L’infelicità dei visoni

di Barbara Balsamo, Serena Contardi e Giovanna Devetag

allevamento-visoni

Qualche anno fa usciva un articolo di Le Scienze intitolato La felicità dei visoni, in cui si riferiva di come un gruppo di scienziati della Oxford University avesse scoperto che i visoni – anche quelli tenuti in cattività da settanta generazioni – avvertono il desiderio di nuotare con ogni fibra del loro corpo. È un titolo molto bello, che colpisce per più motivi. Le Scienze non è certo una testata animalista, eppure non si fece scrupolo di parlare di felicità in relazione a degli animali non umani. Siamo talmente abituati all’infelicità degli animali reclusi da non saper concepire per loro destino migliore di una morte “rapida” e “indolore”. Così gli allevatori di visoni tranquillizzano i consumatori, che la vita viene estorta ai loro animali nel tempo di qualche secondo – gasamento ed elettrocuzione non durano di più, ci dicono. Specialmente dopo che gli attivisti di Nemesi Animale ed essereAnimali hanno documentato nel dettaglio cosa realmente accade all’interno degli allevamenti italiani – si consulti il sito visoniliberi.org – gli allevatori di visoni sentono il bisogno di tranquillizzare i consumatori. E lo fanno richiamandosi a parole d’ordine come “eccellenza”, “made in Italy”, “crescita”: oltre che “rapida” e “indolore”, la morte sa essere sommamente redditizia. Almeno per chi ci ha costruito un piccolo impero.

È di ieri l’uscita plateale di un video, corredato di articoli di giornale che annunciano la disarmante iniziativa dell’allevatore di visoni Boccù che, immaginiamo solo per puro caso, è contestualmente proprietario della nota azienda produttrice di pellicce MI FO e presidente dell’AIAV (Associazione Italiana Allevatori Visone):

http://www.crema.laprovinciacr.it/video/55628/All-interno-dell-allevamento-di-visoni.html#.UjWqXsoN0XA.facebook

http://www.crema.laprovinciacr.it/news/cronaca/55605/Open-day-all-allevamento-di-visoni.html

A chi volesse dedicare qualche minuto alla visione del filmato in cui Boccù illustra orgoglioso le “eccellenze” della sua produzione, apparirà subito evidente il tentativo di far passare l’azienda di famiglia come il fiore all’occhiello del made in Italy, un potenziale di elevato valore aggiunto per l’indotto locale e per l’intera economia nostrana. Probabilmente dal suo punto di vista dovremmo anche ringraziarlo per tenere alto il nome del paese e delle sue entrate in questi tempi duri di crisi economica.
E in un universo economico-imprenditoriale che rivela, proprio attraverso simili “testimonial”, il massimo di indifferenza verso le vite e le sofferenze degli altri, Boccù si candida sicuramente a vincere il premio di uomo dell’anno. Egli ci mostra i mustelidi ancora vivi nelle loro gabbiette dotate di enrichment – un poco di paglia – e poi i ferri del mestiere che consentiranno di scorticarli meccanicamente una volta asfissiati e quindi convertirli nei suoi mirabili prodotti d’eccellenza. Dimentica però di riportare che una direttiva europea e poi italiana imponeva agli allevatori da pelliccia, già dal 2008, di eliminare le gabbie sollevate e di predisporre idonei spazi a terra:

dal 1° gennaio 2008 l’allevamento deve avvenire a terra in recinti opportunamente costruiti e arricchiti, capaci di soddisfare il benessere degli animali. Tali recinti devono contenere appositi elementi quali rami dove gli animali possano arrampicarsi, oggetti manipolabili, almeno una tana per ciascun animale presente nel recinto. Il recinto deve inoltre contenere un nido delle dimensioni di cm. 50 x 50 per ciascun animale presente nel recinto stesso. I visoni devono altresì disporre di un contenitore per l’acqua di dimensioni di m. 2 x 2 con profondità di almeno cm. 50 al fine di consentire l’espletamento delle proprie funzioni etologiche primarie.

Naturalmente, Boccù ha ottenuto il privilegio di deroghe che di fatto gli consentono di eludere la legge indisturbato, rimanendo legalmente tutelato.

L’industria della pelliccia crea materia prima a partire dall’uccisione di esseri senzienti, che dopo la morte vengono scuoiati e gettati via come rifiuti. Se l’intento di personaggi come Boccù è dunque chiaro – ostentare quanto può essere routinaria un’attività già socialmente invisa come quella che gestisce in prima persona, e quindi riportare gradualmente alla sua normalizzazione presso il grande pubblico – , è altrettanto chiaro che presso fasce della popolazione che non siano lui o la sua famiglia il gioco possa non riuscirgli così comodo. E infatti il sito dell’AIAV esibisce un’apposita sezione di FAQ rivolta a tacitare le coscienze turbate di eventuali dubbiosi. Prevedibilmente, si insiste che i visoni hanno avuto una buona vita. Alla domanda Il visone ha bisogno di acqua per nuotare? , AIAV, contraddicendo le tesi dei ricercatori di Oxford, risponde:

[…] Essenzialmente, i visoni allo stato selvatico vanno alla ricerca del cibo ovunque ve ne sia in abbondanza oppure sia facilmente raggiungibile, indipendentemente dal fatto che si trovi in acqua o sulla terra ferma. Perciò, le esigenze biologiche dei visoni di allevamento sono soddisfatte se l’ambiente offre loro stimoli sufficienti a sviluppare il comportamento abituale di procacciarsi il cibo (sia a terra che in acqua).

Ma i visoni di Boccù non solo non possono nuotare, essi non hanno a disposizione né acqua né terra, e non è dato loro procacciarsi il cibo in nessun modo: è lui stesso a informarci che la loro alimentazione avviene tramite un aggeggio simile ad un contagocce, come è lui stesso a confermarci che sono animali curiosi e cacciatori notturni, che però non sono mai liberi né di curiosare né di cacciare. Il Boccù ci indica condannati a morte stipati in gabbie anguste, e sorride sornione che “il loro benessere è il suo benessere”. Dev’essere per un insopprimibile moto di dignità che inconsapevolmente egli si autodenuncia sul sito dell’AIAV.

Il lavoro è certamente una questione centrale del vivere sociale oltre che una necessità e, nei casi più fortunati, una fonte di gratificazione per l’individuo. Si è però completamente perso di vista il suo significato etico all’interno della comunità al cui benessere e progresso (non solo economico) dovrebbe contribuire. La crisi non può essere il paravento dietro cui si continuano a celare realtà economiche basate su violenza e sfruttamento crudeli. Diciamo NO agli allevamenti di visoni.

Comments
One Response to “L’infelicità dei visoni”
  1. Joe Manzana ha detto:

    no a qualsiasi allevamento. La vita è vita

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