Animal Liberation Day – Roma – 28 aprile 2013
di Rita Ciatti
Partenza da Piazza della Repubblica, ore 14,00 – arrivo Piazza di San Giovanni.
Sarà una giornata storica, scenderemo in piazza e percorreremo alcune delle vie principali della capitale, non solo per commemorare la liberazione dei cani da quell’orribile allevamento-lager chiamato, quasi per sberleffo, Green Hill, ma soprattutto per chiedere a gran voce la fine dell’orribile e immorale pratica della vivisezione e di ogni altra forma di sfruttamento degli animali.
Chiedo a tutti i miei lettori di fare un piccolo sforzo e di partecipare a questa manifestazione, organizzata congiuntamente dal Coordinamento Antispecista e da Animal Amnesty (ci saranno pulman a disposizione per chi è di fuori Roma, qui il link alla pagina FB dell’evento dove troverete tutte le informazioni in merito), o comunque di aiutarmi a diffonderlo, è veramente importante che si abbia una partecipazione in massa.
Ricordiamoci che gli animali stanno soffrendo e morendo anche in questo preciso istante e che hanno soltanto noi a difenderli e lottare per loro. Non possiamo aspettare, questa che stiamo portando avanti è una battaglia di civiltà per una società più giusta e libera per tutti.
Non è più tempo di sviare lo sguardo dal volto addolorato degli animali, di illudersi che il loro sangue non sia come il nostro, che le loro urla di dolore e lacrime non abbiano significato e peso quanto le nostre.
Ma che società è quella in cui le forme più bieche e terribili di violenza sono “normalizzate” e addirittura istituzionalizzate, in cui si educa all’accettazione della sopraffazione dei più forti sui più deboli?
A chi obietta affermando che la vivisezione sia utile e necessaria rispondo che se dovessimo farne una questione di mera utilità allora veramente utile ed efficace sarebbe sperimentare direttamente sugli umani (non che non lo si faccia, considerando che i test finali e definitivi sono sempre a nostro carico quando compriamo le medicine, per questo nel foglietto delle controindicazioni si trova una lista infinita di effetti collaterali, tra i quali anche spesso la morte: l’ombrello con cui la case farmaceutiche si riparano legislativamente), ma non saremmo disposti a prendere in considerazione questa ipotesi per una questione di etica. Non è vero dunque che di fronte agli utili ogni etica scompare, visto che inorridiremmo e insorgeremmo in massa al solo pensiero di poter compiere esperimenti cruenti sulle persone, eppure non riusciamo a estendere questo sentimento nei confronti di tutti gli altri animali non umani, capaci di soffrire esattamente come noi. Il Dottor Mengele, nei confronti di chi sostiene, appoggia e pratica la vivisezione era un angelo. Vengono uccisi migliaia di animali, anche primati, cani, gatti, conigli, maiali… spesso sottoposti a test ed esperimenti senza anestesia, come prevede la legge. Tutto ciò non è ammissibile.
Qualcuno mi dice: “siamo oppressi anche noi“. Ma certo che lo siamo e lo siamo principalmente perché la schiavitù degli animali non umani conduce a tutte le altre forme di schiavitù del vivente, ne è insieme il presupposto e il fondamento. Assimilare e degradare l’umano all’animale è la prima operazione che si compie ogni qual volta lo si vuole privare della dignità e sottomettere; al contrario, valorizzare e rispettare le altre specie animali, ogni individuo senziente a prescindere dalla specie cui appartiene, significa ritrovare la base del rispetto dell’altro, di ogni altro. Ma certo nessuno di noi giace legato ad un freddo tavolo in un laboratorio in attesa di essere torturato.
Dunque l’Animal Liberation Day sarà anche una giornata dedicata alla liberazione di tutti noi – siamo tutti animali – poiché è solo riconoscendo la sofferenza degli animali e lottando per porvi fine che potremo aspirare a vivere in una società senza gabbie, ma soprattutto sarà una giornata in cui scenderemo in piazza per loro, per le vittime di questo olocausto invisibile e non riconosciuto che miete miliardi di vittime in tutto il mondo ogni giorno.
Facciamo che almeno per un giorno, o almeno per un momento, le nostre voci inneggianti la liberazione animale riescano a sovrastare quella dei lamenti di tutte queste creature senzienti rinchiuse in quei non-luoghi infernali dove il tempo si ferma e dove le mura precludono lo sguardo verso l’orizzonte, perché per loro, a meno che non iniziamo a lottare seriamente, non c’è orizzonte possibile che non sia quello buio e lugubre della morte violenta.
Ora vi chiedo una cosa: e se lì dentro ci fossero i vostri figli?
Ma in realtà ci sono i nostri figli perché gli animali sono come bambini indifesi. Chi agisce violenza diretta su un animale, violenta un essere indifeso e vulnerabile.
Tutti in piazza dunque, il 28 aprile. Contro lo sfruttamento degli animali, contro la vivisezione, contro la cultura specista e antropocentrica che legittima la violenza e la sopraffazione di tutte le altre specie.
“Il Dottor Mengele, nei confronti di chi sostiene, appoggia e pratica la vivisezione era un angelo.”
Rita, io mi chiedo con quale freddezza si possa scrivere una cosa del genere, fuori esplode la primavera ma io mi sento congelare. Nasciamo in questa società disgraziata dove, purtroppo, ci insegnano che le bestie contano poco e niente, e tutti noi abbiamo avuto bisogno del nostro tempo per distanziarcene. Gli ebrei erano invitati a colloquiare nei salotti bene dell’alta borghesia prima che si iniziasse a gasarli, qui su Asinus si è argomentato ampiamente sul perché il paragone con l’olocausto non regge. Ma, in ogni caso, anche rifiutando (ed è stupido, perdio!) di inquadrare specismo e antisemitismo nella loro dimensione storica, penso ai bambini-cavia di Mengele e ti invito caldamente a togliere quella frase. O vogliamo fare come la PETA, che usa – sì usa – lo scempio per promuovere manifestazioni e campagne?
Serena,
se nella Germania di Hitler è stato possibile che avvenisse quello che è avvenuto è perché nei decenni precedenti era stato messo in atto un lungo, graduale, subdolo processo di delegittimazione della cultura e popolazione ebraica. Ciò che avviene nella cultura specista è esattamente questo, un lungo, graduale, continuo processo di delegittimazione dell’animale non umano.
Le analogie sono appunto comparazioni di fenomeni in cui non vuole esservi assoluta identificazione, bensì somiglianza in alcuni aspetti. E non vedo differenza tra i bambini-cavia di Mengele e le migliaia di animali che oggi stanno soffrendo le pene dell’inferno perché sono antispecista. Oggi penso agli animali così come all’epoca avrei pensato ai bambini-cavia. L’ho anche scritto nell’articolo: “e se lì dentro ci fossero i nostri figli?”.
Per me tra i lager nazisti e gli esperimenti che allora si facevano impunemente (a porte chiuse, non tutto il popolo tedesco ne era al corrente) e tra quello che avviene oggi a porte chiuse dentro i laboratori c’è più di una qualche somiglianza. Non identificazione (nessun fenomeno può mai coincidere pienamente con un altro, se è per questo, mutano i contesti storici, mutano i luoghi, i soggetti e le vittime, ogni sterminio ha le sue peculiarità), ma analogie.
Comunque su questo abbiamo idee del tutto diverse. Io non toglierò quella frase. Ho firmato l’articolo a mio nome e me ne assumo la piena responsabilità.
Sono disposta ad aggiungere che quanto scritto non è necessariamente condiviso dal resto della redazione, ma mi pare che le nostre norme già sottointendano questo.
E poi perché “freddezza?”
A me sembra che di freddo ci sia solo la tua incapacità di mettere sullo stesso piano il dolore degli animali con quello di altre vittime umane, quale sia il contesto storico in cui sono state massacrate.
E scusami, ma una risposta del genere te la sei andata proprio a cercare.
Vedevo freddezza nel passare sopra alle cavie di Mengele per promuovere una manifestazione, così come mi offende la leggerezza con cui non sei in grado di differenziare, e dai a tutti gli altri dei nazisti. Ma qui si ragiona per buoni e cattivi, ed evidentemente io devo appena essermi mossa nella direzione dei secondi. L’accusa di specismo non mi fa paura, temo molto di più la rozzezza.
Serena seguendo il tuo ragionamento possiamo arrivare a “differenziare” tra lo stupro di una donna e la violenza sessuale nei confronti di un uomo: del resto le società occidentali sono notoriamente patriarcali, il dominio maschile è alla base della cultura di cui siamo figli. Ed allo stesso modo “differenziamo” tra l’offesa ad un bambino italiano ed a un bambino rom… parafrasando te, viviamo in una società sciagurata in cui ci viene insegnato che i rom sono poco più che parassiti, e impieghiamo del tempo tutti per distaccarci da questo pregiudizio…. non so, ti pare qualcosa di lontanamente accettabile?
Io trovo che sminuire l’olocausto animale contemporaneo – quello si fa non ritenendolo degno di essere riconosciuto come tale e paragonato ai grandi eccidi del passato; così come giustificare/comprendere/contestualizzare sulla base di qualsiasi argomento gli oppressori vigliacchi che si impossessano dei loro corpi, è – questa sì – un’ offesa a tutte le vittime della storia, agli ebrei, ai rom, alle donne, agli omosessuali e a tutti quelli cui, in qualsiasi tempo e per qualsiasi ragione arbitraria, è stato negato il diritto alla vita ed alla libertà. Anche quelli hanno dovuto soggiacere alla decisione violenta di chi inseriva la loro morte entro un bel quadretto di giustificazioni, fini e contestualizzazioni e la riteneva perciò meno grave di qualcos’altro.
In realtà non è affatto così semplice come la fai tu, perché riguardo ad altri umani la società mette in piedi una sorta di comunicazione “double bind”: le carte dei diritti non fanno che ripetere sino alla nausea che tutti gli uomini sono uguali, così come del resto insegna anche il messaggio evangelico. Ma più che altro c’è una confusione alla base di quel che dite sia tu che Rita che mi sembra strettamente legata all’impostazione rigidamente moralistica da cui non riuscite a sganciarvi neanche per un attimo: differenziare è un gesto teorico assolutamente necessario che consente di calarsi più a fondo nella realtà e capire magari come fare a cambiarla. Da nessuna parte sta scritto che fare opportune distinzioni sia sinonimo di fornire giustificazioni. Spinoza diceva che, riguardo alle cose umane, prima di ridere, piangere o indignarsi, bisognerebbe capire. Ecco io credo che chi abbandona completamente la prospettiva umana per mettersi soltanto nei panni degli animali venga (comprensibilmente) accecato dal dolore, e rinunci a capire. Il malcelato ricatto ad accogliere il paragone con l’olocausto perché sennò mi renderei colpevole di sminuire la tragedia degli animali non mi sembra diverso da un lamento inarticolato, dal mugolio animale. E, come il mugolio animale, “parla” soltanto a chi gli è già sensibile. Non capisco perché usare frasi ad impatto che hanno il solo effetto di scaldare i cuori già roventi degli animalisti e allontanare tutti gli altri, quando avremmo tranquillamente gli strumenti per provare a fare altro. Senza contare che i nazisti non li si “sensibilizza”: gli si fa la guerra…
Rita, mi spieghi come fai a paragonare *decenni* o secoli di “lungo, graduale, subdolo processo di delegittimazione della cultura e popolazione ebraica” con una millenaria storia di oppressione che sta alla base stessa della civiltà? Come argomenta Witt-Stahl, le analogie sono puramente esteriori e non consentono un’adeguata comprensione di due fenomeni tanto diversi, soprattutto perché strappano il genocidio al suo contesto e lo spoliticizzano, diagnosticandolo come pura miseria etica. Una roba che urla vendetta al cielo, proprio. E deleteria per l’attivismo, aggiungerei, perché rimpolpa quel modo di ragionare sciatto (noi-loro buoni-cattivi nazisti-salvatori) che piace tanto agli animalisti e fa sì che essi siano sempre così violenti e ottusi nelle loro esternazioni.
Il fatto che tu non veda differenze tra bambini e animali perché sei antispecista (etica), non ha alcun effetto su chi non ha ragionato un po’ più seriamente sulla questione animale, anzi lo allontana da queste tematiche e ti qualifica ai suoi occhi come una povera fanatica, cosa che non credo aiuti una crescita del movimento.
Non è necessario tu inserisca precisazioni nell’ articolo, le nostre norme sottointendono la possibilità di vedute anche molto diverse tra loro, e infatti te l’ho chiesto semplicemente come “Serena”.
Serena,
senti, tirando in ballo il Dottor Mengele, e mi pareva evidente – visto che il mio era un articolo volto a pubblicizzare un evento e non tanto finalizzato all’analisi dello specismo o del Nazismo – ho inteso soprattutto evidenziare un’analogia tra i due orrori, quello appunto compiuto dal dottor Mengele nei confronti degli Ebrei e quello del vivisettore nei confronti degli animali. Ho scritto il Dottor Mengele perché è un nome che conoscono tutti, ma avrei potuto usare il nome di qualsiasi altro aguzzino della Storia.
Ora so bene che il secondo tipo di orrore non è percepibile dalla maggioranza poiché normalizzato, istituzionalizzato, accettato (ma anche negato e rimosso a causa della dissonanza cognitiva, per cui si preferisce negare aspetti della realtà o decidere di non volerli approfondire piuttosto che mettere in discussione le proprie convinzioni), ma proprio per questo a me pare fondamentale ribadire che invece tra i bambini-cavia seviziati da Mengele (o da qualsiasi altro aguzzino) e i topi (scimmie, cani, gatti, maiali, rane ecc.) seviziati nei laboratori oggi non c’è nessuna differenza. Il dolore è lo stesso. Quindi non c’è differenza nel dolore. E su questo verteva l’analogia, se avrai la pazienza di rileggere bene il mio pezzo (magari mettiti prima una copertina sulle spalle, visto mai dovresti effettivamente congelarti ;-))
In quanto a cosa sia bene e male per l’attivismo, ognuno ha le sue idee. Per me, ad esempio, è male continuare a voler porre sullo stesso piano di tutte le vittime del sistema anche i vivisettori e quindi sminuire il male che fanno in quanto, poverini, è la loro cultura che li porta a compiere certe scelte.
Per me il vivisettore non può essere messo sullo stesso piano della signora che inscientemente compra la carne e le scarpe in pelle semplicemente perché egli rappresenta l’autorevolezza e il potere scientifico e agisce la violenza con le proprie mani. E non mi dire che è come tutti noi che pure abbiamo partecipato del sistema di sfruttamento degli animali perché sai bene che moltissimi di noi, compresi gli specisti, gli onnivori – non mi riferisco quindi solamente a chi ha già una coscienza e sensibilità animalista – non riusciremmo mai nemmeno a entrarci dentro un laboratorio dove si effettua la vivisezione.
Io ti chiedo: hai visto le immagini della recente investigazione (risalente al 2012) compiuta all’interno di un laboratorio di una delle più famose e autorevoli università britanniche? Ma ti pare che quelle cose, quegli orrori non siano paragonabili agli orrori compiuti nei lager nazisti o in qualsiasi altro ambiente violento?
In questo sta l’analogia. Nel dolore, nella violenza. E che ci sarà mai di così sconvolgente nell’asserire questo?
Se poi qualcuno mi vedrà come una povera fanatica, pazienza, succede comunque, anche solo perché sono vegana e provo empatia per gli animali; in quanto al far dipendere la crescita o meno del movimento da una mia frase, beh, mi sopravvaluti. Non ho questo potere. Non ce l’abbiamo né io e né te. E’ in corso una consapevolezza nuova, credimi, che travalicherà ogni nostra volontà di dirigere il movimento in un modo piuttosto che in un altro.
Comunque io resto convinta di ciò che ho scritto; ripeto, non era mia intenzione compiere l’esegesi del Nazismo (ma dove l’hai letto, scusa), né dello specismo, ma solo di fare un’analogia tra il dolore delle vittime del Nazismo – e specificamente quelle finite in mano al Dottor Mengele – e tra quello delle vittime che finiscono nei laboratori dove si effettua la vivisezione.
A te dà fastidio pure che si adotti il termine “vivisezione” anziché il più neutro “sperimentazione animale” perché temi che si creino i presupposti per una “caccia alle streghe” nei confronti dei ricercatori/vivisettori; ma io invece empatizzo totalmente e completamente con il topo, è a lui, al suo dolore e angoscia che penso e dal suo punto di vista – perché questo significa mettersi nei panni del topo – il ricercatore/vivisettore è come il Dottor Mengele doveva essere visto all’epoca dai bambini-cavia.
Per me non è fanatismo, è anzi sanità mentale saper riconoscere questo orrore.
E guarda che molti sono contrari alla vivisezione, anche tanti specisti, onnivori, carnivori impenitenti perché ciò che avviene lì dentro scuote le coscienze persino di chi non ha poi tutta questa sensibilità verso gli animali. Ed è un bene. Perché, come sostengo sempre (pure se tu e Marco la pensate in maniera diversa da me), c’è sempre un punto da cui partire, nel senso che magari molti partiranno dall’indignazione per la vivisezione, per poi riflettere su tutto il resto dello sfruttamento animale.
Il pezzo non ho bisogno di rileggerlo perché l’ho inteso e anche molto bene. Leonardo fece una comparazione (anche quella agghiacciante, a mio avviso, per la nonchalance con la quale è stata formulata) tra il dolore delle vittime, affermando che Auschwitz è una “bazzecola” in confronto a quello che patiscono gli animali: tu hai fatto un’analogia tra chi agisce la violenza, non tra chi la subisce. “Il Dottor Mengele, nei confronti di chi sostiene, appoggia e pratica la vivisezione era un angelo”. Ma bene, diamo al ventre molle del movimento mostri orrendi davanti a cui sbavare di rabbia e di ribrezzo, che ce n’é bisogno. Ah, intanto che ci siamo dimoglieli anche ai fan della grigliatona della domenica, così c’avranno anche loro un bel capro espiatorio e potranno mettersi a posto la coscienza. Non proviamoci manco per sbaglio a spiegare che è in gioco l’indifferenza e non il sadismo. E non si tratta di dire “poverino” e sminuire il male che infligge chi testa e sperimenta su un ratto, ma di non cedere al facile ricatto di farne un mostro (e cos’è questa se non disumanizzazione? Cos’è il mostro se non una “belva”?), che rende tutto più facile e dannatamente sbagliato. Non credo nei mostri, oppure mi stanno simpatici, come il principe Carletto. Se io sono in grado di empatizzare con chi sostiene la SA, oltre che col topo, è solo colpa di chi inneggia alla gogna.
Non giocare sporco con me.
La frase che si riferisce al dottor Mengele è inserita in questo paragrafo: ” Non è vero dunque che di fronte agli utili ogni etica scompare, visto che inorridiremmo e insorgeremmo in massa al solo pensiero di poter compiere esperimenti cruenti sulle persone, eppure non riusciamo a estendere questo sentimento nei confronti di tutti gli altri animali non umani, capaci di soffrire esattamente come noi. Il Dottor Mengele, nei confronti di chi sostiene, appoggia e pratica la vivisezione era un angelo. Vengono uccisi migliaia di animali, anche primati, cani, gatti, conigli, maiali… spesso sottoposti a test ed esperimenti senza anestesia, come prevede la legge. Tutto ciò non è ammissibile.”
Si parla del dolore degli animali. Ovunque, in ogni mio articolo non si parla altro che del dolore degli animali e lo sai.
E non “gli do ai fan della grigliatona della domenica”, sai bene anche questo, quindi non ti permetto di farmi passare per ciò che non sono e di attribuirmi pensieri che non ho mai espresso. E meno male che appena poco fa ho scritto questo: “Per me il vivisettore non può essere messo sullo stesso piano della signora che inscientemente compra la carne e le scarpe in pelle semplicemente perché egli rappresenta l’autorevolezza e il potere scientifico e agisce la violenza con le proprie mani”.
Guarda che non riuscirai a farmi passare per l’animalista rozza e violenta – che non sono – finiscila dunque di attribuirmi, torno a ripetere, pensieri o frasi che non ho mai detto, né scritto, né pensato.
Non ho mai inneggiato alla gogna per il vivisettore, e lo sai. Solo cerco di rendere trasparente ciò che fa, parlo di ciò che fa, voglio scoperchiare gli orrori che sono dentro quelle scatole nere che si chiamano laboratori per la vivisezione.
Nessuna gogna, sono contraria alla pena di morte.
Io chiudo qui, non aggiungerò altro perché sei riuscita, con questi commenti e critiche – i quali, ripeto, avresti potuto farmeli in privato, sarebbe stato più di “garbo” – a distogliere l’attenzione dall’evento e non mi piace nemmeno un po’.
Quindi, se vuoi continuare, ti prego di scrivermi in privato.
Giocare sporco? L’avrai anche messo nero su bianco pensando al dolore degli animali, ma sta sotto gli occhi di tutti quello che hai scritto, ovvero che Mengele è un angelo in confronto a chi sostiene, appoggia e pratica la vivisezione. E’ un po’ difficile fraintendere un’affermazione del genere.
Non voglio farti passare per un’animalista rozza e violenta, né penso tu lo sia, ma credo che questo modo di qualificare chi fa sperimentazione o chi senza praticarla la sostiene assecondi proprio quel tipo di mentalità, fin troppo diffusa in ambiente animalista. E se le mie critiche non ti piacciono nemmeno un po’, a me non piace nemmeno un po’ che tu mi chieda di fartele in privato; dunque la finisco qui, ma credo sia un peccato.
P.S.:
Non sono passata sopra alle cavie di Mengele per promuovere una manifestazione. E’ esattamente questo il punto che ti sfugge. E ti sfugge perché non riesci a mettere sullo stesso piano il dolore del topo con quello dei bambini o degli umani in genere.
Comunque libera di pensarla come vuoi.
Come al solito abbiamo dato uno spettacolo indegno a chi ci legge. Queste critiche avresti potuto muovermele in privato e con ben più garbo, visto che ti pregi di essere una “vegana di garbo”.
Ma ovviamente la rozza sono io. 😀
Perché dovremmo nascondere queste cose e discuterne in privato? Io non credo di aver dato uno spettacolo indegno, oppure indegna è proprio la mia persona e allora non mi è concesso fare altro.
Non ho detto che tu sei una donna rozza, ho detto che se fare distinzioni, come è mio costume fare, comporta il rischio di essere accusata di specismo, lo preferisco alla sottile coercizione a ragionare in maniera indifferenziata (rozza).
Allora, innanzitutto c’era modo e modo di muovermi queste critiche, invece hai scelto dei toni che definire sprezzanti è poco.
“Rita, io mi chiedo con quale freddezza si possa scrivere una cosa del genere, fuori esplode la primavera ma io mi sento congelare.”
Addirittura?
Io invece continuerò a congelare di fronte alle immagini che mostrano ciò che avviene nei laboratori. E non intendo fare dei vivisettori dei “mostri”, come tu sostieni, perché mostruoso è già ciò che essi fanno; non sono io a farne dei mostri, è semmai ciò che fanno a qualificarli come tali (in quel che fanno, non in altri aspetti della loro vita). Sono mostri quando sono in laboratorio. A casa o in altri contesti saranno magari ottime persone, io questo non lo nego.
Intendo portare alla luce gli orrori che compiono e sempre il dolore degli animali. E se c’è un agente in carne e ossa che pratica questo orrore, ma che è colpa mia? Dovrei parlare dell’orrore della vivisezione senza menzionare chi lo pratica per timore che venga stigmatizzato socialmente? Dovrei parlare della vivisezione come di una tragedia neutra, senza fare distinzioni tra chi sceglie di fare obiezione di coscienza e chi invece sceglie di costruire una carriera proprio sulla pelle di questi poveri animali? No, invece, la vivisezione si combatte anche sensibilizzando l’opinione pubblica. Non solo decostruendo i meccanismi che la consentono.
E che mi importa se loro, i vivisettori, pensano che stiano “operando il bene”, tanti orrori sono stati compiuti nella storia convinti di agire per il bene, ciò non sposta di un millimetro il fatto che siano comunque orrori.
A me interessa parlare di questo e anche alla manifestazione si parlerà di questo.
Poi non capisco una cosa, se veramente a te stanno simpatici i mostri e empatizzi con loro, dunque dovresti empatizzare anche con il Dottor Mengele, quindi non capisco perché il mio avervi paragonato i vivisettori ti turbi tanto.
P.S.: evidentemente per te tra ciò che faceva Mengele e quello che fanno i vivisettori c’è troppa differenza.
Per me no.
Esiste l’obiezione di coscienza. Chi ogni giorno sceglie di “giocare” (eufemismo per gentile concessione) con la pelle di esseri senzienti, essendo medico, avendo quindi cognizione, consapevolezza, capacità di rendersi conto di quanto questi esseri soffrano (a meno che non siano rimasti ai tempi di Cartesio), conoscendo la loro biologia, le loro reazioni e risposte anche in termini di dolore (altrimenti non ci praticherebbero, ad esempio, gli esperimenti sul dolore), per me è come un dottor Mengele qualsiasi, anzi peggio sì, perché almeno dai lager nazisti qualcuno vivo, fortunatamente, è uscito; dai laboratori di vivisezione sai come escono gli animali? Hai mai visto video sulla decapitazione o l’uccisione per dislocazione delle vertebre?
Tu stringeresti le mani a chi pratica ciò? Solo perché un orrore è istituzionalizzato, non vuol dire che sia meno orrore.
Stringeresti la mano ai boia dei regimi dittatoriali?
Dunque empatizzeresti con Pinochet o altri del suo calibro?
Non vogliamo chiamarli mostri, ma vittime del sistema?
OK, ma alcuni sono più vittime di altri, Serena, come fai a non capirlo? Dunque anche Mengele era vittima del sistema nazista, ma, che dici, lo era più lui o i bambini-cavia?
Tra il vivisettore che torna a casa a pranzo accolto dalla famiglia e il topo che giace sul lettino di metallo, chi è più vittima?
Dai un’occhiata, se riesci a reggere per più di un minuto. E vediamo un po’ cosa è più raggelante, se la mia analogia o queste scene di ordinaria follia.
P.S.: spettacolo indegno, cui abbiamo partecipato tutte e due, perché questo era un post per diffondere un evento per commemorare la liberazione dei cuccioli da Green Hill e contro la vivisezione e non per mettersi a discutere se sia più giusto o meno il paragone con Mengele.
Ti sei messa a guardare il dito, anziché la luna che volevo indicare. Ma vabbè.
Rita, lasciami dire che, secondo me, l’hai presa un po’ troppo sul personale. Il mio tono non era “sprezzante”, se mai irruento, e continuo a ritenerlo del tutto giustificato data la pesantezza di ciò che hai scritto.
Se per te tutti i pro-SA, senza distinzione, sono uguali o perfino peggiori di Mengele, angelo al loro confronto, come puoi anche solo rivolgere la parola a un coscioniano come Litta Modigliani? Oppure ci parli senza stringergli la mano? Sì, probabilmente io lo farei. E ancora, come puoi restare in una redazione che pubblica contributi di Vallortigara? Fra l’altro, l’unica altra rivista italiana di critica antispecista pubblica pezzi di Vinciane Despret, etologa belga non del tutto contraria alla sperimentazione animale: un incubo, in pratica tutto l’antispecismo nostrano è connivente col nazismo.
Come vedi anche tu differenzi, e molto, tutti lo facciamo. Per fortuna.
Serena, non è la prima volta che mi attacchi in maniera “irruenta”, per poi ritirare la manina e dirmi che “la prendo un po’ troppo sul personale”. Allora la prossima volta modera la tua “irruenza”, così vedrai che ci manterremo su toni più neutri. E no, non sei giustificata ad usarlo. Usalo con i vivisettori, vista la pesantezza di ciò che fanno.
Ti sei domandata, ad esempio, perché la parola angelo, riferita al Mengele, sia in corsivo? Perché angelo era il soprannome che gli fu dato (“Der Todesengel”), come ricorderai, quindi, ho volutamente giocato con questo appellativo, non certo asserendo che fosse realmente un angelo in senso biblico (ossia buono). Ho messo a confronto una categoria di “professionisti” e una persona relativamente sotto l’aspetto degli orrori che compiono e che hanno compiuto. Inoltre, caso mai ti fosse sfuggito, il paragone non era affatto inteso a sminuire l’orrore che compiva Mengele, ma semmai a porre in evidenza quello compiuto nei confronti degli animali.
Bambini-cavia. Già, ciò che ci fa inorridire è che fossero usati come cavie. Perché i bambini, giustamente, non si usano come cavie. Ma le cavie invece? Il termine cavia ormai è entrato nell’uso comune per designare le vittime della sperimentazione animale e non si pensa mai che esso sia un nome comune di animale. Pensa un po’.
Non ho mai augurato, come ben sai, la morte ai vivisettori, né li definisco mostri, così come non definisco nemmeno Mengele un mostro, ma vittima anch’egli della mostruosa, questa sì, ideologia nazista. Ho detto che mostruoso è ciò che fanno.
Poi, me lo poi giustificare quanto vuoi (giusto stasera ho partecipato all’interessante conferenza di Annamaria Manzoni in cui cui ha fatto un elenco piuttosto esteso di tutti i meccanismi, inconsci o meno, che rendono possibile compiere la violenza sugli animali, quindi non è che non riconosca che il vivisettore sia convinto di agire per il bene, ecc., dico solo che ciò che effettivamente fa, pratica, è mostruoso e che non tutti sarebbero disposti a farlo, anzi, la maggior parte delle persone, come scritto ieri, nemmeno riuscirebbe ad affacciarsi un solo secondo sulla porta di un qualsiasi laboratorio; esiste poi anche l’obiezione di coscienza, dunque, se esiste, vuol dire che esiste anche un problema di coscienza che non può essere eluso facilmente nemmeno da chi normalizza certi orrori) ma sempre mostruoso rimane.
Comunque tu sei libera di pensarla come vuoi, io anche e ho trovato molto supponente da parte tua chiedermi di rimuovere una frase da un mio articolo, visto che io non mi sono mai permessa di venirti a dire cosa devi o non devi fare, pure quando ho trovato scritti pensieri sui quali non ero d’accordo.
Con Litta Modigliani non ho mai parlato della vivisezione, nemmeno sapevo fosse un coscioniano, pensa un po’, lo scopro ora.
E della redazione di Animal Studies abbiamo già discusso ampliamente, non trovi? Si è stabilito che ognuno curi il proprio numero e sia responsabile di ciò che fa. Quindi io non mi permetto di pontificare su ciò che fanno i singoli curatori, visto che, così come i singoli articoli di Asinus rispettano il pensiero dell’autore che li scrive, idem è per i numeri di Animal Studies. Di certo in un eventuale numero curato da me, non ci saranno interventi di vivisettori, se non per un contraddittorio. Potrei anche intervistare un macellaio, ma per contraddirlo comunque. E certamente posso fare dei commenti o muovere critiche, scrivere contro-articoli, ma mai chiedere di cancellare o rimuovere una frase o un pezzo (io non ho mai cancellato nemmeno un commento, per dire, cosa che invece tu hai fatto, di nuovo in relazione a un mio articolo, quindi di nuovo prendendoti libertà che io nei confronti di tuoi articoli non ho mai preso). Non mi ha dato fastidio il fatto che tu abbia mosso la tua critica a quella frase, ma la maniera in cui hai imbastito ed esposto il tutto e anche altre cose che hai voluto attribuirmi (per poi, ovviamente, ritirare la manina). E sì, sei sprezzante. Non te ne rendi conto, ma lo sei. O almeno lo percepisco io.
Come vedi poi io ho risposto sempre, argomentando, alle tue critiche, tu a tante domande che ti ho posto nemmeno hai risposto. Ti ho chiesto, ad esempio, vittima tra le vittime, è più vittima il vivisettore o il topo?
Non ti è chiara una cosa: io assumo sempre e solo la prospettiva animale.
E non tutto l’antispecismo nostrano è connivente con certi orrori che ricordano il Nazismo (le analogie non sono identificazioni, ricorda. Se dico che corro come un leopardo non sto asserendo che corro esattamente come un leopardo. Per esempio non è forse vero che gli Ebrei venivano trasportati come animali dentro i carri bestiame? Dunque se oggi dico che gli animali compiono i viaggi della morte analoghi a quelli degli Ebrei, cosa c’è di così inesatto?).
E infatti secondo me le analogie tra Olocausto degli Ebrei (o un qualsiasi altro Olocausto) e quello invisibile e normalizzato degli animali si possono fare eccome. Concordo sul fatto che non siano buone per comprendere adeguatamente entrambe i fenomeni, ma in un contesto in cui non si mira a compiere l’analisi dei due fenomeni, ma solo a parlare di un dolore, di una forma di violenza ecc. ritengo utile farle. Si suppone che noi tutti si sappia cosa sia stato il Nazismo, non è che stiamo parlando a bambini dell’asilo.
Se dico: “i randagi vengono gassati come venivano gassati gli Ebrei” non sto facendo un’analogia tra Nazismo e Specismo in generale, né sto identificando i due “fenomeni” (anzi, le due tragedie), solo contestualizzando semmai due forme di analoga violenza.
Per questo la tua critica secondo me è andata del tutto fuori tema, mi riferisco al tuo primo commento, quando parti in quarta dicendo che il paragone con l’Olocausto non regge. Non reggerà nel suo insieme, ma regge se prendo in esame alcuni aspetti, quale appunto il gassare o, per l’appunto, gli orrori in campo medico compiuti dal Dottor Mengele.
E comunque non auguro il male ai vivisettori, solo vorrei che smettessero di fare ciò che fanno e non ci sto all’accusa che mi muovi di ragionare in maniera grossolana o dividere il mondo in buoni e cattivi. Dunque perché attribuirmi forme di pensiero che non mi appartengono?
E la prossima volta, sii meno “irruenta” per favore, io cercherò di fare lo stesso con te.
Rita, ho smesso di chiedere autorizzazioni dall’età di diciottanni, non ho bisogno della tua per usare il tono che più mi è congeniale. E non nascondo la “manina”, non solo perché non ho una manina, ma anche e soprattutto perché non ci vedo proprio nulla di male nel contestare con veemenza una frase che continua a sembrarmi agghiacciante. Perché dovrebbe essere così supponente chiederti di levarla? Chi sei, Louis Ferdinand Céline? Se io scrivessi, mettiamo, una provocazione molto forte, e tu mi invitassi a rifletterci bene, o a correggerla, o anche a toglierla, io potrei capirlo. Sarebbe, indirettamente, un attestato di minima stima: nessuno si rivolge a chi considera un perfetto deficiente. Intendiamoci, magari non ti ascolterei, magari ti contesterei a mia volta, ma di certo non lo interpreterei come un intollerabile atto di lesa maestà. Questo, se mai, mi sembra estremamente supponente: invitarmi sottilmente a tenere per me certe cose. E che vuoi che ti dica, d’ora in poi lo farò, se devi turbarti così e tirare fuori la storia del vecchio commento cancellato all’autoestinzionista. Dovrebbe esserne felice, l’ho “estinto”.
Poi mi incalzi con la domanda chi è più vittima tra vivisettore e topo. Ti assicuro che non ho risposto solo perché mi sembra talmente una domanda del cazzo. E’ chiaro che chi infligge una violenza e chi la subisce non possano essere messi sullo stesso piano, mi sembra scontato. Ti sfido a trovare una frase dove io avrei sostenuto il contrario.
Lo so che non ti auguri il male dei “vivisettori”, non ti ho mai attribuito questo. Ma i tuoi giochi di parole su Mengele piaceranno soprattutto a chi ha una propensione alla forca.
Non preoccuparti, comunque, non c’è bisogno di chiedermi di essere “meno irruenta”: amo l’economia, sarò direttamente muta.
“Se io scrivessi, mettiamo, una provocazione molto forte, e tu mi invitassi a rifletterci bene, o a correggerla, o anche a toglierla, io potrei capirlo.”
Certo, ma io te lo avrei chiesto in ben altra maniera e non in maniera “irruenta”.
E non ti ho mai “invitato sottilmente a tenerti per te certe cose” (vedi che continui ad attribuirmi cose che non ho mai pensato?), solo di moderare i toni o al limite di comunicarmele in privato per evitare di rendere pubbliche discussioni personali tra noi, come questa.
Hai smesso dall’età di diciotto di chiedere autorizzazioni per qualcosa, bene, allora continua pure a usare toni “irruenti”, ma poi non lamentarti se le persone la prendono sul personale.
In questo dico che tiri il sasso e ritiri la mano.
Prima adotti certi toni, poi però, quando te lo si fa notare, allora accusi l’altro di prendersela troppo sul personale.
Ma poi che significa questa frase “ho smesso dall’età di diciotto anni ecc.”, ma qui parliamo di semplice buona educazione Serena, mica il fatto che tu non debba chiedere autorizzazioni, ti autorizza però a rivolgerti in maniera “irruenta”.