando in ogni dove.”

    Bravissima. Splendido articolo. 🙂

  4. Francesco S. ha detto:

    Troppe parole pompose per infine giustificare un gruppo di fascisti che voleva zittire una legittima manifestazione. Reazionari sono i 100% e reazionari sono quegli animalisti che hanno intimidito tramite mailbombing la libreria di Trieste in cui si sarebbe dovuto parlare di sperimentazione animale e disinformazione scientifica.

    • Francesco S. ha detto:

      Si chiamano animalari per distinguerli dai veri animalisti tipo quelli del WWF.

      • Sergio ha detto:

        IL WWF è animalista tanto quanto io sono George Clooney.
        IL WWF è semplicemente protezionista è ha a cuore non il singolo individuo animale ma solo le specie a rischio di estinzione.
        Quanto affermato dal Signor Francesco evidenzia ancora una volta che egli in questo campo non è in grado di distinguere tra le diverse posizioni.
        Quanto ai 100%, personalmente il giorno dopo la manifestazione ho chiaramente scritto che essi sono fascistoidi (e in quanto tali sicuramente non antispecisti) e che i loro metodi non li condivido assolutamente.
        Detto questo ho anche scritto che i 100% Animalisti odiano i vivisettori tanto quanto gli altri animalisti (e, quindi, il sottoscritto) e per avere prova di ciò è sufficiente andare a vedere gli insulti che essi riservano sul loro blog a tutti gli attivisti antispecisti.

        P.S.
        Anche il Signor Francesco potremmo chiamarlo “umanoide” per distinguerlo dai “veri esseri umani” …
        Signora Francesco, chi decide chi è un “vero animalista”: lei e i suoi sodali?
        In caso affermativo, in base a quale autorità?
        Avete una giuria tipo concorso di bellezza?

    • Francesco S. ha detto:

      Eccoli i reazionari, la rivendicano essi stessi questa espressione di “pluralità democratica” —> https://www.facebook.com/photo.php?fbid=595301630504661&set=a.272249392809888.71688.272246016143559&type=1

    • stopthatrain ha detto:

      Reazionario, in italiano, è chi si oppone a un’innovazione politica, non mi sembra che la vivisezione sia esattamente una novità! 😀

  5. derridiilgambo ha detto:

    ‘Anche questi reazionari’… come dire che tutti gli animalisti sono reazionari, il progresso è dalla parte della sperimentazione animale. Quante retoriche concentrate in una sola riga.
    E peccato che le scelte dell’umanità non si facciano sulle basi della logica formale, che poi, non si capisce perché dovrebbero sempre dar ragione agli scienziati, in particolare a chi pratica la SA.
    No in effetti non servono lenzuolate per giustificare posizioni reazionarie, squadriste e criminalizzanti.
    Basta lo sberleffo, lo spernacchio antidemocratico.
    Povero Lyotard.

    E: facile scegliersi gli avversari da sé, di comodo. Come il WWF, un gigantesco apparato multinazionale di gestione di oasi, collusione coi governi e fabbricazione di pupazzi e magliette.
    Soprattutto, come noto, pro sperimentazione.
    Faccio notare che il WWF non è neppure protezionista, è un’organizzazione conservazionista.

    Comunque, @Eleonora, tu stai sbagliando per generalizzazione, sul dialogo. Nessuno dice che si debba dialogare con chi non vuole dialogare, spernacchia, fa la guerra, criminalizza, e non sa neppure rendere conto delle proprie posizioni.
    I ricercatori sono tanti, e di disposti al dialogo ce ne sono, come ha dimostrato Prometeus.
    Bisogna solo trovare chi invece di isterizzare il confronto è disposto a cimentarsi seriamente. Si parla di un dialogo conflittuale, di un conflitto dialogico, almeno per quanto mi riguarda, non di un negoziato – io ti do le tre R, tu mi dai la tranquillità… ma figuriamoci.
    E nel dialogo conflittuale non si tratta nemmeno di convincere l’altro, ma soltanto di esporsi, nella propria verità singolare, di far toccare le verità, non confonderle. La possibilità – possibilità, non necessità – da qui si metta in moto una trasformazione che coinvolga entrambi.
    Anche se la direzione non è pre-scritta. Ognuno può trasformarsi nel conflitto dialogico.
    Se si ha paura della contaminazione l’unica alternativa è l’identitarismo.

    Sull’episodio della contestazione a pro-test: chiedi a quelli di Fermare Green Hill, che si sono messi in gioco facce corpi e fedine penali per aprire un dibattito pubblico, quanto sono contenti di gesti come quello. Va beh che siamo criminalizzati, ma un minimo di strategia per non offrire l’occasione sul piatto d’argento.
    E poi i modi non sono dettagli, le parole non sono dettagli.
    I mezzi sono ciò che, fuori da una logica strumentale, deciderà della nostra lotta.
    Se realizzeremo qualcosa, questo qualcosa avrà la qualità di ciò con cui è stato costruito.

    Ma se il paradigma è quello “Marino”, siamo già fregati.

    • Badu ha detto:

      premettendo che sono d’accordo con quello che ha scritto Antonio credo che il punto centrale della questione sollevata da Leonora sia in realtà da analizzare su due piani distinti: da un lato il dialogo, come quello messo in atto da Serena, che direi essere estremamente innovativo seppur all’apparenza in rapporto di “sudditanza” con l’interlocutore, e sottolineo all’apparenza, o come quello di cui parla Maria Giovanna, che a mio avviso implica, in sostanza, la stessa cosa, dall’altro l’azione. Sebbene il dialogo stesso sia azione, noi attivisti siamo abituati a concepire azione anche una manifestazione di dissenso che vada al di là delle parole. Ecco però che ci troviamo di fronte a un cortocircuito poiché se l’azione si riduce alle pagliacciate dei 100% siamo ben lontani dal concetto di azione antispecista, sia nei presupposti che nella loro esternazione materiale. In questo senso io interpreto quello che scrive Leonora:

      Al contrario si tratta di prendere il posto del dissenso scomposto nei luoghi della contestazione perenne, con azioni di nonviolenza e resistenza, di non astrarsi sdegnosamente nella teoria ma essere pronti a sporcarsi le mani, di non accettare di far parte di un teatrino dove apparentemente va in scena il dialogo, mentre il linguaggio delle battute continua a dettarlo il Potere; di rendere presente nelle strade e nelle piazze quel rifiuto radicale dell’oppressione che oggi scaturisce non nelle coscienze di pochi eletti, ma che sta maturando in ogni dove.

      In sintesi, se non ho frainteso, anche perché sarebbe l’unico motivo per cui, stranamente 😛 ho apprezzato questo articolo, Leonora ci sta dicendo che la nostra testimonianza e il nostro dialogo dovrebbero passare all’azione vera e propria, che è un pò quello che intendo io quando affermo che dovremmo riappropriarci degli spazi pubblici e rivendicare la bontà, importanza e urgenza delle istanze antispeciste. Quello che manca però, ancora, è la consapevolezza dei Pro-SA e, ahimé, la capacità di discernimento di certo animalismo nostrano. Insomma penso che questo articolo sarà, e già lo è, strumentalizzato sia da Pro-SA che dai 100%, gli uni per affermare che in fondo hanno ragione, siamo tutti dei deficienti, gli altri per affermare la loro identità.

      • stopthatrain ha detto:

        Barbara c’è quello che dici tu, ma non solo, perché ritengo che la presenza animalista fatta sentire sino ad oggi sia stata fondamentale e abbia quantomeno creato le condizioni perché ora avvenga un salto di qualità che non è necessariamente nell’ottica della liberazione totale, ma anche solo strategicamente più forte per gli animali.
        Poi se qualcuno intende strumentalizzare l’articolo mi interessa poco, visto che potrebbe farlo solo in assoluta malafede. Non ho giustificato i 100% animalisti nei loro modi ma neanche mi interessa cosa possono trarre i Pro-test da quanto ho scritto: come ribadito li combatto, non ci dialogo, né ammetto contrattazione, visto che in ballo ci sono vita e dignità di Soggetti che comunque al presunto dialogo non parteciperebbero.

    • devetag ha detto:

      Grazie ad Antonio per avere chiarito, spero una volta per tutte, che cosa intendiamo e cosa NON intendiamo per “dialogo con l’avversario”. Aggiungo che in una prospettiva di lotta nonviolenta i mezzi prefigurano i fini, e quindi sono, in buona sostanza, tutto.

    • stopthatrain ha detto:

      Ho condannato fermamente i modi infatti, né mi sogno di accostare l’occupazione di Farmacologia all’assalto dei 100% animalisti.
      Ritengo che la finalità dei liberatori (ma appunto, andrebbe chiesto a loro) non sia stata poi espressamente quella di aprire un dibattito quanto quella di liberare QUEI topi e, come hanno detto appena usciti, suggerire ad altri di fare lo stesso, cioè sabotare ed attaccare il potere che opprime la vita animale. Anche nel confronto televisivo tra Loprete e Corsini, del resto, quando Cecchi Paone ha cercato una mediazione affermando, se non erro sul benessere animale, “in fondo siete d’accordo”, il primo si è affrettato a dire “no, non abbiamo proprio niente in comune” e non sembrava affatto conciliante. Il dialogo, anche conflittuale, è qualcosa che avviene tra umani, che non sarà risolutivo e che lascia i soggetti animali solo sullo sfondo, ad attendere quel che al di là del confine si stabilirà per loro. Quale potrebbe mai essere, entro il confronto civile, il beneficio della “contaminazione”, e cosa di positivo può uscire fuori (se non protezionismo!) dal “toccarsi” della “verità” antispecista e di quella dei pro-sa? non credo che l’indisponibilità della vita animale possa essere soggetta a contrattazione da parte di chi non finisce inchiodato ai tavoli della vivisezione, mi pare un po’ troppo comodo.

      • devetag ha detto:

        Veramente proprio Loprete in quella trasmissione ha affermato che loro obiettivo era ANCHE quello di rivelare all’esterno le realtà dei laboratori (compresi i tipi di esperimenti e le loro finalità) affinché si potesse aprire finalmente un dibattito informato su cos’è davvero la sperimentazione animale. Non per nulla ha affermato che le famose ricerche “salvavita” erano solo una percentuale piccola del totale (non che questo cambi l’opinione degli antispecisti sulla SA, ovviamente, ma della gente comune magari sì)

      • Serena ha detto:

        Anche sulla pagina di Fermare Green Hill (Contro Green Hill) è ribadito in continuazione che lo scopo del’azione è stato “abbattere il muro di silenzio” e informare l’opinione pubblica sui costi, in termini di sofferenza e vite animali, delle sperimentazioni.

      • stopthatrain ha detto:

        Ok mi sa che non ci stiamo capendo. Io ritengo inutile il dialogo e la contrattazione con i vivisezionisti, non diffondere ciò che loro fanno e spesso tengono segreto!

      • Serena ha detto:

        Sì, non ci stiamo capendo, perché a me ad esempio risulta incomprensibile che si possa confondere dialogo con contrattazione. Il dialogo ha un uditorio o un osservatorio, non è un mero negoziato tra interessucci privati.

      • stopthatrain ha detto:

        Denunciare all’esterno ciò che i vivisettori nascondono a mio parere non significa dialogarci

      • Francesco S. ha detto:

        I “vivisettori”, i “reazionari” magnifica espressione di neolingua.

        Non sarebbe meglio rinunciare a tutti i farmaci della medicina ufficiale e alle cure mediche che provengono da Sperimentazione Animale? Invece che inventarsi termini vari per demonizzare chi la pensa diversamente? Non sarebbe eticamente coerente oltre che un’azione diretta e non violenta contro il sistema attuale? In una logica antispecista non sarebbe meglio morire con un brutto male che sopravvivere grazie alla soferenza animale?

      • Francesco S. ha detto:

        Ovviamente manca una “f”.

  6. devetag ha detto:

    Avevo inserito un altro commento ma non lo visualizza, boh…ripeto qui:

    Mi sa che non ci capiamo, per me anche quello tra Corsini e Loprete era dialogo! E se ci fossi stata tu al posto di Loprete avresti potuto dire esattamente le stesse cose che stai dicendo qui, solo che magari ti avrebbe ascoltata qualche persona in più. Non mi risulta che Loprete abbia strappato il microfono alla Corsini e gliel’abbia tirato in testa o le abbia gridato “Assassina!” Ti lascio immaginare il grande risultato mediatico a nostro vantaggio se invece l’avesse fatto.

  7. rita ha detto:

    No Francesco S., sarebbe meglio che la cosiddetta scienza ufficiale la smettesse semplicemente di sperimentare su esseri senzienti. Il punto non è l’utilità o meno della SA, qui non discutiamo di questo, il punto è l’orrore di una pratica come questa.
    Il termine vivisettore è un termine molto antico, invero. Non si tratta di una “neolingua”. Così come reazionario. Reazionario è colui che si oppone a un pensiero nuovo, diverso, tentando di soffocare e reprimere con il supporto delle forze e del potere conservatori nuove istanze di libertà.

    • Francesco S. ha detto:

      Talmente reazionari che pubblicano anche i volanti della controparte —> https://www.facebook.com/photo.php?fbid=564175133623608&set=a.564097196964735.1073741837.199124936795298&type=1 e che attacca scritte “ASSASSINI” alle finestre e usa trombette per disturbare —>https://www.facebook.com/photo.php?fbid=564172460290542&set=a.564097196964735.1073741837.199124936795298&type=1 Certo che se ne stanno dando di zappate sui piedi. Poi OK ho capito che tu i farmaci se ne avessi bisogno li prenderesti.

      • Badu ha detto:

        Gentile Francesco, continui a fare riferimento a personaggi che con l’antispecismo non hanno nulla a che fare. ma è mai possibile che attacchi sulla base di argomentazioni a noi estranee e per difendere le tue affermazioni? Davvero pensi che abbassando il livello del confronto con mezzucci e battutine come quella che hai scritto sopra potrai eludere l’enorme, gravissimo, urgente problema della sperimentazione su esseri senzienti continuando con le stesse, solite tiritere? da cittadina esigo che la società e la scienza, che dovrebbe corrispondere a certo progresso e benessere, non solo umano, sul pianeta, mi dia i mezzi, non fondati sulla violenza e sulla sofferenza, non sulla privazione e sulla tortura, non sulla prigionia e la cattività, per stare bene, curarmi e curare i miei figli in una società migliore di questa non peggiore. e se non ho alternative la colpa è vostra non mia, site voi che non state facendo abbastanza, site voi che vi trincerate dietro al “necesario”, “indispensabile” quando non è vero. gli invesstimenti privati e pubblici a livello mondiale nella ricerca scientifica sono indirizzati esclusivamente alla SA checché ne diciate con coperture fasulle. già questo è una vergogna. il mobbing agli studenti universitari per non promuovere le alternative è sotto gli occhi di tutti. Il ricatto morale in atto alla cittadinanza è vergognoso. e poi scopriamo che migliaia di farmaci sono fasulli, che i vaccini si colleganoi a malattie come l’autismo, che il cancro è in aumento e non si cura, che la SLA ha avuto un rallentamento nelle ricerche scientifiche, e che grazie al connubio scienza-benessere state solo rappresentando il massimo raggiungimento dell’asservimento della ricerca al denaro e agli interessi. Detto questo e tornando ai sani principi etici sperimentare su milioni di creature indifese non ci rende migliori e nemmeno più sani. questo lo vorrete ammettere almeno? è l’evidenza. e non venite a scrivere che l’età media è aumentata e che stiamo meglio di prima perché è semplicemente FALSO.

      • Francesco S. ha detto:

        Ecco se ne aggiunge un’altra qui si è toccato il fondo –> https://www.facebook.com/photo.php?fbid=564509963590125&set=a.501631406544648.104017.199124936795298&type=1&theater la minaccia. Sempre in tema di reazione.

        PS Badu le sue affermazioni sono state ampiamente smentite qui –> http://difesasperimentazioneanimale.wordpress.com/2012/02/14/le-faq-della-sperimentazione-animale/, non c’è bisogno che le commenti io.

      • Badu ha detto:

        aahahhahahahahahah! io dico cose precise e invece di rispondere e argomentare mi linka le FAQ?! fantastico, non avrei saputo eludere meglio nemmeno io. per me la risposta è una non risposta e già questo è estremamente significativo.

  8. Riccardo ha detto:

    Francesco, l’ultimo link che hai postato con la foto del muro imbrattato, a giudicare dall’alto numero di condivisioni, di like e di commenti dimostra solo una cosa: i pro-SA hanno un estremo bisogno di queste azioni, perchè altrimenti non saprebbero difendersi dalle accuse più serie e argomentate che l’antispecismo muove a difesa dell’immane sofferenza e tragedia di milioni di esseri senzienti segregati nei laboratori di tutto il mondo. Quindi, invece di sfoggiare un penoso vittimismo di fronte a certe azioni scellerate di una parte del mondo animalista, abbiate almeno un po’ di dignità e mostratevi sinceri: esultate, perchè se non ci fossero certi animalisti a fare queste cose, per voi andrebbe molto male.

    • Francesco S. ha detto:

      Se non ti accorgi della deriva fascista che hanno questi atteggiamenti e scambi il mio per vittimismo dubito che tu possa venirmi a parlare di etica.

      • Riccardo ha detto:

        > Se non ti accorgi della deriva fascista che hanno questi atteggiamenti e scambi il mio per vittimismo dubito che tu possa venirmi a parlare di etica.

        Dai non fare il finto tonto, ovviamente condanno certe azioni ed è evidente il tono intimidatorio di questi messaggi, e la vostra preoccupazione di fronte a questi deliri è anche giusta e giustificata, però sono anche azioni utili alle vostre accuse per spingere l’idea che gli animalisti (questa massa informe di bizzarri individui non-pensanti) siano persone violente, scellerate, pericolose, ecc, e sono azioni utili ad evitare il dibattito etico sulla SA, e di questo ne siete ben consapevoli. D’altronde, finchè ci saranno certi personaggi che credono che l’animalismo si riduca a offese, insulti, intimidazioni, ecc, sarebbe piuttosto stupido se non vi comportaste così. Però non è leale.

        ps: sopra ovviamente intendevo dire: *contro* l’immane sofferenza e tragedia… (e a difesa degli animali)

  9. derridiilgambo ha detto:

    Faremo le FAQ dell’antispecismo.

    Solo che essendoci molte teste pensanti e infinità pluralità bisognerà farne una per ogni antispecismo.

    Comunità inoperosa.

    @stopthatrain

    Quello che sfugge qui è che il dialogo conflittuale NON è una possibilità. Ci siamo dentro da sempre.
    Nel momento in cui portiamo argomenti anti-specisti stiamo già dialogando.
    Anche se nessuno rispondesse, staremmo già dialogando.

    Ma qui si risponde e controrisponde, anche se per dire che non s’interpella e non si risponde.

    L’unico modo per non dialogare sarebbe smettere di scrivere, di argomentare le proprie posizioni.

    E qui mi pare l’esatto contrario. Ats, se si scrive…

    La questione a questo punto è se volersi limitare a un blog o accedere a un vero dibattito pubblico, in cui si rischia anche di venirne fuori male.
    Difficile una liberazione ‘qui e ora’.
    La strada è lunga e difficile

    • Francesco S. ha detto:

      Scrivere le faq è utilissimo per rispondere alle domande ricorrenti, soprattutto se si sostiene che i vaccini provochino autismo, un’assurdità scientifica imperdonabile anche al re degli ignoranti, con simili carenze di cosa si vuol discutere? Si rimanda alle faq o ad un testo di scienze delle medie.

      • derridiilgambo ha detto:

        Peccato che non ti rendi conto che la comunità scientifica conosce una deriva cripto-fascista da molto tempo a questa parte. Si chiama mitopoiesi comunitaria.
        Per fortuna davanti a queste tendenze ci sono biologi come Lewontin e Goodwin, Winogad, il compianto Varela che smontano l’autorappresentazione di una comunità compatta.
        Quando Penrose si mise di traverso alle teorie computazionali del funzionamento del cervello, mettendosi a giocare con particelle subatomiche e microtuboli d’amplificazione quantistica, ricordo lo sconcerto e l’indignazione di gran parte dei biologi e dei neuroscienziati.
        Ma d’altra parte non esiste un modello del funzionamento del cervello universalmente accettato manco di striscio (quando Crick se ne uscì con Consciouness Explained a metà degli anni ’90, non furono in pochi a ridere della pretenziosità del titolo) e le uniche accettate se le danno fra di loro gli scienziati in controversie senza fine colla baionetta fra i denti.
        E lasciamo stare le legnate che si sono dati Dawkins e Gould, e compagnia bella – accennavo sopra – dell’evoluzionismo.
        Senza parlare di certe gatte da pelare come Duisberg ma soprattutto il premio nobel per la chimica Kary Banks Mullis, che contestano il legame HIV=AIDS. Certo, facili da squalificare come egocentrici stravaganti, matti e complottisti.
        Non sto difendendo le loro tesi, non m’interessa.

        Quello che sto dicendo è che non esiste una comunità scientifica compatta, anzi non esiste una comunità scientifica tout court, ma solo gente che discute teorie difendendole su riviste specializzate e in convegni. Alcuni convergono, la maggior parte si fa la guerra, alcuni sono amici, altri non si sopportano.
        Quando si dice: “il 90% della comunità scientifica concorda su…” non si sta dicendo niente, anzi meno di niente, perché la concordia non fa l’oggettività. E la verità non aumenta in ragione dell’aumento aritmetico di una curva dello stadio. E chi sono i 90 e chi sono i 10?
        Queste sono forzature che in un mondo alfabetizzato, non oscurantista come direste voi, screditerebbe gli scienziati in un quarto d’ora.

        Vivo sulla mia pelle questa assurdità continuamente.
        Il caso più banale e ridicolo (che mi ha coinvolto solo lateralmente) è stato l’episodio attorno a un morso di cane di una certa gravità. A un controllo un medico mi vieta ASSOLUTAMENTE di usare la tastiera del computer, pena il diffondere l’infezione a tutto il braccio. Serio come la morte.
        Al controllo di due giorni dopo chiedo al medico di turno, uno diverso, e quello si mette a ridere. ‘Ma chi ti ha detto sta cazzata?’. ‘Un suo collega’. ‘Ah beh allora si spiega tutto’.
        Non mi frega di chi aveva ragione, spero si sia capito il punto.

        L’ostracismo riservato di recente al neuroscienziato Markku Partinen, che si occupa in particolare di narcolessia, e ha ipotizzato un nesso fra casi di narcolessia infantile e il vaccino Pandermix della Glaxo, con tanto di fuoco di fila di querele, non è un bell’esempio di come si comporta l’immaginaria comunità scientifica davanti a un’ipotesi dissenziente, proposta come campo di indagine e non come attacco complottista.
        Mi chiedo chi siano i complottisti ormai.
        E se vogliamo parlare di vaccini, all’ombra della sconfitta della polio in occidente, parliamo anche dei disastri del vaccino di Sabin sui bambini dei paesi poveri.

        La scienza ci ha allungato la vita? Per questo rimando a Biologia come ideologia di Lewontin, considerato da Gould il più geniale biologo vivente.
        Si discute mai di questo dalle vostre parti?

        Meno faq e più storia della scienza

        Se vi mostraste calati nel *vostro* dibattito, invece di sbandierare verità inconcusse, ci fareste migliore figura. Ci si fiderebbe più della scienza, in ragione dell’onestà, e la gente non continuerebbe a preferire di morire a casa propria piuttosto di varcare le porte a sensori degli ospedali.

        Ma invece no. Cocciutaggine come metodo di comunicazione, spernacchiamenti come metodo di dialogo esterno, e diagnosi di malattie mentali come metodo di controllo interno.

        Poi capite perché c’è chi si accanisce con i compottismi contro la ‘falsa scienza’?

        O no?

        Tutta colpa di Ruesch?

        Auguri

  10. Giovanni ha detto:

    l’ultimo post di derrida è molto avvincente, mi piace moltissimo, credo che potrebbe diventare un bellissimo articolo, anche per via di tutti i nomi davvero notevoli che ‘racconta’ e cita: oserei dire che megljo argomentato di così, nel contesto del dibattito, non si potrebbe

    • pasquale cacchio ha detto:

      Avvincente sì, da incorniciare: i nomi che cita Derridiilgambo non appartengono
      alla fantomatica Comunità Scientifica Internazionale, tutta asservita al potere capitalistico,
      ma alla comunità scientifica ‘eretica’ che ha fatto la storia della scienza.
      Non era un eretico Galileo per la comunità scientifica tolemaico-aristotelica del suo tempo?
      Come eretici erano stati Abel, Galois, Darwin… E Wegener? Fu preso per matto.
      Ed io ti sussurro, Giovanni, un altro nome, Feyerabend,
      costui è un altro eretico, osa ridicolizzare i fondamenti della fisica.
      La quale ha perso dignità da quando si è dimenticato che la scienza,
      come tentava di ricordare Göthe e Novalis, non può fondarsi solo su categorie quantitative.

  11. Giovanni ha detto:

    grazie pasquale per i sussurri 😉 . questi nomi dovrebbero allora diventare ‘grida’ nei prossimi futuri argomenti degli antivivisezionisti. Bisonerà vedere – e ne sono molto curioso – cosa risponderanno a ‘questi’ i pro SA, che si permettono tanta spocchia verso i ‘sentimentali terroristi’ che sono gli antispecisti – portatori, invece, di un pensiero altamente innovativo

  12. Roberto ha detto:

    L’ottimo articolo di Leonora secondo me porta nuovamente al centro dell’attività antispecista l’importanza del dialogo proprio inteso verso la società civile, ma proprio perché ne i Pro-SA, ne i 100% animalisti sono rappresentativi della società civile non vedo perché cavolo dovremmo preoccuparci dei LORO dialoghi. Avrebbe senso un nostro interessamento qualora quel dialogo si svolgesse tra ricercatori ed antispecisti, ma sono i PRO-SA rappresentanti dei ricercatori ed i 100% animalisti rappresentati degli antispecisti? E noi ci caschiamo al punto da proccuparcene addirittura!
    Se abbiamo necessità di maggior dialogo (inteso anche come azione o manifestazione di dissenso) i nostri interlocutori sono forse i PRO-SA? Ma lasciamoli dialogare con chi li comprende meglio! C’e’ forse differenza tra il gridare “assassini” con un cappuccio nero e il parafrasarlo con un camice bianco?
    Condanniamo Moncaliero, ma non da meno condanniamo Vinci e soprattutto prendiamo le distanze da entrambi e “dialoghiamo” con i NOSTRI interlocutori.

  13. Elia Magrinelli ha detto:

    Io sono un ricercatore, non uno molto importante, uno agli inizi, dialoghiamo?

    • Parte in Causa - Associazione Radicale Antispecista ha detto:

      Volentieri. O la tua è una domanda sarcastica? (Giovanna)

      • Elia Magrinelli ha detto:

        nessun sarcasmo e grazie della risposta. Dunque, mi pare di aver capito, dal sunto generale di quanto ho letto che un punto molto condiviso qui (almeno qui diciamo) è la frustrazione rivolta al fatto che le risposte della “scienza” a diversi problemi si sono basate si basano o si baseranno su sperimentazione animale. Vorreste che tutto, o il più possibile si faccia senza l’uso di animali. VI pongo però un mio punto di vista e spero di poterlo esprimere in modo chiaro. Nella scienza si fa economia di tutto, si spende il meno possibile per ottenere il più possibile per il fatto che nella maggior parte dei laboratori di ricerca (non in luoghi di produzione di farmaci, ma nella ricerca, il passo che viene prima) non c’è produzione diretta di qualcosa che può essere venduto e dare profitto.Il comportamento dei ricercatori nel pensare ad un progetto è quello del “minor sacrificio possibile”. Questa non è storia o filosofia della scienza, è semplice praticità della ricerca di oggi, nonchè quanto è stato anche di recente messo a legge.
        Lavorare con animale comporta limitazioni, costi, tempi lunghi, variabilità intrinseca e tante altre cose che sono davvero una rottura di scatole per raccogliere dati e quant’altro. Però c’è un problema, non possiamo fare un modello di una cosa che non conosciamo abbastanza. Se si vuole capire qualcosa di un sistema nervoso bisogna prendere qualcosa che sia il più possibile simile, idem per la pelle, l’apparato digestivo, quello escretore, le malattie ecc. Quando si raccolgono abbastanza informazioni su un sistema lo si può cercare di riprodurre in “provetta”, o almeno riprodurre in provetta la parte che “interessa” in un certo ambito. I test per la tossicità sono un esempio di un sistema che è molto vicino all’essere compreso e a poter essere riprodotto in provetta per poter essere utilizzato senza l’utilizzo di un intero organismo e non parlo solo della coltura di pelle, quella la si fa e la si utilizza da molto, ma dell’intero comportamento dell’organismo riguardo alla tossicità. L’NIH ha stimato e proposto di sostituire completamente nel 2020 gli animali nello studio della tossicità (non perchè sia bello procrastinare, ma perchè alcune cose devono ancora essere chiarite e hanno stimato che 2020 potrebbe essere una data alla quale si potrebbe arrivare preparati).
        Ma che fare di tutte le altre cose davanti alle quali ancora non si sa una fava, se mi passate l’espressione? Come si può modellare qualcosa che non si conosce per sostituirne l’originale? Si finirebbe per fare dell’ingegneria inversa, su qualcosa che abbiamo fatto noi, la quantità di informazioni che ne ricaveremmo sarebbe scarsa ed alquanto controversa, sicuramente alterata dal provenire da un sistema artificiale fatto senza tanta coscienza di cosa si stava facendo.
        Noi siamo esseri naturali, animali, frutto dello stesso sviluppo che hanno avuto, almeno in parte, gli antenati di altri organismi più o meno lontani. Tolta quindi l’opzione di studiare direttamente altri uomini, tolti i test non invasivi o poco invasivi che vengono si utilizzati, quello che resta sono gli altri organismi batteri, piante, funghi, nematodi, pesci, rane, uccelli e mammiferi. Ognuno di questi ha un grado di complessità e di similitudine a noi diverso, la scelta di un organismo piuttosto di un altro viene di norma fatta secondo semplici criteri quali: quale costa di meno, qual’è il più “semplice”, ovvero meno senziente, che possiede le caratteristiche che voglio studiare e quante cose si conoscono di già sul sistema che voglio studiare e che quindi posso utilizzare per aiutarmi a costruire un modello. Ad oggi molti argomenti, passati al vaglio di questi criteri finiscono ancora per richiedere l’utilizzo di interi organismi per far proseguire gli studi la cui necessità è lampante nel numero di persone ed animali che ancora oggi contraggono malattie per le quali non c’è rimedio. Quindi alla chiamata di chi chiede di poter scegliere di avere metodi che si basino non su esperimenti su animali, la risposta è che non si può mimare ciò che non si conosce, per quello che si conosce i modelli alternativi (colture di cellule, di tessuti, simulazioni al pc, test in provetta …) vengono usati (costano meno e fanno la stessa cosa) e si ha ragione ha pretendere che vengano usati (è vero, alcune compagnie ancora non si sono “innovate” ed utilizzano ancora animali quando non è necessario, recentemente alcuni leggi hanno imposto l’uso di queste alternative quando possibile).

      • Sergio ha detto:

        Elia rispondo anche io in sintesi.
        Io non sono in grado di giudicare la verità di quanto hai scritto perché mi mancano le competenze.
        la mia è, quindi, una posizione etico-politica, non scientifica.
        Sul piano etico ritengo che la reificazione di altri esseri viventi e la mercificazione della loro vita sia inaccettabile (avvengano esse in un laboratorio sperimentale, in un allevamento, intensivo o meno, in un circo o in un delfinario) .
        Sul piano politico ritengo che tali reificazione e mercificazione siano uno degli effetti di un sistema di dominio pervasivo fondato sullo sfruttamento dell’altro, sia esso un animale non umano o un animale umano che si considera dotato di minori diritti (il bambino vietnamita che a 5 anni prende 1 dollaro al giorno per cucire palloni da calcio).
        Partendo da queste premesse il fatto che la sperimentazione cerchi di minimizzare il numero di animali impiegati (in applicazione del più volte citato principio delle 3 R) per me non significa nulla.
        Se ti chiedessi di indicare un numero “accettabile” di bambini morti per sfruttamento del lavoro minorile quale numero mi diresti?
        Esiste un numero di morti accettabile?
        Il fatto di parlare di numeri significa che si è già fatto un salto logico, etico e politico:
        – sotto il profilo logico si è passati dall’individuo alla specie; ma un individuo vale di per sé nella sua specificità e, appunto, individualità; ciò vale per gli animali umani ma anche per gli animali non umani;
        – sotto il profilo etico si è accettato che l’eticità sia misurabile quantitativamente e che esista una soglia numerica al di sotto della quale un comportamento è eticamente accettabile e al di sopra della quale non lo è più; ma stuprare una donna è altrettanto inaccettabile che stuprarne 1.000;
        – sotto il profilo politico si è accettato che il “sistema” richieda un certo livello di sacrificio di vite; ma un sistema che sacrifica vite (siano esse quelle di animali sperimentati o di animali macellati o quelle di operai che perdono la vita in un rogo in fabbrica) è un sistema ingiusto e che è necessario cambiare.
        Ovvio che è possibile che l’abbandono di un sistema di questo genere non sia “indolore”.
        Ma il livello di “sacrificio percepito” che tale abbandono comporterebbe è anche (e soprattutto) funzione della scala di valori esistente.
        La diffusione di un nuovo sistema di valori che ritenga “ogni singola vita” intangibile e meritevole di tutela all’interno di una visione dei rapporti sociali non più fondata sul dominio/sfruttamento farebbe sì che le rinunce causate dall’abbandono dello sfruttamento animale sarebbero tollerate e, anzie, accettate come inevitabili.
        Del resto l’abbandono dello schiavismo (almeno nella sua forma ufficiale…) ha sicuramente causato dei danni economici all’ “uomo bianco” ma quasi nessuno (a parte qualche irriducibile razzista) penserebbe mai di auspicare un ritorno allo schiavismo per i benefici che da ciò potrebbe trarne.
        Quindi, così come i benefici derivanti dallo schiavismo sono stati accettati fino quando il sistema culturale e valoriale che si era diffuso ha finalmente respinto l’idea che lo schiavismo fosse eticamente e politicamente accettabile, così anche i benefici scientifici della sperimentazione animale saranno ritenuti accettabili fino a quando non si capirà che essa è eticamente sbagliata e politicamente espressione di una logica di dominio che deve essere quanto prima abbandonata.

      • Elia Magrinelli ha detto:

        Io capisco il tuo punto di vista Sergio e riconosco anch’io l’unicità di un animale, questo non lo metto in dubbio, ma come dicevo, l’unicità non sta solamente in un animale, l’unicità è in tutto il vivente, non esiste nulla che possa distinguere a livello di unicità un vivente da un altro. mercificare un salame diventa quindi sul piano anche etico uguale a mercificare una carota o un foglio di carta. Una presa di posizione che quindi escluda lo sfruttamento di tutto quello che è unico in quanto vivo, non è quindi ancora possibile, perchè, come dicevo a sdrammaturgo, non possiamo fare il cibo artificiale, quando potremo fare fotosintesi clorofilliana in provetta allora potremo riconsiderare tutto questo sistema, perchè diventerebbe, tra le altre cose, obsoleto.

      • Sergio ha detto:

        Rispondo sinteticamente a Elia.
        Innanzitutto spero che tu sia un troll perché in caso contrario saresti caratterizzato da un’ignoranza così grande che reputerei difficilmente compatibile con la tua asserita occupazione di ricercatore.
        Inoltre, ti difetterebbe anche la capacità di argomentare con logica.

        1. Innanzitutto i vegetali non hanno un sistema nervoso, e quindi, anche se sicuramente sono in grado di reagire agli stimoli esterni, non possiamo catalogare queste reazioni come sentimenti o emozioni.

        2. Ma se anche volessimo ammettere che i vegetali soffrono, visto che il rapporto di conversione tra proteine vegetali e proteine animali è totalmente inefficiente (che significa che per “produrre” carne la quantità di vegetali usata è molto maggiore di quella necessaria per il diretto consumo umano), la scelta di arrecare il minor danno possibile comporterebbe necessariamente il cibarsi solo di vegetali.

        3. La realtà è che tu te ne freghi della sofferenza altrui, tanto degli animali quanto, a maggior ragione, di quella presunta dei vegetali. Se ti importasse veramente la sofferenza (vera e non presunta) dei primi non ti ciberesti di prodotti di origine animale. Invece te ne fotti di quella sofferenza e fai l’esempio delle carote, mettendo a dura prova prima la logica e poi la pazienza di chi deve cercare di risponderti educatamente, facendo finta che tu riesca ad articolare un pensiero degno di questo nome.

        Da ultimo mi limiti a segnalare il libro (dal titolo evidentemente ironico) “Le cri de la carotte” (“Il grido della carota”) dell’attivista francese Sandrine Dellorme.

      • Elia Magrinelli ha detto:

        Sergio, parli di ignoranza ed incapacità di argomentare quando tu utilizzi come punto la prima cosa che ho contestato. Io ho detto che avere un sistema nervoso non è a mio avviso elemento che identifica una unicità e tu mi rispondi che le la differenza tra animali e piante è che le piante non hanno un sistema nervoso. Il sistema nervoso è solo un sistema che ci permette di interpretare l’esterno, di catalogarlo e ricordare eventi. Che cosa ne è di un evento che ci succede, ma che non ricordiamo (per un qualsiasi motivo, fisiologico o patologico)? Forse questo evento non è mai successo? Assurdo, un evento per esistere non ha bisogno che un sistema nervoso lo registri, avviene e basta, eppure, per noi ad esempio, un evento del quale non abbiamo memoria non è mai avvenuto. Se qualcuno ci pizzica noi sappiamo che è avvenuto ciò perchè lo ricordiamo, abbiamo sofferto in quel momento perchè il pizzico ha creato un danno ai nostri tessuti che ci ha provocato una sofferenza, questa sofferenza è stata poi trasmessa e registrata dal sistema nervoso, ma senza questo sistema nervoso le perturbazioni che provocano sofferenza provocano comunque sofferenza e provocano comunque la nostra reazione a tale sofferenza. Non sono soggetti molto studiati ma i pochi esperimenti che sono stati e vengono fatti indicano che c’è un metodo attraverso il quale le piante comprendono pericoli e comunicano pericoli tra di loro (dimostrato in almeno Arabidopsis e fagioli di Lima, due delle piante più usate in ricerca). il sistema nervoso è un sistema per interpretare e ricordare informazioni esterne presente in una parte neanche tanto grande in percentuale su tutte specie su questa terra, nessuna motivo dovrebbe eleggere tali organismi come più unici di altri, si tratterebbe, per assurdo di specismo nei confronti di tutte le altre specie.
        Riguardo il tuo secondo punto, ti voglio fare notare che non ho mai detto di difendere o voler perpetuare qualsiasi utilizzo di animale che non sia necessario, vedi allevamenti intensivi, abiti di pelli e pellicce o simili, su questi ambiti non metto in dubbio, anzi voglio anch’io spingere a riflessioni che facciano cambiare tali usanze. Ci sono però contesti socio-economici (paesi poveri), ecologici (necessità di arricchimento dei terreni nelle piantagioni) e scientifici (studio dell’organismo animale) dove è ancora necessario, non opzionale, ma necessario utilizzare animali. La tua logica è stata messa a dura prova dalle tue stesse parole, non voglio esprimermi su quanto riguarda la tua pazienza perchè, come fai notare tu, si cerca di rimanere nell’educato. Penso invece che sarebbe bene se cominciassi ad avere cura della pazienza di altre persone. Non parlo della mia certamente, anche perchè per grazia sono in uno stato di buona salute ed abito in un paese ricco, ma penso a tutte quelle persone che per ragioni economiche e di salute sarebbero condannate a morire di sofferenze se qualcuno dovesse effettivamente impedire oggi l’utilizzo di animali, la loro pazienza finirebbe molto presto se dovessero leggere quanto proponete qui.

      • Sergio ha detto:

        Quanto ai Paesi poveri sono certo che tu conosca assai bene le teorie di Vandana Shiva, economista e ambientalista indiana e notoriamente vegana vero?
        Altrettanto bene conoscerai il pensiero di Philipp Wollen, ex banchiere d’affari ora persona che si occupa di diritti umani e animali, vegano anch’egli.
        Entrambi contestano radicalmente l’affermazione che la filosofia antispecista e la conseguente dieta vegana siano dannose per i Paesi poveri, essendo semmai il contrario.
        Ma tu, dall’alto delle tue finte argomentazioni, fatte solo di luoghi comuni e di qualche citazione, cerchi un dialogo, che è solo un tentativo patetico di evitare la risposta a una domanda.
        Tu cosa fai nella tua vita per evitare sofferenza agli altri?
        Tu, che citi a caso i popoli poveri, cosa fai per essi?
        Tu hai mai rinunciato a una bistecca, mettendo davanti la vita di un essere vivente alla tua golosità?
        Tu, che ti professi campione dell’altruismo (i Paesi poveri, i malati, ecc.) nella tua vita hai mai messo, come facciamo noi, tutti i giorni, l’interesse di altri esseri davanti al tuo?
        Invece di sproloquiare di carote senzienti e di sistemi nervosi vedi di riflettere e di smettere di pensare che noi antispecisti siamo tutti dei fessi pronti ad abboccare a simili provocatorie idiozie, che non hanno nulla di scientifico e tanto meno di etico.

      • Riccardo ha detto:

        Elia, quindi per te il fatto che un essere senziente non umano, dotato di coscienza, sia in grado di sperimentare dolore, sofferenza, paura, angoscia, terrore, traumi psicologici invalidanti e permanenti, non ha alcun valore nel determinare il suo valore della vita? Possiamo dunque indiscriminatamente (ovvero discriminatamente su presupposti specistici) usare violenza nei suoi confronti, perchè tanto il suo valore è uguale a quello di un sistema vegetale? In altre parole, sottoporre un cane a sevizie in un laboratorio biomedico credi che sia giusto perchè la sua vita vale quanto quella di un pomodoro?

      • Sergio ha detto:

        Riccardo, temo che parlare con Elia non serva a nulla.
        Lui si basa sulla teoria della “carota senziente”, enunciata da 3 premi Nobel e ampiamente documentata in 500 articoli peer reviewed citati su Pubmed.
        Alcune varianti di tale teoria sono state anche divulgate in ambiti artistici alternativi …
        Come dimenticare la band grunge Screaming Trees e la loro denuncia del dolore inflitto dai vegani alle foreste, con alberi urlanti dal dolore?
        Pare tuttavia che ci sia una parte minoritaria (e oscurantista!) di ricercatori che si è ribellata a tale teoria, sottolineando a riprova della sua fallacia, la mancanza di epimelesi della carota adulta verso il germoglio di carota.
        I ribelli, tuttavia, non hanno alcuna pubblicazione citata su Pubmed e, quel che è peggio, sono capitanati da Bugs Bunny!
        Quest’ultimo giura di non avere mai sentito una carota gridare dal dolore e di non averla mai dovuta stordire con una pistola prima di rosicchiarla.
        Purtroppo il dato esperenziale di Bugs Bunny non è stato ritenuto sufficiente dai citati Nobel e dai loro fedeli seguaci, che hanno chiesto con insistenza a Bugs Bunny:
        1. se fosse in grado di supportare con evidenze di laboratorio le sue affermazioni;
        2. quale percorso di studi avesse egli seguito;
        3. se avesse pubblicazioni citate su Pubmed.
        Il dialogo si è, quindi arenato:
        – gli scienziati hanno dato il via a un progetto di ricerca finalizzato a ricercare le affinità nelle reazioni che i mammiferi e gli ortaggi hanno quando vengono tagliati senza anestesia (esperimento che ha richiesto la procedura in deroga, regolarmente autorizzata con silenzio assenso); trattasi di esperimento altamente innovativo in quanto si svolge in parallelo in un macello della bassa padana e in una cucina di un ristorante vegano, alla presenza di osservatori imparziali (il segretario nazionale di Federfauna, un allevatore di visoni e Garattini);
        – Bugs Bunny ha mandato a cagare gli scienziati ed è ritornato alla sua dieta a base di carote, chiedendosi cazzo sia Pubmed…

      • Elia Magrinelli ha detto:

        Si conosco entrambi, ho assistito ad alcune argomentazioni pubbliche effettuate da questi personaggi, ricordo in particolare una alla quale aveva partecipato Wollen in australia. Purtroppo nessuna di queste personalità tiene in conto il fatto che piantagioni massive come quelle del mais necessitano del passaggio di animali per rimanere attive negli anni e non esaurirsi, e che per molti paesi poveri l’allevamento di animali costituisce una vera e propria fonte di ricchezza indispensabile. Mi dispiace che tu reputi gli esperimenti sulle capacità percettive delle piante delle scemenze non scientifiche e non etiche, ma questa è una tua chiusura, personalmente fui folgorato quando ne lessi ancora durante gli anni dell’università, l’idea che un sistema di segnali chimici si sia sviluppatosi anche nel dominio della vita più distante da quello degli animali è sorprendente, nient’altro. Nel mio piccolo cerco quanto più possibili di acquistare a km0, carne e vegetali, nel senso che chiedo prodotti provenienti da allevamenti, non da industrie, non compro pelle non vado al circo. Se vuoi sapere cosa faccio invece per persone meno fortunate di me penso che dicendoti di fare il ricercatore ti avrei già risposto, ho scelto di fare un lavoro che non mi darà sicurezza fino a 40 penso, che mi fa lavorare anche 70 ore alla settimana, che mi allontana dal mio paese e dai miei cari, ma che sono contento di fare per il solo fatto di avere la possibilità di poter aiutare qualcuno a stare meglio con le conoscenze che saprò ottenere. Non reputo di essere ne il genio del millennio ne il salvatore della patria o il campioni che tu mi dici di profetizzarmi.

      • Elia Magrinelli ha detto:

        Ovviamente non ti chiedo di credere a quanto dico io Sergio, mi ci voleva un po’ di tempo per riprendere vecchie referenze (ed intanto cercare qualche novità).
        http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/14749516 (2004)
        http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/16720701 (2006)
        http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/16902828 (2006)
        http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/19124770 (2009)
        http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/23753177 (2013)
        http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/23748628 (2013)
        Oltre a questo vorrei aggiungere la lettura del libro “Alla conquista del monte improbabile” di Dawkins (si un vegano), nel quale c’è una stupenda descrizione di quanto avviene tra la pianta del fico e le api. Per farla breve (Spoiler, inizio) la pianta del fico ha bisogno delle api per la propagazione del suo polline contenuto nei piccoli frutti all’interno della cavità della tipica sacca che li contiene, le api si nutrono deli stessi frutti, quelli che non mangiano vengono poi impollinati, se però la pianta sente che le api hanno mangiato troppi frutti all’interno di una sacca la pianta sigilla la sacca uccidendo i suoi frutti e le api all’interno (Spoiler, fine).
        In generale tutte le volte che si parla di una reazione delle piante all’ambiente, così come di qualsiasi organismo, non si sta descrivendo nient’altro che la sensibilità di queste, la loro capacità di percepire e reagire a stimoli, anche se non viene fatto urlando di paura o dolore. Non vedo motivo per il quale tali sistemi che permettono ad altri organismi di reagire, proprio come fa il nostro caro SNC, dovrebbero avere meno importanza a tal punto da fare un distinguo etico.
        Detto ciò, Riccardo, se rileggi non ho mai detto che utilizzare animali ritengo debba essere fatto indiscriminatamente, ma solo quando necessario, quando non si può farne a meno, su questo punto mi sono già espresso, rileggi o chiedimi approfondimenti precisi nel caso.
        Ora voglio fare io però una domanda, non intendo aprire un topic, mi basterebbe solo una risposta breve, non voglio “sviare” la discussione. Quante delle persone con le quali sto dialogando qui fumano (dalle foto del profilo direi almeno una)? L’industria del tabacco non mi sembra sia proprio una delle più trasparenti sane ecologiche e che non fa sfruttamento, non è un po’ contrario alla “politica” che fate qui?

      • Sergio ha detto:

        Io non fumo.
        La “sensibilità delle piante” è secondo te paragonabile a quella di un maiale?
        Hai mai sentito le grida strazianti di un maiale scannato?
        Hai mai sentito i muggiti dolorosi o i belati carichi di angoscia della mucca e della pecora a cui hanno brutalmente strappato loro figlio?
        Ti sembrano paragonabili alle reazioni di alcune piante?
        Ma di cosa diavolo stai parlando.
        Ma possibile che voi ricercatori parlate con una freddezza agghiacciante di reazioni/stimoli/risposte perdendo completamente di vista il nocciolo del discorso: si sta parlando di esseri che hanno una vita, desideri, compagni, amici, parenti e che ambirebbero a vivere quella vita in libertà!
        Ma a scuola e nelle vostre famiglie vi hanno completamente desensibilizzato?
        Il vostro sguardo da “osservatori scientifici della realtà” ha davvero perso completamente il contatto con gli altri esseri viventi?

      • Sergio ha detto:

        P.S. Richard Dawkins non è neanche vegetariano figuriamoci se è vegano ….

      • Riccardo ha detto:

        > Riccardo, temo che parlare con Elia non serva a nulla.

        ciao Sergio, sono d’accordo, la mia intenzione infatti era solo evidenziare l’assurdità di certe posizioni morali (o presunte tali), dato che questo è uno spazio pubblico c’è sempre la possibilità che un lettore estraneo al dibattito possa leggere la discussione ed in questo senso un dialogo di questo tipo credo possa essere utile. Per il resto non sono interessato nè a spiegare le mie idee ad un Elia nè a dimostrare che le mie idee siano (come io penso) fondate. Questo comunque in generale non è quello che penso dei pro-SA, sono assolutamente certo che ci sono anche pro-SA che potrebbero accettare le nostre ragioni se solo si creassero le giuste condizioni.

      • Riccardo ha detto:

        > Riccardo, se rileggi non ho mai detto che utilizzare animali ritengo debba essere fatto indiscriminatamente, ma solo quando necessario, quando non si può farne a meno

        prevedevo questa replica, infatti avevo precisato che usi criteri discriminanti su basi specistiche. In altre parole, gli antispecisti ritengono che valutare il valore della vita di un individuo solo in base alla sua specie di appartenenza sia sbagliato, e tutto il tuo ragionamento è basato proprio su questo tipo di valutazione. Inoltre, come ho già detto, non ho ragione di discutere con te, e non perchè mi sei antipatico, ma per motivi molto razionali, se così vogliamo dire. Sono molto aperto al dialogo quando vedo nell’altra persona la volontà di aprirsi e capire, ma non mi pare questo il caso. Diversi utenti pazientemente ti hanno spiegato in modo chiaro ed esauriente perchè non riteniamo che la vita vegetale sia paragonabile a quella animale, eppure continui ad insistere su questo punto. Ne deduco quindi che il tuo intervento è mirato o a provocare, oppure a dimostrare in qualche modo che le nostre ragioni sono (come dicono molti pro-SA) irrazionali. Questo per me non è dialogare. Bada bene che non ho niente contro la tua persona, sto solo criticando questo tuo atteggiamento.

      • Elia Magrinelli ha detto:

        ah, almeno qui si ammette che Dawkins non è vegano, perchè in altri contesti lo avevo sentito sbandierare con forza (e volevo tacere subito l’eventuale discussione).

        – Riccardo, nemmeno io ho nulla personalmente contro nessuno dei presenti, non inizierei un dialogo se però non avessi nel mio intimo la speranza di convincere della mia opinione la persona con la quale dialogo (o sarei un ipocrita a dire che non mi interessa ciò), ma allo stesso tempo sono aperto ad ascoltare le motivazioni diverse quando sono coerenti. In questo caso però ho utilizzato le vostre stesse premesse arrivando alla conclusione che (e non è una posizione morale, ma semplicemente una constatazione di fatto), che anche animali inferiori ai vertebrati come insetti e anche piante hanno la loro propria modalità di socializzare (di organizzarsi in gruppi e di avere rapporti/comunicazioni tra individui) e di sentire l’ambiente attorno (seppure non con metodi a noi comuni). Eppure nessuno si sbraccia per le milioni di mosche utilizzate in laboratori (che non se la passano meglio dei topi). Gli utenti non mi hanno esplicitato perchè il mio ragionamento è sbagliato, hanno solo negato tali conclusioni utilizzando categorie di “specismo” (dire che una essere vivente non sente solo perchè manca di sistema nervoso è specismo, si incentra sulle specie che hanno un sistema nervoso).

      • Elia ha detto:

        Si portava l’argomento di etica qualitativa e non quantitativa (é etico che muoia anche un solo bambino in una fabbrica ma non lo é se sono in mille… parafraso). Benissimo, molto legittimo, ma allora quanto meno sensibile dev’essere l’essere vivente che sfrutto? La metà? Un terzo? Come lo quantifico? Sono questi i quesiti con i quali voglio testare il ragionamento che proponete, é etico sacrificare un essere vivente che é sensibile meno della metà di me, ma non lo è per gli esseri viventi che lo sono di più? E le persone con gravi menomazioni mentali o con malattie che portano a tali conseguenze. La loro sensibilità ed il loro diritto come si misura con questo vostro ragionamento?
        In breve, per quanto di buono vi sia nel vostro antispecismo ( e ve ne é, non lo voglio mettere in dubbio, assolutamente) non é una categoria assoluta perché si comporta in modo erroneo in molte situazioni. Vedere quindi ogni aspetto e soprattutto l’ambito dello studio volto a migliorare la salute di tutti utilizzando solo l’antispecismo porta a conseguenze quantomeno inauspicabili.

      • Roberto ha detto:

        Elia ma di quale antispecismo stai parlando? Ma hai letto l’articolo che ti ha linkato Sergio?
        Se vuoi possiamo continuare la discussione all’infinito, ma dobbiamo parlare dell’antispecismo o di quello che tu credi che sia l’antispecismo?

  14. rita ha detto:

    Elia, questo che ci dici lo sapevamo già. Ma il punto è che noi (noi antivivisezionisti etici almeno) non contestiamo la necessità o meno della scienza di fare a meno degli animali, contestiamo invece la legittimità di questa necessità. O meglio, ammesso che sia davvero necessario, per quale motivo la ricerca volta a migliorare la vita degli esseri umani dovrebbe valere di più della morte di migliaia di animali?
    Si discute il valore della vita, non se la scienza oggi possa fare a meno degli animali.
    E questo valore della vita, diciamo rispetto della vita senziente, non spetta deciderlo alla sola comunità scientifica, ma alla collettività tutta.

    • Elia Magrinelli ha detto:

      Ma questa che tu (o voi) fate è una distinzione focalizzata su una similitudine ad una specie, la nostra, non rispecchia quanto la vita durante il suo sviluppo ha dato valore favorendone la diffusione. Il paragone che elegge sopra altre specie tutte quelle che possono soffrire, a misura di quanto gli uomini possono fare, non ha fondamento se non per l’uomo stesso. Perchè la sofferenza che passa attraverso il sistema nervoso centrale dovrebbe essere più importante della sofferenza che provano tutti gli altri organismi viventi che non sono dotati di tale sistema? Pensare semplicemente che questi organismi non ne sono dotati è solo comodo, ma non è reale, la sofferenza e la percezione dell’esterno in organismi come piante e batteri avviene in forme che noi semplicemente noi non comprendiamo perchè non corrispondono al nostro piano di coscienza, ma non per questo non vuol dire non ne siano dotati. Quindi che fare? Apparentemente ogni cosa che facciamo causa la morte e sofferenza di organismi diversi da noi, ma non siamo macchine e non ci possiamo estraniare da queste regole di sopravvivenza. Però siamo senzienti e capaci di interagire e modificare l’ambiente, l’apprendere conoscenze può darci la possibilità di modificare secondo un criterio ecologico l’ambiente e renderlo il più possibile vivibile e sostenibile ai più. Questa è la necessità della scienza, perchè un luogo sostenibile è anche un luogo dove se un individuo sta male non è condannato. L’idea di evitare di danneggiare un organismo soprattutto un organismo molto simile a noi è del tutto nobile e costituisce una scelta singola da apprezzare, ma non può trasformarsi in un divieto soprattutto quando si tratta di qualcosa che può portare beneficio a organismi (animali, umani o altro) che hanno meno fortuna.

      • sdrammaturgo ha detto:

        Appunto, quindi siccome ogni cosa che facciamo causa la morte e la sofferenza di organismi diversi da noi, nel dubbio ammazziamo e violentiamo più organismi possibile?
        Penso che logica imponga di dire proprio: “Nel dubbio, faccio il meno male possibile”. E dunque: lascio in pace mammiferi, pesci, anfibi, rettili, insetti, molluschi, alberi, eccetera, estendendo al massimo il cerchio, includendo più organismi possibile.
        In attesa che inventino il cibo sintetico, limitiamoci a disturbare i vegetali. Anche perché poi, l’argomentazione “e allora le piante?” mi ha abbastanza rotto le palle: da ricercatore, penso che tu lo sappia meglio di me che, al netto di sofismi paraculi, tra sbucciare una carota e sbucciare un cane la differenza è lampante.
        Non vedo poi quali benefici e a chi possa portare lo sfruttamento del vivente, se non a chi ci guadagna denaro.
        Frasi come “evitare di danneggiare un organismo non può diventare un divieto” mi fanno rabbrividire.
        D’altronde, evitare di pestare un passante a caso non può diventare un divieto, se mi porta benefici psicologici facendomi scaricare stress.

  15. Elia Magrinelli ha detto:

    Ecome si inventa il cibo artificiale se non si sa manco cos’è il cibo? In quanto ricercatore la mia idea non dimostrata, anche se qualcuno si sta impegnando su questo ambito, è che anche le piante sentono quando vengono sbucciate, lo esprimono non con suoni o movimenti ma con altri segnali. metterò le referenze al riguardo quando mi ricordo dove le ho cacciate tra tutti gli articoli, di questo chiedo scusa. Il guadagno del denaro come beneficio è dovuto alla mentalità capitalista con la quali si sfrutta la scelta, se venisse sostituita con una mentalità ecologica dove il guadagno è non solo commerciale, ma su quanto sano ed equilibrato si riesce a trasformare il luogo in cui viviamo le cose andrebbero alquanto diversamente, ma questa è un’altra discussione.
    Lasciami ricordare che un passante (non necessariamente umano) che per qualche suo benefico decidesse di attaccarti non si farebbe tanti problemi. La questione qui però riguarda quella di effettuare sacrifici per uno scopo che non rechi beneficio solo alla persona che li fa (come scaricare lo stress).

  16. Roberto ha detto:

    Elia, non risolvi nulla parlando con gli antispecisti. Non puoi convincerli, così come loro non convinceranno te.
    Esponi le tue argomentazioni al pubblico e il pubblico deciderà se sono giuste. Parimenti faremo noi antispecisti.
    Il dialogo tra noi è inconcludente e dovresti (dovremmo) indirizzare le nostre argomentazioni verso il vero interlocutore, che, lo ripeto per la seconda volta, è la società civile.
    Qualsiasi sia la tua o la mia argomentazione, sarà sempre la società a decidere, quindi che senso ha sprecare energie dibattendo tra noi? Vai in strada a convincere qualcuno, fai un banchetto informativo, apri un blog, distribuisci volantini, organizza manifestazioni, conferenze, aperitivi, pranzi ecc.
    Ma ancora non hai capito che questa è politica e non stiamo giocando a rimpiattino?

    • Elia Magrinelli ha detto:

      Mi stai gentilmente invitando a portare le mie argomentazioni fuori di qui perchè non sono bene accette? Ad essere sincero quando devo argomentare qualcosa con qualcuno lo faccio coi diretti interessati, non lo faccio con un terzo. Poi, come dici tu ed hai ragione, c’è la politica, ma a mio avviso è un’altra questione. Voi qui volete argomentare le vostre ragioni, ma farlo tra di voi è “semplice”, convincete me.

      • Roberto ha detto:

        Non ti sto invitando a fare nulla. Ti sto suggerendo di portare le tue argomentazioni là dove producono degli effetti positivi per la causa che supporti, ma se ritieni che sia utile passare il tempo qui con noi, perchè ti procura piacere intimo, per me non fa alcuna differenza. Puoi stare qui finchè ti pare ma non credere di cavare un ragno dal buco. D’altronde fin’ora nessuno ha cercato di convincerti ma si è semplicemente risposto alle tue domande, ne mi sembra che tu abbia alcuna intenzione di comprendere le nostre tesi, perchè basterebbe prendersi la briga di leggere i vari articoli della rivista o i numerosi testi anche recentissimi che trattano di specismo ed antispecismo anche e sopratutto dal punto di vista sociopolitico. Almeno dopo potresti anche essere in grado di contribuire con qualche spunto nuovo. Perchè fino ad ora non hai che ribadito i soliti argomenti che ogni tanto qualche “ricercatore” viene qui a ripetere.

      • Elia Magrinelli ha detto:

        Questo tuo “secondo” invito lo accolgo (l’avevo già accolto) volentieri, proprio per questo iniziando a leggere blog come questi e ad informarmi su autori antispecisti, come wollen e dawkins. Ovviamente quella è una cosa più complessa dello scrivere commenti in blog, ma qui, dopotutto si parlava di dialogare con chi sostiene la sperimentazione animale. E così sto cercando di fare, è vero che ho portato punti che forse avete già sentito, ma più che screditarne la veridicità non sono stati molto argomentati.

    • Badu ha detto:

      ti pongo una banale e semplice domanda Elia, secondo te, l’umanità, ha generato benessere sociale, culturale, economico? secondo te, il pianeta, gli animali, e noi con loro, stanno bene? il mondo che abbiamo “costruito” fino ad oggi, è bello, salutare, dà felicità e equilibrio? secondo te tutta questa ricerca che l’umanità mette in atto a cosa serve realmente? ti sembra davvero che stiamo progredendo verso il massimo dei mondi possibili? e questo massimo livello in cosa si manifesta? quali sono i punti di forza delle società umane del 2013? quali i benefici per l’uomo e il pianeta? soprattutto tutte le vittime che l’umanità sta mietendo, animali umane e non umane, a cosa servono? dove stiamo andando? e come ci stiamo andando?
      la domanda in realtà non è una ma converrai che la risposta forse si.

      • Elia Magrinelli ha detto:

        La mia risposta sarà alquanto semplice, ma quanto mai ho scritto qui di ammirare il sistema che abbiamo ora? Mai detto, ci sono tante cose che penso non vadano bene nel sistema di oggi, ad iniziare dal fatto che penso che siamo in troppi. Quando parlavo del fatto che ritengo si debba seguire il criterio dell’ecologia di certo non intendevo dire che è quanto si stia facendo ora ovunque per quanto riguarda allevamento ed agricoltura (o industria, edilizia, energia). Io pure voglio un cambiamento e cerco di informarmi quanto più posso per capire cosa si possa fare, e sono incavolato assai con tutta l’industria dei motori, auto per prime, perchè sebbene da vent’anni siano state provate tecnologie che permetterebbero di usare motori a magnetismo, ad aria compressa o ad acqua, nulla è stato mai fatto a larga scala al riguardo (questo è solo un esempio, scusate lo sfogo, per chi vuole consiglio “the coming energy revolution” di jeane manning, molto esaustivo sul discorso 0 point energy, ma è anche molto triste considerare quanto sia vecchio).

      • Badu ha detto:

        Elia non noti una profonda discrepanza tra la risposta che mi hai dato e quello che invece professi? non noti che di fondo, c’è un cortocircuito tra le pratiche e le ideologie della scienza e quello che accade realmente? non noti che tu stesso parli di ecologia ma deve essere un’ecologia che ci consente in qualche modo di continuare a distruggere e uccidere? p.s. nelle mie domande non c’era affatto la convinzione che tu ammiri il sistema di oggi. certamente però, alcune pratiche e convinzioni, di fatto politiche, collettive e sociali emergono con forza dalle tue parole. La scienza, il modo in cui la società in cui viviamo la concepisce, è alla base di molte delle devastazioni non solo morali, del mondo.

  17. Roberto ha detto:

    Ok Elia, allora dialoghiamo.
    Tu pensi che siamo troppi su questo pianeta? Cioè sarebbe meglio che morisse più gente? Fammi capire cosa centra con lo specismo.

    • Parte in Causa - Associazione Radicale Antispecista ha detto:

      Roberto, il dire “siamo troppi” non implica di certo l’auspicarsi che più gente muoia. E’ doveroso auspicare una riduzione del tasso di natalità laddove questo è eccessivo ottenuta attraverso metodi “dolci”, che includono, ad esempio, il miglioramento della condizione della donna (Giovanna)

    • Elia Magrinelli ha detto:

      Esatto, basta prendere il caso dell’india, paese dove il problema della sovrappopolazione è ben evidente. Nella maggior parte del paese le donne hanno scarso accesso all’istruzione, quindi si sposano presto ed hanno molti figli, qualcosa come un minimo di tre per coppia. Solamente in una regione del sud-ovest l’istruzione è stata resa molto più accessibile anche alle donne e qui senza nessun tipo di controllo la media di bambini per coppia è di uno o due.

  18. Parte in Causa - Associazione Radicale Antispecista ha detto:

    Elia, provo a risponderti anch’io. Personalmente non penso siano scemenze gli studi che tu citi sulla capacità delle piante di sentire. Se qualcuno ti risponde in maniera sarcastica, è perché solitamente quello del dolore delle piante è il primo “argomento” che tirano fuori coloro che sfottono l’antispecismo e la scelta alimentare vegana. Per non parlare del fatto che lo scopo nemmeno molto celato del paragone con le piante è quello del sentirsi giustificati a portare avanti il “business as usual” (se tutto il vivente soffre e non si può non arrecare dolore per il solo fatto di esistere, allora tanto vale non rinunciare nemmeno alla porchetta).

    Il problema con la “sofferenza” delle piante è che non ne sappiamo molto, ma di certo è ben difficile pensare che si tratti di sofferenza paragonabile a quella di organismi viventi dotati di sistema nervoso centrale. Per quanto mi riguarda, credo che il rispetto della vita non si debba fermare agli animali; un albero, un cespuglio per me vanno rispettati e lasciati vivere, per quanto ciò sia possibile e compatibile con l’esistenza umana. Ritengo scellerato lo scempio del regno vegetale perpetrato dallo sviluppo frenetico della nostra civiltà. Tuttavia, è pur vero che noi come organismi viventi abbiamo la necessità di nutrirci di vegetali per poter sopravvivere e nessuna morale può pretendere dall’essere umano il sacrificio di sé. Di conseguenza, per la logica della “riduzione del danno” di cui parlava qualcuno in qualche commento più sopra, la scelta più razionale è quella di non arrecare dolore agli animali astenendosi, ad esempio, dal mangiarli. Ho ridotto all’osso, perché in realtà oltre al principio di riduzione della sofferenza si deve anche menzionare il diritto di ogni essere senziente alla vita, altrimenti il solo principio di riduzione della sofferenza porta alle famose “uccisioni indolori” negli allevamenti biologici (la cosiddetta “carne felice”) e poco altro (Giovanna)

    • Elia Magrinelli ha detto:

      Io non l’ho tirato fuori come semplice sfotto, ma come vero problema, s questi principi di cui parli devono essere sempre mantenuti allora dovrebbero essere utilizzati con tutti i viventi. Ciò non sarebbe possibilie perchè vorrebbe dire per ciascuno di noi smettere di sopravvivere. Per questo a mio avviso il modo per capire come comportarsi dovrebbe essere secondo l’ecologia, mantenere equilibri sostenibili di produzione e consumo di ogni cosa. Le realtà nelle quali questo avviene (agricolture ed allevamenti integrati nel territorio per portare risorse in modo locale) richeidono anche l’uso di animali. Decidere di non mangiare un animale non è una cosa che disprezzo, la ritengo una scelta nobile pure, ma che resti un scelta dei singoli, non un’imposizione. E soprattutto, visto che di questo si parlava ad inizio articolo, se per conoscere la nostra e la biologia degli animali, capirli e capirci meglio per ottenere una migliore salute (ed una migliore ecologia), è al momento necessario utilizzare animali in esperimenti non dovrebbe essere vietato farlo.
      p.s. mi scuso del ritardo, ma scrivere progetti e correggere tesi mi ha assorbito completamente l’ultimo mese e mezzo.

      • Roberto ha detto:

        Elia con la tua logica non dovremmo neanche respirare perchè si potrebbero introdurre dei batteri che “poverini” sarebbero soppressi dal sistema immunitario e si creerebbe uno scompenso ecologico.
        La logica della riduzione del danno è proprio il concetto ecologico fondamentale. Lo sfruttamento animale (sopratutto per uso alimentare) è quello che ha portato maggiori disastri Ecologici. Se proprio non si può imporre la fine dello sfruttamento animale in questo momento, sarà una necessità in un prossimo futuro. Ma a parte questo, cerchiamo di rimanere nell’ambito della riduzione del danno. Possiamo benissimo rinunciare ad allevare gli animali per cibarcene e ne gioverebbero per prime le specie vegetali. Possiamo rinunciare alla sperimentazione e ne gioverebbero gli animali stessi. Non mi sembra inoltre che la sperimentazione sugli animali migliori la salute degli animali. In italia vengono uccisi circa 1.000.000 di animali all’anno per la sperimentazione. Per giustificare un simile sacrificio quanti animali dovrebbero giovare ogni anno dei risultati della sperimentazione? E sopratutto chi dovrebbe decidere quale deve essere il rapporto tra animali sacrificati e animali salvati dalla sperimentazione? Forse i ricercatori? Oppure dovrebbe essere una scelta demandata alla società civile?
        Il succo è: deve essere la scienza a decidere le sorti della società o viceversa?

      • Elia Magrinelli ha detto:

        La della tua domanda è questa: a decidere sull’utilità e sull’ecologia di tali questioni, ambiti per definizione scientifici, dovrebbe occuparsene chi effettivamente conosce l’argomento oppure chi non ne sa nulla? Fai pure decidere la società, ma dagli gli strumenti giusti per farlo, parlando esattamente di cosa si può fare e cosa non si può fare senza la sperimentazione animale oggi, mostra i dati sull’andatura del numero di animali utilizzati negli anni in sperimentazione animale e fai capire quanto la scienza stessa, da sola sia andata diminuendone l’uso qualora possibile (perchè in fondo lavorare “in mezzo alla cacca” non piace. No, non è una battuta) http://genevalunch.com/2012/06/28/100000-fewer-animals-used-for-experiments-in-2011/
        Disastri ecologici riguardo al cibo: sono legati al fatto solo di consumare carne o di produrre carne in factory farm, dove si cibano mucche con cibo che non digeriscono senza nemmeno lasciare che portino i benefici sulle coltivazioni che millenni di allevamento testimoniano? Sono risultato dell’uso ecologico e ponderato degli animali o dall’industrializzazione che colpisce quasi ogni aspetto della società di oggi?
        Chi è il “nemico”?

      • Sergio ha detto:

        Peccato che il numero degli animali impiegati nella SA in UK sia drasticamente aumentato.
        E con questo il bel discorsetto va a farsi friggere

      • Roberto ha detto:

        No Elia, non ci siamo capiti. Io parlavo di Etica. La scienza può mostrare chiaramente e senza ombra di dubbio che i risultati migliori si otterrebbero sperimentando direttamente sull’essere umano, ma è la società che non lo permette perchè Eticamente inaccettabile “vivisezionare” una persona.
        La scienza ubbidisce al senso etico della società a costo di qualsiasi tipo di rinuncia, perchè la scienza è al servizio e non al potere.
        Riguardo i disastri ecologici della carne: derivano in principal modo dall’effetto serra causato dagli allevamenti che è stimato in poco più di 7 miliardi di tonnellate di c02 (il 18% delle emissioni totali). Malgrado le credenze siano diverse, il 70% di queste emissioni sono causate da allevamenti Estensivi e non Intensivi, mentre il trasporto (di animali e carne) incide per meno dello 0,2% sul totale (quindi la carne a km0 è una gran minchiata). Il resto del disastro deriva dal consumo Sropositato di acqua e dalla deforstazione necessaria a far spazio a nuovi allevamenti.
        Per fortuna la scienza sta elaborando le soluzioni al disastro con lo stesso metodo che il disastro lo ha causato. Invece di diminuire il consumo di carne stanno creando, per esempio, dei maiali che cacano un terzo di inquinamento in meno.
        Col tempo penso che si possa auspicare un maiale addirittura etico cioè: senza cervello, ne sistema nervoso, ne ossa, ne colesterolo ecc. ecc. Immagina una specie di blob rosa vivente, fatto solo di carne (magari anche a forma di mortadella o prosciutto).
        Chi è il nemico?
        Il potere 🙂

  19. Roberto ha detto:

    Ed il ragionamento vale anche per i metodi “dolci” per il controllo delle nascite. Se le persone vivessero in una società priva di classi sociali (e nella società includo sempre tutti gli animali) non ci sarebbe nessun bisogno di controllare le nascite, ne sortirebbero problemi di sovrapopolazione. Anche gli animali non umani sarebbero molti meno degli attuali.

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