Terrorismo e umanismo. Due parole sulla liberazione delle cavie di Farmacologia – e l’antispecismo. Prima parte
di Antonio Volpe
«Tu non sei un cavallo, che cammina a quattro zampe. Tu sei un cittadino democratico. Tu non sei un cavallo. Tu non sei un cavallo. […] Tu puoi essere marchesista, anarchico, situazionista, Mao, Lin Biao, tu puoi leggere il libretto rosso, ma tu puoi fare tutto quello che vuoi! Tu non sei un cavallo!»
«Sotto ogni criminale può nascondersi un sovversivo, sotto ogni sovversivo può nascondersi un criminale!»
(Indagine su cittadino al di sopra di ogni sospetto)
1. Americanizzare il terrorismo
Bisogna attentamente riflettere su come e perché la liberazione di cavie dai laboratori del Dipartimento di Farmacologia dell’Università Statale di Milano di sabato 20 aprile sia stata bollata non solo da alcuni ricercatori, Federfauna e qualche piccolo movimento pro-vivisezione, ma persino da una certa parte della stampa nazionale – a fronte dell’articolazione nostro codice penale nelle sue fattispecie di reato – non come atto di danneggiamento aggravato, interruzione di attività, e reati similari, ma come atto di terrorismo. Il nostro ordinamento prevede il reato di terrorismo laddove si configurino atti o condotte di tipo associativo con fine di eversione dell’ordine democratico (le associazioni di stampo terroristico sono definite dall’articolo 270 bis del codice penale, come modificato e sostituito dall’articolo 1 della legge 15 dicembre 2001, n.438, propriamente come quelle «che si propongono il compimento di atti di violenza con finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine democratico»). La nostra costituzione, d’altra parte, all’articolo 18, comma 2, stabilisce che “sono proibite le associazioni segrete e quelle che perseguono, anche indirettamente, scopi politici mediante organizzazioni di carattere militare”. Il terrorismo, nell’ordinamento costituzionale e giuridico del nostro paese, implica insomma l’eversione, tramite atti o progetti di cui sia provata la natura eversiva, dell’ordine democratico dello Stato, mediante l’uso della violenza e delle armi. In un paese che ha conosciuto lo stragismo di Stato (provato dalle inchieste giudiziarie e dall’esito dei processi, al di là della possibilità di emettere sentenze), il terrorismo di sinistra e quello di destra, per non parlare dei tentativi di golpe autoritario e della costituzione di un vero e proprio stato parallelo costituito da membri di organizzazioni di estrema destra, servizi segreti e apparati dello stato stesso, per lo più ruotanti attorno a quella gigantesca macchina politico-militare chiamata Gladio-Stay Behind, l’utilizzo di questo termine dovrebbe richiamare a una cautela quasi esasperata, almeno – dico almeno – a fronte delle centinaia di vittime massacrate in nome dell’anticomunismo o della rivoluzione armata.
Più in generale, fra le tante definizioni che giuristi e politologi ci offrono del fenomeno, il nocciolo duro resta quello di una pratica mirata, attraverso l’uso delle armi contro vittime per lo più inermi e spesso scelte arbitrariamente, a diffondere il terrore in un gruppo o in una popolazione al fine di piegarli ai fini del progetto terroristico stesso. Esiste ovviamente una sterminata casistica di terrorismo di guerra, incluso poi nei reati di crimini di guerra e contro l’umanità, che comprendono bombardamenti indiscriminati, l’uso di armi vietate dalle convenzioni, stragi di civili, stupri etnici, e così via. Il fatto che la parte di pubblico ministero e insieme di giudice sia sempre stato appannaggio dei vincitori di guerre su larga scala o guerre civili, o di chi detiene il potere geopolitico e militare su parti o sull’interezza del pianeta non toglie che si possano considerare atti di terrorismo eventi mai passati per i tribunali – e, al contrario, atti di resistenza quelli che spesso vengono bollati come terroristici. Ma non è qui il caso di entrare nei dettagli della questione.
Che i media abbiano un bisogno fisiologico di inventare casi da stato di emergenza per attirare l’attenzione su di sé, che in questa corsa narcisista alla visibilità si muovano in perfetta sincronia con la megamacchina di ingegneria sociale che lavora alla normalizzazione poliziesca delle condotte individuali, lo sanno anche i sassi.
È anche chiaro che se in corso è quella guerra sulla pietà che Derrida identificò come lo scontro fra chi si (pre)occupa della sofferenza animale e chi non solo la nega, ma sbeffeggia i sentimenti di pietà e compassione dei primi, è inevitabile che i toni si facciano, a ogni tornata dello scontro, più aspri – quando non surreali.
Ma tutto questo non mi pare basti a spiegare l’utilizzo così disinvolto di un termine così pesante e gravido di implicazioni come terrorismo. Per comprendere la disinvoltura con cui in tanti, a partire appunto dai mass-media, si stiano servendo di una simile arma, in quasi assenza di voci di dissenso che non siano state animaliste – ma semplicemente democratiche, garantiste e intellettualmente oneste – mi pare siano da considerare alcuni dati politici empirici che non possono sfuggire a uno sguardo minimamente accorto. Esattamente un anno fa, l’americana Foundation for Biomedical Research lanciò una campagna in Italia a favore della sperimentazione animale. Immagino tutti ricordino i cartelloni affissi – io non ne ho mai visto uno, purtroppo, ma la campagna partì con un comunicato stampa molto dettagliato che ne illustrava ampiamente scopi e contenuti, tanto che si potrebbe ammettere che se anche i cartelloni non fossero mai stati affissi, il battage scatenato attorno alla campagna stessa sia stata una campagna a sua volta. Nei cartelloni veniva ritratto un topolino-cavia che spiegava in un fumetto a una bambina quanto prezioso fosse il proprio sacrificio alla ricerca biomedica, che le avrebbe garantito salute e lunga vita (addirittura: un giorno ti salverò la vita). Difficile da dimenticare, oltre per la sfacciataggine, per la doppia infantilizzazione del discorso (la modalità del fumetto, l’uso della bambina), che trattava i destinatari come idioti, incapaci di farsi opinioni serie attraverso un minimo di documentazione sulla questione, se non di studio – eggià, a volte la gente studia anche fuori dalla scuola. Eppure, come sapeva bene Foucault, il trucco dell’infantilizzazione funziona da secoli, se non da sempre. Perché laddove una materia si organizza in disciplina, in sapere, con tutto il suo apparato di concetti e linguaggi tecnici appannaggio di una casta di sapienti, chi è fuori da tale cerchia delega le proprie decisioni etiche ed ontologiche (su ciò che riguarda la natura, la struttura delle cose) a quelli che dovrebbero trattare non solo la propria materia, ma anche le sue implicazioni etiche, trattandole oggettivamente come fatti. In questo scivolamento dall’è vero all’è giusto i non tecnici, i non sapienti, si assoggettano a una vera e propria direzione di coscienza pastorale, si siedono ai banchi di prima elementare e accettano ogni semplificazione venga loro rifilata (l’infantilizzazione, appunto). In un tempo in cui la nuova religione è la scienza, o meglio qualsiasi cosa a cui si appiccichi questa etichetta, e la forma della fede l’adeguamento alla sua presunta oggettività, gli scienziati sono i sacerdoti di questa scuola di catechismo, che insegna non solo la natura delle cose (come se la scienza potesse dire tutto sulla realtà) ma anche la condotta morale a cui ciascuno dovrebbe sottomettersi.
Indimenticabile quel messaggio anche perché proprio a un animale non umano, a cui come a tutti i non umani, è rifiutata dalla nostra tradizione antropocentrica la facoltà di parlare (cioè di essere dotati di linguaggio), di rispondere – se non reattivamente, attraverso schemi comportamentali non intenzionali – e quindi di essere responsivi verso l’altro, e dunque di essere responsabili, incapaci di riconoscere i propri diritti perché incapaci di doveri (secondo uno schema che, per di più, giuridizza l’etica in maniera arbitraria), si mettevano in bocca parole non solo umane, ma umaniste, antropocentriche, che parossisticamente ribadivano il privilegio umano sulle altre specie, fino al delirio dell’enunciazione dell’autosacrificio da parte dello stesso – irresponsivo, irresponsabile – animale. In una negazione di quella negazione delle facoltà umane ai non umani, che arrivava a rappresentare – seppur in un messaggio per le prime elementari – l’animale a totale disposizione volontaria dell’uomo. Una dialettica del delirio antropocentrico, potremmo in effetti dire. Come se, per usare un esempio infraspecifico e razzista, a una donna afghana con in braccio il suo bambino venisse fatto dire alla bambina bianca e occidentale: “siamo felici di essere bombardati per il vostro bene, per il vostro benessere, per la vostra sicurezza, per la vostra way of life“. Come ha insegnato Foucault, il discorso infantilizzato fa da cerniera fra la scienza e il diritto, aprendo un campo in cui i discorsi di entrambi i saperi si mescolano a un lessico moralistico e suggestivo che mira direttamente alle coscienze, istituendo quel potere di normalizzazione che poi s’innesterà, pur nella discontinuità, nel biopotere.
Ma questi temi hanno bisogno di ben altro respiro – li riprenderemo – e qui vorremmo limitarci a quei collegamenti materiali di cui abbiamo cominciato a parlare sopra. Foundation for Biomedical Research è un’associazione no-profit che si dà come mission la divulgazione degli effetti positivi – “caritatevoli” – della sperimentazione animale. Più prosaicamente essa è un’interfaccia “sociale” della lobby del farmaco e degli interessi di ricercatori, medici e investitori – pubblici e privati – nel settore biomedico. Il suo presidente, Frankie Trull, è un noto lobbista che ha letteralmente dettato al governo Bush l’Animal Enterprise Terrorist Act del 2006, votata all’unanimità dal senato americano. Tale riforma, che modifica l’Animal Enterprise Protection Act del 1992, punisce severamente (più della precedente) qualsiasi azione che abbia per scopo il danneggiamento o l’interferenza con l’industria dello sfruttamento animale, qualsiasi atto di danneggiamento di proprietà pubblica o privata legata ad essa o che ne causi perdite economiche, l’intimidazione di persone coinvolte in tale industria e i danni fisici ad esse arrecate. Benché la riforma contenga una clausola che specifica come la riforma stessa non sia sta stata formulata allo scopo di colpire la libertà di espressione garantita dal Primo Emendamento (riferendosi per esempio a presidi e altre dimostrazioni pacifiche), essa è considerata a ragione una svolta draconiana nella persecuzione dell’attivismo animalista americano in generale. Ovviamente per i suoi effetti penali, moltiplicati (per alcuni reati specifici si prevedono pene fino a 10 anni). Ma anche per le eccezionalità giuridiche che essa produce: proprietà e persone coinvolte nell’industria dello sfruttamento animale acquisiscono uno status giuridico di immunità particolare la cui violazione si punisce se non al di fuori della penalità ordinaria, quantomeno lungo un suo bordo estremo. Inoltre la legge estende tale protezione eccezionale alle attività di vendita di animali e di prodotti di origine animale. Infine, essa permette l’utilizzo di qualsiasi forma di espressione di libera opinione (cioè parole, affermazioni, testi, discorsi) come possibile prova di una “condotta riferibile ad attività di cospirazione”. Non ci vuole Agamben per vedere in questa legge un mostro giuridico che di fatto, a fronte della dichiarazione del suo rispetto, fa carta straccia del Primo Emendamento e dei diritti e garanzie costituzionali che proteggono i cittadini americani dal possibili abusi dell’esercizio della legge In pratica, se io fossi un blogger animalista del Maine e affermassi, sul mio spazietto internet, qualcosa del tipo: «Non può venire alcun bene dal male che facciamo. La vivisezione è quella sorta di male che non dovremmo mai commettere», il giorno prima di un’azione di liberazione diretta compiuta in Florida, potrei esser indagato per “cospirazione al fine di danneggiare la ricerca medica con animali”. Benché l’affermazione di cui sopra sia una citazione da Gabbie Vuote di Tom Regan. In effetti questa legge ha colpito quasi subito, in particolare attivisti di SHAC. Almeno uno di essi, condannati e incarcerati, è in regime speciale di detenzione, lo stesso a cui sono sottoposti i terroristi islamici (o presunti tali) catturati dal 2001 ad oggi. Nessuno può nascondersi dietro a un dito: la legge di cui parliamo disciplina e punisce reati che vengono fatti cadere non sotto una categoria qualunque, ma sotto quella, estrema ed eccezionale, di terrorismo. Che, alla faccia delle discussioni sulla sua definizione accennati sopra, è ormai un feticcio che definisce uno spazio para-giuridico che si colloca ai bordi intrecciati del diritto penale e militare, e ai bordi del discorso propriamente giuridico e di quello militare intrecciati a loro volta con quelli del discorso medico, morale, politico e teologico, eccedendo ognuno di questi e le loro regole e dispositivi di funzionamento. Rispetto a questi ambiti, il discorso sul e del terrorismo (è una categoria liminare a dettare qui i discorsi e a farli funzionare) mette in scacco tutti gli altri discorsi sussumendoli allo stesso tempo. Per cui ogni discorso che abbia come oggetto la categoria “terrorismo”, e si articoli secondo i suoi dispositivi, può, per così dire, rapinare tutti quegli ambiti di discorso senza dover rendere conto delle e alle regole di funzionamento interne di quei discorsi specifici e distinti. È così che il terrorista non sarà mai propriamente un criminale o un prigioniero di guerra, o un nemico interno, o un cittadino colpevole di reati specifici, o un folle, o un “malvagio”, ma tutte queste cose insieme senza che chi enuncia il discorso che lo riguarda debba obbedire e rendere conto al diritto internazionale, al diritto penale della nazione di cui il terrorista è cittadino o “ospite”, e neanche al diritto di guerra così com’è articolato nella giurisprudenza militare interna a una giurisdizione di competenza. Né, chi pronuncia tale discorso, deve mantenersi alle categorie psichiatriche così come sono fissate nei manuali e nei trattati medici, alle regole e ai termini negoziati nei dibattiti etici fra filosofi, o alle regole e termini che filosofi e teologi negoziano per parlare del “male” metafisico, della “malvagità” e della “colpa” in senso extragiuridico, ecc… Potendo, del terrorista, dire di tutto, senza vincolarsi ad alcuna regolazione (giuridica, scientifica, filosofica), si apre la possibilità di fare, al terrorista, di tutto. Benché il reato di terrorismo, negli Stati Uniti, sia definito dall’ordinamento come “l’uso illecito della forza e della violenza contro persone o beni, al fine di intimidire od influenzare i governi o la popolazione civile”, restando vago sui fini di tale uso della violenza, e facendo diretto riferimento alla proprietà, la categoria è ormai tracimata dai suoi argini, trascinata dalla potenza di un discorso che si è fatto autonomo dai suoi ambiti di riferimento. Insomma, non basta quella definizione per innestarvi reati di ogni genere, tanto più che, appunto, siamo ormai su un punto liminare del diritto, se non su un piano completamente diverso. Che il discorso sul terrorismo non sia arrivato a modificare la legislazione o i principi dell’ordinamento di tutti i paesi del mondo, non significa che tale discorso non si sia mondializzato, a traino dell’11 settembre e degli attentati in Spagna e Gran Bretagna che ne sono seguiti, aprendo fenditure di eccezione in ambito giuridico e nelle prassi processuali.
La campagna ResearchSaves lanciata in Italia un anno dalla Foundation for Biomedical Research – come da comunicato diffuso attraverso le agenzie di stampa italiane – sarebbe del valore di molti milioni di dollari, avrebbe il sostegno delle principali istituzioni accademiche mondiali, da organizzazioni no-profit, ospedali, gruppi per la difesa dei malati e da grandi aziende del settore sanitario, oltre che da singoli donatori. ResearchSaves si definisce anche come “una coalizione internazionale di oltre 250.000 ricercatori biomedici, scienziati, medici, veterinari e studenti da 75 nazioni nel mondo che stanno lavorando per scoprire innovazioni scientifiche e mediche per migliorare le vite di uomini e animali. La maggior parte delle medicine, delle terapie, delle procedure e delle apparecchiature mediche sia per uomini che animali domestici vengono scoperte con ricerche biomediche… ricerca che salva. ResearchSaves è gestita da FBR Media, un’organizzazione di ricerca biomedica”. Quasi superfluo notare anche qui l’infanfilizzazione del discorso (sia per uomini che animali domestici; ricerca che salva…). La pagina web da cui si ricavano queste informazioni ( http://www.comunicati.net/comunicati/aziende/varie/213768.html ) è quella di un bando di concorso per borse di studio da 7.500 euro: il concorso consiste nella scrittura di un “tema” a scelta fra tre argomenti. Segnalo solo la traccia per il secondo, perché mi pare alquanto significativa:
– Gruppi per i diritti degli animali e Ricerca biomedica. Questo anno il Parlamento Italiano ha preso in esame una legge per proibire l’allevamento di alcune specie animali destinati alla ricerca medica. Si tratterebbe di un’azione senza precedenti, mai fatta prima inoltre culture occidentali e avrebbe riflessi gravi sulle università dedicate alla ricerca e sulle società impegnate nelle scoperte mediche in tutta Italia. La decisione di proibire l’allevamento di animali per la ricerca potrebbe avere le seguenti conseguenze: 1) L’Italia sarebbe considerata ostile alla ricerca medica e alle innovazioni. 2) I ricercatori universitari, che al momento sono impegnati in un grosso lavoro di scambio sulle scoperte nel campo della ricerca medica con ricercatori da tutto il mondo, non potranno continuare con le loro ricerche se hanno come oggetto le specie che il Parlamento sta prendendo in considerazione ora. 3) I giovani ricercatori e i futuri scienziati si trasferirebbero in altre nazioni, privando in questo modo l’Italia di molte menti giovani e brillanti. 4) Le società che dipendono dalle ricerche sugli animali per poter sviluppare innovazioni in campo medico – medicinali e apparecchiature nuove – trasferirebbero le loro strutture per la ricerca in altre nazioni. I costi per il paese sarebbero significativi: perdita di posti di lavoro, perdita di entrate fiscali, ecc. Una sana cura degli animali da ricerca è responsabilità sia degli allevatori che dei ricercatori. I governi chiedono che siano usati degli animali nelle ricerche eregolamentano gli elevati standard di cure di qualità e arricchimento che sono fornite da veterinari e dai dipendenti che si devono occupare degli animali. Che ruolo devono ricoprire i politici, gli scienziati, i medici di base, gli animalisti e i cittadini italiani nel determinare il futuro della ricerca biomedica con l’utilizzo di modelli animali?
Direi che anche in questa esagerazione parossistica ci troviamo di fronte a un’infantilizzazione del discorso, seppure a un livello un po’ diverso. Intanto più che la traccia per un testo sembra il testo stesso dettato parola per parola, certo la sua tesi: a chi scrive non resta che accoglierla, e proporre qualche tattica per una guerra già dichiarata. Chi fa il capo? Chi il soldato? Chi dà e chi prende ordini? Chi fa il nemico? A quali condizioni accettiamo la sua resa? Ma i ruoli insieme alle risposte sono già state dati, come in un indovinello per bambini. Insomma, il quadro, che racconta di un’escalation che va dalla limitazione (non abolizione, limitazione: la cui consistenza ed efficacia rispetto al famoso emendamento alla legge di ricezione della direttiva europea in materia di sperimentazione sono, per altro, tutte da dimostrare) della SA al tracollo economico della nazione è lo spregiudicato punto di partenza di ogni riflessione possibile. Per chi è coinvolto in vari modi nella SA le decisioni sono già prese, a meno di non volersi opporre all’ovvio e suicidarsi, trascinando con sé, come un kamikaze, tutti gli altri. Un delirio di cui ridere, se non si trattasse, come direbbe Foucault, di uno di quei discorsi che fanno ridere e uccidono. Di certo uccidono materialmente animali non umani, ma uccidono simbolicamente anche gli umani che si oppongono alla SA, stigmatizzandoli come terroristi, eversori dell’economia nazionale ecc… squalificandone quindi i discorsi (non solo quelli dei liberatori, ma degli antispecisti in generale, a meno che questi non si vogliano ridurre all’ultima ruota del carro della filiera della SA, proponendo qualche correzione dell’animal welfare). E apre la strada ad ucciderli giuridicamente, se fa presa, formalmente o informalmente, attraverso quelle crepe di eccezione di cui parlavamo sopra, la logica del terrorismo all’americana. Perché è proprio quella logica, il cui discorso come abbiamo visto tende a mondializzarsi, a cui si lavora perché s’innesti nei discorsi diffusi, e da qui nella pratica processuale, e infine, certo obliquamente, nell’ordinamento giuridico del nostro paese.
Non c’è bisogno – ed è improbabile – che in un paese come il nostro venga modificato il reato di terrorismo fino a includervi l’attivismo antispecista. Non solo per la fattispecie di reato che va sotto quel nome in Italia, cementato da circostanze storiche particolari, irripetibili. Ma anche perché in Italia l’attivismo antispecista non ha mai giustificato, attraverso i suoi atti, una simile curvatura interpretativa. A differenza che negli Stati Uniti o in Gran Bretagna, gli attivisti italiani non hanno mai avuto la sciagurata idea di usare le armi contro laboratori e macelli, né tantomeno contro le persone – in particolare ricercatori. Si tratta piuttosto, a conti fatti, di ottenere dal discorso diffuso e ormai confuso sul terrorismo il massimo possibile di criminalizzazione dell’attivismo in Italia. Rispetto alla differenza netta dei metodi di lotta degli attivisti italiani da quelli americani e britannici, e la sovrapposizione che si sta tentando di operare con ogni forzatura possibile, è bene notare che pure Pro-Test Italia – organizzazione che più di tutte ha fiancheggiato scienziati, ricercatori, media e opinione pubblica nella furia criminalizzante – sulla loro pagina Facebook aderenti o simpatizzanti richiamano, non a caso, la categoria di terrorismo – degli attivisti coinvolti nella liberazione delle cavie di Farmacologia, lasciando continuamente e poco velatamente intendere che chiunque si opponga, con qualsiasi mezzo (compresa la pura lotta di idee) alla SA, è un criminale in piccolo, e tutti gli animalisti criminali in potenza – è la filiazione di un’organizzazione più grande che – guarda caso – ha la sua base in Gran Bretagna – dove gli attentati, con uso di bombe, a scopo dimostrativo o di danneggiamento di proprietà, ma non solo (si pensi alle vicende dei primi ’90) ha una lunga e a volte triste storia; e negli Stati Uniti, dove pratiche simili sono entrate in collisione con le logiche di repressione più isteriche ed esagerate di tutti i paesi sedicenti democratici.
Il sito ufficiale di Pro-Test (l’organizzazione internazionale) sciorina la stessa melassa salvifica circa il ruolo della SA e criminalizzante (si introduce anche l’elemento dell’irrazionalità, come se idee non aderenti a chi la sostiene non avessero diritto di cittadinanza nel dibattito pubblico di un mondo “razionale” regolato da una certa scienza e sorvegliata dalla sua setta di sacerdoti) verso chi vi si oppone:
Pro-test was an Oxford-based group campaigning in favour of continued animal testing and in support of scientific research. We aimed to dispel the irrational myths promoted by anti-vivisectionists and to encourage people to stand up for science and human progress.
Miti e irrazionalità contro scienza (sempre razionale, ovviamente) e progresso (parola-feticcio, che allude a un nucleo indiscutibile quanto nebuloso attorno al quale si dovrebbe radunare un pubblico muto che fa sì sì con la testa, senza capire affatto di che si parla).
Non si sta dicendo che in questo scontro, in cui agiscono e parlano in troppi, tutti pianifichino una soluzione netta. Si tratta per lo più di tastare il terreno per sondare quanto cedevole esso possa essere, quanto effetto di criminalizzazione si possa ottenere in questo contesto. Ma il terreno si sta davvero mostrando cedevole, e gli effetti di scivolamento semantico e simbolico, attraverso le piazzate pubbliche dei gruppi pro-SA e il lavorio degli avamposti delle lobby americane, possono ottenere effetti materiali imprevedibili. O meglio: in parte prevedibili, benché non certi, e già pessimi. In parte, sul medio-lungo periodo ignoti: la sola traccia che abbiamo è che se il numero di antispecisti e animalisti, negli ultimi anni, è imprevidibilmente aumentato, e sono imprevedibilmente moltiplicate le loro pratiche, nonché la loro carica innovativa, la risposta del potere terrà – come sta già facendo – ben conto di questa escalation, preparando strumenti repressivi tanto imponenti quanto capillari.
Fra pochi giorni si terrà una manifestazione lanciata da Pro-Test e Federfauna in nome della difesa della ricerca, a cui confluiranno ricercatori, medici e probabilmente anche semplici cittadini per bene e molto indignati. Seguirà un ciclo di conferenze in cui si spiegheranno gli effetti benefici della ricerca scientifica sull’uomo e la necessità della SA. Non si capisce bene a chi, ma staremo a vedere gli effetti che questa “controffensiva” produrrà.
Ma per quale motivo, se in Italia non si mettono le bombe, se non si colpiscono fisicamente persone, tanta furia criminalizzante? La risposta può apparire paradossale solo a un cieco: proprio perché in Italia non si mettono le bombe. È la proliferazione di pratiche che eccedono quelle tradizionali del movimento, attingendo a pratiche di paesi come Francia e Spagna, persino innovandole, o innovando quelle consolidate, e insieme il sempre più accelerato abbandono della violenza, a spaventare non solo le lobby del farmaco e biomediche, ma l’intero sistema dello sfruttamento animale. Il passaggio dall’uso della forza fisica e tecnologica, a un universo di pratiche nonviolente – dai flash mob istantanei ai presidi in cui si mostrano animali uccisi, passando per le liberazioni in stile spagnolo (in cui ci si fotografa a volto scoperto dopo la liberazione), fino all’azione di Farmacologia, tutta svoltasi a volto scoperto, con il supporto democratico, plurale, degli attivisti all’esterno, a fare davvero paura. Intanto perché, ovviamente, è più facile tenere in galera bombaroli e utilizzare i loro gesti per screditare il movimento davanti all’opinione pubblica, dividerlo al suo interno, ecc… Ma soprattutto perché queste pratiche sono plurali nel senso del coinvolgimento di moltitudini, lasciandosi indietro la tradizione dell’azione elitaria, avanguardistica, e perché mettono in crisi il potere di reprimere ordinato nei codici. Il potere non è attaccato frontalmente, ma insidiato da ogni parte, eluso, messo in arresto, reso im-potente o quantomeno messo in imbarazzo fino alla soglia del suo blocco. Gli attivisti non sono più eroi, angeli ecc…, ma singoli esistenti che si “consegnano” al potere corpo e volto nella difesa di altri esistenti singolari, a cui viene estorta l’esistenza, appropriata al potere e alla legge. In questo modo essi fendono quel potere a cui si consegnano inermi. Come nel racconto Davanti alla legge di Kafka, contro a una legge che colonizza la vita, la vita si fa legge: secondo quella distinzione conflittuale che risale a Benjamin fra Diritto e Giustizia, dove il Diritto ratifica i rapporti di forza (e, oggi sappiamo, ogni volta che vi sussume una categoria prima esclusa – classe, genere, razza, ma anche categorie definibili in termini di provenienza, nazionalità, razionalità, ecc… – la sussume in posizione nascostamente gerarchica e in maniera sempre reversibile), e la Giustizia li scompagina, aprendo un varco nella normatività della legge (e quindi nella tassonomia delle categorie).
Senza considerare che in Italia esiste una produzione teorica antispecista invidiabile da tutti i paesi in cui l’antispecismo ha messo radici, anche in termini di pluralità di prospettive e proposte. Nonché la tendenza a legarsi a movimenti eterogenei, che non lottano lungo le faglie di specie, ma, appunto, di razza, di classe di genere, di status giuridico, antropologico e ontologico; e l’azzardo, perfino di dialogare con gli avversari, in un conflitto dialogico aperto. Anche questi caratteri destabilizzanti per il potere e il suo bisogno di codificare, ancora prima che giuridicamente, secondo categorie e tassonomia, le identità, le posizioni, le contiguità.
Ecco perché si tenta di travestire, innanzitutto attraverso discorsi securitari diffusi, i liberatori a volto scoperto, da teppisti e insieme da eversori, ecco perché si sfrutta il discorso terroristizzante globale per farveli cadere dentro simbolicamente e produrre un giro di vite securitario. Ecco perché i pro-SA tentano, parallelamente, di spostare il discorso sul piano scientifico, opponendo progresso ad oscurantismo, ragione e irrazionalità (e qualcuno di noi ancora ci casca, tentando semplicemente di rovesciare le posizioni: la SA è inutile e dannosa, ecc…).
E quando si passa al dibattito filosofico, si screditano a priori gli argomenti antispecisti, facendo leva su vecchi pregiudizi insostenibili e ridicoli, presentati in modo apodittico, senza argomentazione (p es Derrida era un nichilista, Adorno era marxista e il marxismo è morto, Deleuze non si capisce ed è tutto fumo, ecc…), impedendo ogni reale dibattito: anche quando gli argomenti sono primatologici, etologici, biologici, cognitivi (il caso di Kanzi è singolo e non generalizzabile, quell’etologo ha pregiudizi positivi verso gli animali, quel biologo non è in linea con i suoi colleghi…) si sciorinano falsità, si screditano i riferimenti, si fa leva su un’immaginaria comunità scientifica spacciata come compatta – come se, ammesso e non concesso che lo sia, questo garantirebbe la Verità. E così la verità, minuscola, di un conflitto dialogico è la prima a cadere, su questo campo di battaglia.
Ma questo è esattamente l’effetto che si vuole ottenere, perché il sistema di sfruttamento animale non intende dialogare – salvo rari casi, molto significativi benché complessi da leggere (un esempio è stato quello di Slow Foof) – ma opporsi a quello che potrebbe manifestarsi come l’inizio di un vero salto di paradigma, che non manderebbe in frantumi solo i rapporti vigenti fra animali umani e non umani, ma anche quelli fra gli umani stessi, l’ossessione a definire il proprio, l’autentico del vivente, attorno a cui costruire categorie e tassonomie gerarchizzanti. È il terrore della fine di un mondo deciso e definito dal dominio e dall’obbedienza, che comincia proprio con la scrittura delle tassonomie gerarchizzanti che attraversano l’umano come il confine fra umano e non umano. Non si teme tanto il rischio di un futuro inaudito in quanto tale e la sua imprevedibilità, né tanto meno i mitologemi dell’anarchia come caos o di una guerra civile planetaria. Quello che si teme è la fine della possibilità di dominare istituendo privilegi e immunità inviolabili. E di contro – paradossale ma non troppo, laddove il dovere all’obbedienza è introiettato grazie a un lavorio di secoli – l’impossibilità di essere condotti e guidati, ma gettati nelle relazioni e nella possibilità. Nella libertà.
Ciò che spaventa è il valore simbolico della liberazione di Farmacologia, la sua entità di rottura con l’ordine simbolico e materiale dominante. Per questo non è un caso che l’accesso che tale gesto vorrebbe aprire verso un dibattito pubblico sulla SA sia stato sabotato – come alla Statale di Milano -, rifiutato, o ingabbiato in spazi semi-neutralizzati. Quel che spaventa non è una violenza che non c’è, ma lo spostamento di sguardo che si può produrre a partire dall’incontro con i singoli esistenti animali – sia chiaro: anche umani – nella loro inerme irripetibilità, che manda in frantumi codici, categorie, ruoli, identità e rapporti predeterminati.
Questo è tanto più vero quanto più è sotto gli occhi di tutti che una controffensiva securitaria-repressiva è in atto contro tutti gli “irregolari” che il sistema produce a ritmo crescente: dai migranti, agli stranieri in generale, ai folli (per i quali ‘è sempre in ballo qualche disegno di legge rimanicomizzante), fino agli operai che lottano per il posto di lavoro contro cui si sono riattivate logiche padronali da anni ’50, addirittura rivendicate pubblicamente e contestate da pochissimi. E in generale verso tutti coloro che contestano il progetto di immiserimento nazionale e globale che utilizza la crisi come leva per ristrutturare i rapporti di forza socio-economici, e chi lotta, appunto, contro l’avvitamento securitario-repressivo che ad esso si accompagna. Dai semplici attivisti, ai simpatizzanti, ai docenti universitari, agli intellettuali, nessuno è escluso dal giro di vite reazionario, violentemente addomesticante, che da un decennio a questa parte ha conosciuto un’impennata sconcertante: basta tentare di mettere in discussione il paradigma del dominio, dall’esterno – come attraversatori di confini – o dall’interno – come dissidenti, per finire nel mirino di quei poteri disciplinari di cui parlava Foucault, che risaldati a una sovranità – politica e giuridica – sempre più brutale criminalizzano fino al silenzio qualsiasi pratica e voce di dissenso.
In chiusura di questa prima parte ritengo doveroso dire due parole sul vivo, della questione etica, politica, giuridica, circa la distinzione fra disobbedienza civile e non violenza da una parte, e violenza, teppismo, eversione, terrorismo (insomma tutto l’armamentario martellante messo in campo da una macchina del fango che si estende in ogni direzione) dall’altra.
Qualcuno ha scritto (poi ripreso migliaia di volte da chi ha riscritto, e riscritto il riscritto, ossessivamente, quasi in una catena inarrestabile di riflessi condizionati) che la disobbedienza civile la faceva Thoreau – suo padre teorico – rifiutando pubblicamente di pagare le tasse ad un governo schiavista ed espansionista – erano gli anni della guerra messicano-statunitense. Mentre gli attivisti di Fermare Green Hill si sarebbero comportati da semplici teppisti, creando soltanto danni alla ricerca e allo stato, danni economicamente enormi.
Ora, quello che sfugge a chi ha scritto e ripetuto queste cose, è qualcosa di ovvio: e cioè che non pagare le tasse genera un danno economico reale allo stato. E che quando ci si batte contro un sistema che legittima per legge e per morale diffusa una pratica o un atto che il disobbediente civile considera immorale, la risposta sarà, per un disobbediente antischiavista come per uno antispecista, la repressione. Una repressione innanzitutto retorica, che proprio nei danni economici generati dalla disobbedienza – insieme alla minaccia ai valori condivisi – troverà la prima leva criminalizzante. Se poi compiere una liberazione a volto scoperto davanti a ricercatori, passanti e telecamere non è di fatto una colossale autodenuncia, sinceramente mi vien da pensare che la razionalità e la logica tanto sbandierata da pro-SA, ricercatori, docenti, media e simpatizzanti vari, sia da tempo all’ammasso.
Qui non è in questione l’oggetto della disobbedienza – schiavi umani o non umani – e la sua legittimità – ne parleremo nella seconda parte. Ma la legittimità della disobbedienza in sé, che il potere – in senso diffuso, nella sua tessitura che va dallo stato ai gruppi d’interesse, all’opinione pubblica, alla società in generale con le sue credenze di riferimento, attraversandoli e connettendoli tutti – non può che voler delegittimare per autoconservarsi. In un sistema razzista come in uno specista.
Mi pare che a imporsi con evidenza sia come la messa in contrapposizione fra il verbo di Thoreau e dei suoi seguaci storici e le loro pratiche, e il gesto di liberazione di Farmacologia, contrapposti nei termini di disobbedienza e teppismo/eversione/terrorismo, sia il tipico pasticcio delle retoriche del potere, che, per quanto pasticciate, hanno presa sull’opinione pubblica qui e ora come negli Stati Uniti dello schiavismo e in quelli dell’apartheid di fatto contro cui lottava Martin Luther King, qui e ora come nell’India colonizzata dall’Impero Britannico. Qui come in Israele dove i refusenik vengono bollati come traditori e nemici dello stato. L’infantilizzazione dei discorsi produce realmente effetti reali e di grande penetrazione.
Ma proprio gli esempi citati da chi vorrebbe squalificare il gesto compiuto a Farmacologia evocano la stessa retorica con cui il potere ha tentato – e tenta – di squalificare e criminalizzare la disobbedienza civile, in ogni luogo e tempo essa si manifesti, torcendola in eversione. L’unica differenza del nostro tempo è, appunto, la cornucopia retorica del terrorismo, che massimizza gli effetti di tale criminalizzazione.
Se poi passiamo alla questione della nonviolenza, che alla stessa disobbedienza civile deve parte dei suoi natali, le retoriche che incontriamo sono le stesse: il nonviolento non danneggia la proprietà, non distrugge, si limita alla resistenza passiva, gandhianamente. Peccato che nei precetti nonviolenti di Gandhi figurasse il divieto di danneggiare i viventi e la proprietà privata del singolo cittadino, che dal danno economico avrebbe potuto ricevere un danno materiale ed esistenziale imprevedibile, come la riduzione in povertà. Ma non della proprietà di uno stato che impone legge ingiuste o di aziende che ammettono pratiche immorali. Cos’era il boicottaggio del commercio del sale, se non un gigantesco danno economico per l’Impero di Sua Maestà, in un tempo in cui l’imperialismo coloniale era considerato legittimo dalla gran parte degli occidentali e il boicottaggio era un reato ?
Ma un caso più adatto ai nostri tempi, a noi contemporaneo, è quello esemplare degli adivasi indiani – le popolazioni tribali – che praticando la lotta nonviolenta di marca gandhiana per difendersi dalle deportazioni e la distruzione delle loro terre imposte dall’ossessione dello stato indiano per la costruzione di dighe – l’India è il paese con il maggior numero di dighe al mondo, intorno alle quali, si può facilmente immaginare, ruotano interessi economici internazionali stratosferici – non si sono astenuti dal penetrate negli uffici di multinazionali a cui erano state appaltate le costruzioni di alcuni di questi – in tutti i sensi – ecomostri, e di gettare tutti i computer dalle finestre.
Dalla melassa delle retoriche del potere ci si può liberare, benché fino a che un certo potere non entri in declino, il suo martellamento retorico non cesserà. Ma è proprio questa pervicacia nella falsificazione e nella criminalizzazione violenta dell’avversario presentato come deviante (dai codici, dalla norma, dalla normalità, dalla razionalità e perfino dal consesso umano), che il potere – nei suoi centri, nel suo tessuto, nei suoi fasci di enunciati – mostra la propria fragilità strutturale. Tanto più urla, mente e avviluppa, tanto più esso manifesta il terrore del cambiamento che vorrebbe celare dietro alle maiuscole del Diritto, dell’Etica, della Legalità, del Rispetto, e così via nel suo diluvio retorico che – almeno finché quel potere regge – pare inarrestabile.
*La foto in apertura ritrae il Tempio di Karni Mata, nel Rajasthan, dove vivono centinaia di topi considerati reincarnazioni di bambini.
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[…] Terrorismo e umanismo. Due parole sulla liberazione delle cavie di Farmacologia – e l’antispecis…. […]
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[…] noi sono di disubbidienza civile come opera di delinquenti e terroristi. Anche qui, un bellissimo intervento di Antonio Volpe dice tutto quel che c’è da dire, ci pare. Potremmo aggiungere: anche le azioni […]
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[…] al fumetto, nei cartelloni della bambina e il topo di Foundation for Biomedical Research (vedi Terrorismo e umanismo. Due parole sulla liberazione delle cavie di Farmacologia – e l’an…). E che chi si immagina relegata ad un antico passato dell’uomo fraintende completamente, […]
“è bene notare che pure Pro-Test Italia – organizzazione che più di tutte ha alluvionato scienziati, ricercatori, media e opinione pubblica con l’etichetta di terroristi appiccicata agli attivisti coinvolti nella liberazione delle cavie di Farmacologia, lasciando continuamente e poco velatamente intendere che chiunque si opponga, con qualsiasi mezzo (compresa la pura lotta di idee) alla SA, è un terrorista in piccolo, e tutti gli animalisti terroristi in potenza – è la filiazione di un’organizzazione più grande che – guarda caso – ha la sua base in Gran Bretagna – dove gli attentati, con uso di bombe, a scopo dimostrativo o di danneggiamento di proprietà, ma non solo (si pensi alle vicende dei primi ’90) ha una lunga e a volte triste storia; e negli Stati Uniti, dove pratiche simili sono entrate in collisione con le logiche di repressione più isteriche ed esagerate di tutti i paesi sedicenti democratici.”
Ovviamente l’autore dovrà motivare questa sua bellissima uscita sull’associazione Pro-test Italia. Oppure no? Davvero, ha qualche prova di ciò che ha detto? Ho un giorno si è svegliato ed ha pensato “Oh, i pro-testers considerano tutti gli animalisti dei probabili “terroristi in piccolo””
Attendo risposta.
Lo dirò una volta sola. E non lo ripeterò più.
Se si segue il ragionamento, che non è poi così complicato, è chiaro che si sta dicendo che il concetto di terrorismo che si sta usando è stato torto e ritorto per farvi cadere dentro qualsiasi cosa.
Delle prese di posizione pubbliche e ufficiali sinceramente me ne faccio fino a un certo punto.
Se sulle vostre pagine permettete ad una prima fila di furiosi di sputare su tutto quello che vedono, perché li considerate degli sfigati che possono avanzare per farsi ammazzare e coprirvi le spalle – come le divisioni di afroamericani dell’esercito americano durante le guerre mondiali – senza moderare e censurare, la responsabilità è vostra.
Quella diventa la vostra voce, anche se le bocche sono quelle dei ‘cattivelli’ di cui vi servite per ingrossare le vostre file.
Rileggetevi un po’.
Riprendo un paio di frasi dalla vostra pagina FB, giusto ad esempio:
‘Wow, addirittura gli ALF. Gli stessi che sono considerati allo stesso livello della ELF (Earth Liberation Front), ovvero gruppi terroristi’
‘In US questa azione sarebbe stata considerata un atto terroristico’
Due frasi che dimostrano quello che dico: che si sta cercando di americanizzare il concetto di terrorismo.
Ed è questo che affermo, non che – è chiaro se uno legge – urliate al pericolo di bombe.
Ma rispondimi tu: voi di pro-test non vorreste una bella legislazione all’americana, contro gli animalisti?
Attendo risposta. Su questo.
(Oppure mi vuoi rispondere sul perché non moderate commenti insultanti, classisti e sessisti sotto la foto di una liberatrice, come:
– Utilzziamo questi babbei, no ???
– get a job you freak
– Che bella faccia da culo!!
– madonna che cesso…
E non mi si venga a dire a dire ‘ah, con quello che dicono degli animalisti…’
Perché io modero solo queste pagine, dove gli insulti non vengono tollerati.
Verso nessuno.
Ma no, lascia perdere. Consideriamolo solo un po’ di colore.
Rispondi alla domanda di cui sopra).
“Delle prese di posizione pubbliche e ufficiali sinceramente me ne faccio fino a un certo punto.”
Delle prese di posizioni pubbliche invece deve fregarsene anche “oltre” un certo punto, perchè qualsiasi associazione, organizzazione ecc non si giudica dai commenti letti su Internet, più precisamente su una pagina facebook, dove chiunque può scrivere tutto. Noi la pagina la moderiamo, ma non credo sia un suo problema questo.Inoltre anche gli admin hanno una vita, sa. Abbiamo più volte perso ore per a calmare gli animi ogni qualvolta si discuteva in modo acceso, in qualsiasi discussione sulla pagina facebook. E, lo ripeto, quello che viene scritto dagli utenti non c’entra assolutamente nulla con l’associazione, che essendo tale non vive su facebook ma nella realtà.
“Se sulle vostre pagine permettete ad una prima fila di furiosi di sputare su tutto quello che vedono, perché li considerate degli sfigati che possono avanzare per farsi ammazzare e coprirvi le spalle – come le divisioni di afroamericani dell’esercito americano durante le guerre mondiali – senza moderare e censurare, la responsabilità è vostra.”
Come già detto moderiamo e censuriamo, e la metafora con le divisioni afroamericane è davvero pessima, me lo lasci dire. Non abbiamo bisogno assolutamente di qualcuno che ci copra le spalle, grazie, ce la facciamo da soli a rispondere ed informare sulla realtà della sperimentazione animale.
È buffo notare ancora una volta che lei scrive “le vostre pagine”, ciò indica una generalizzazione dei pro-sperimentazione, e il generalizzare è proprio quelle che lei sta criticando. Che dire, paradossale perchè, ripeto anche io un’ultima volta, l’associazione ha un’unica pagina.
“Quella diventa la vostra voce, anche se le bocche sono quelle dei ‘cattivelli’ di cui vi servite per ingrossare le vostre file.”
Eh no, la nostra voce sappiamo bene qual è, non abbiamo bisogno che lei ci venga a spiegare quale deve essere. Le nostre file (?) intende i membri dell’associazione? O i fan della pagina? Mi sembra che lei ancora non faccia distinzione.
“Ma rispondimi tu: voi di pro-test non vorreste una bella legislazione all’americana, contro gli animalisti?”
No, questa è una cosa che ha inventato lei. Perchè l’Italia dovrebbe aver bisogno di una legge contro gli animalisti? Gli animalisti non sono una razza aliena da distruggere e, ripeto anche questo, per noi non sono tutti uguali. C’è chi è estremista e chi non lo è. Eh sì, ci preoccupiamo della frange estremiste, che ha da dire su questo?
Saluti.
ovviamente non ha da dire nulla.
perchè il terrorismo secondo lui è solo “prendere le armi contro civili inermi scelti a caso”, non, ad esempio, minacciare fisicamente di morte chi compie quotidianamenti il proprio lavoro, nel pieno rispetto delle regole a cui quella professione è sottoposta.
Sono terroristi i mandanti di certe zioni, che poi fisicamente non uccidono nessuno?
E’ terrorista chi dipinge chi ha opinioni diverse come un “nemico di abbattere per far vincere il bene”? E se poi qualcuno lo prende in parole e lo fa? (sono frasi tratte da leader dell’animalismo, non da semplici commentatori su internet, sono quelli che hanno “liberato” le cavie, condannandole a morte certa e orribile, ad aver portato ic artelli con scritto assassini o ad aver creato campagne pubblicitarie “shock” in cui paragonano mangiare un pollo al mangiare un bambino umano, NON I SEMPLICI ATTIVISTI, MA LE ASSOCIAZIONI, IN PROPRIO, A NOME LORO!)
Mi sembra che l’autore si smarchi troppo dalla secumera e dalla violenza di alcune frange animaliste e, ripeto, di molte associazioni che si professano tali, come hai sottolineato, pur osteggiando la generalizzazine, generalizza facendo intendere che tutti gli animalisti sono buoni e, quando non lo sono, lo fanno per una buona causa.
Per fare un esempio bislacco come quelli che fa lui, anche Pol Pot aveva buone ragioni per sterminare il suo stesso popolo.Questo lo esime forse dalle sue responsabilità per aver compiuto quegli atti?
Le “buone intenzioni” lastricano le strade dell’inferno.
Fino a prova contraria, le associazioni come Pro-Test Italia non hanno mai affermato in nome e per conto proprio che l’animalismo vada fermato “ad ogni costo”, semplicemente chiedono di essere rispettati ed ascoltati, perché, forse, ne hanno da dire più degli animalisti sull’argomento, essendone direttamente coinvolti (che non significa collusi, tanto quanto il dipendente di Madoff non è colpevole della sua truffa!)
L’autore non ha niente da dire, perché ama scrivere tanto per dire niente, per riempire di parole uno spazio vuoto che è quello della violenza tollerata, sttaciuta, giustificata, perché i soldati (specie quelli inconsapevoli) fanno comodo a qualsiasi causa!
E questo, in barba alla sua introduzione, É TERRORISMO!
Signor Formicola:
1. Lei non mi ha risposto e cerca di utilizzare un artificio (sviare il discorso) tanto infantile quanto evidente per non rispondere.
2. Nessuno degli attivisti cui è riconducibile l’azione del 20 aprile a Milano è minimamente apparentabile con “La Foresta che Avanza”. Dirò di più: a nessuna delle manifestazioni e a nessuno dei presidi organizzati dl Coordinamento Fermare Green Hill è stata presente l’organizzazione di Casa Pound. Non solo, il Coordinamento Fermare Green Hill è noto per avere sempre dichiarato la propria avversione alle organizzazioni “animaliste” riconducibili all’ideologia fascista in quanto chiaramente incompatibili con l’antispecismo.
Ha ancora 1 giorno e 23 ore per provare, questa volta, a rispondere …
Quanto a Federfauna, direi che l’abbinata ricercatori / allevatori di maiali / circensi / allevatori di animali da pelliccia è quanto di più tristemente esilarante la realtà possa riservare…
Se volete anche “nani e ballerine” basta chiedere.
“il Coordinamento Fermare Green Hill è noto per avere sempre dichiarato la propria avversione alle organizzazioni “animaliste” riconducibili all’ideologia fascista in quanto chiaramente incompatibili con l’antispecismo.”
quindi esistono associazioni di estrema destra, xenofobe, razziste, di stampo fascista, che si rifanno all’ideologia animalista e che supportano idee o compiono atti assimilabili al terrorismo.
allora non ho torto…
e ripeto, io ho sempre specificato “alcuni”, lei continua a dire “tutti”
saccheggiare un laboratorio distruggendo anni di ricerca in campo medico sulle malattie neurodegenerative è terrorismo.terrorismo nei confronti di civili inermi a cui è stata tolta la speranza, che è peggio che togliergli la vita.
se ne faccia LEI una ragione.
Signor Formicola.
Visto che cerca di distinguere tra l’Associazione e chi scrive sul blog, le segnalo che, probabilmente a sua insaputa (un novello Scaiola …..) Pro-Test, in occasione della manifestazione del 1° giugno, è “gemellata” con Resistenza Razionalista, il cui ideatore/fondatore, tal Marco Vinci, non fa altro che affermare le cose delle quali lei disconosce la paternità.
Pertanto le possibilità sono le seguenti:
– Pro-Test si associa a gruppi dei quali ignora totalmente le idee (quindi si associa giusto per “far numero”);
– Pro-Test conosce le idee di tali gruppi e fa fare ad essi il “lavoro sporco”, presentandosi con la faccia pulita e il “camice intonso”.
Entrambe tali ipotesi non sono, se vogliamo usare un eufemismo, “lusinghiere” per Pro-Test.
Se, invece, volessimo essere più diretti dovremmo dire che o Pro-Test non sa cosa fa o lo sa benissimo ed è caratterizzata da una enorme disonestà intellettuale.
Le lascio un paio di giorni per cercare di inventarsi una via d’uscita plausibile …
Due domande:
Vogliamo parlare degli animalisti che sono gemellati con “la foresta che avanza”, frangia animalista di quel grupo di buontemponi che va sotto il nome di Casapound e che, nel tempo libero, va a sprangare giovani che vanno a vedere concerti?
Parliamone!
tra l’altro resistenza razionalista non ha mai scritto “ammazziamo gli animalisti”, la sfido a provare il contrario.
al massimo scrivono che alcuni animalisti sono stupidi, perché pretendono di far diventare vegani i gatti…
direi che sono davvero stupidi…
mi dica lei cosa c’è che non va nel dare dello stupido a uno stupido.
La sua voglia di generalizzare le ha portato addirittura a dire che Pro-Test è “gemellata” con Resistenza Razionalista (che non è neanche un’associazione, sia chiaro) quando invece è solo presente il loro logo su un’immagine, e se legge bene c’è scritto “con la partecipazione di”. Sì, hanno partecipato ad organizzare per la manifestazione pubblicizzandola e dandoci una mano con i contatti. Insomma, lei fa lo stesso errore dell’autore di questo “articolo”, cioè accusa (si, è la parola giusta) l’associazione di considerare tutti gli animalisti dei “terroristi in piccolo” solo perchè un utente della pagina facebook (magari neanche iscritto) ha scritto che quello del 20 aprile è stato un atto terroristico. Vuole anche tirare fuori Federfauna e dirci che pro-test e a favore della caccia e dei circhi? Dai su, le cacci fuori tutte, ormai conosciamo a memoria tutti i tentativi di mettere in cattiva luce Pro-test Italia.
Come vede le ho risposto in pochi minuti, non ci vogliono due giorni per sapere cosa rispondere ad accuse infondate e disoneste.
Noi con la Foresta che Avanza non condividiamo neanche un logo su un flyer.
Voi con RR si.
La disonestà intellettuale è la sua.
Se ne faccia una ragione
quindi presumo che quando hanno protestato insieme a voi contro green hill, li abbiate allontanati.
O NO…?
e continua a paragonare Resistenza Razionalista (cioè un gruppo su facebook, di persone che mai hanno usato violenza) co un gruppo politico di estrema destra…
la confusione credo ce l’abbia lei in testa e, con quella si, dovrebbe scendere a patti.
Signor Stucco ha fatto la sua figura di guano ….
Quando i fascisti si sono presentati alle manifestazioni sono stati regolarmente allontanati.
L’ultima volta è accaduto il 20 ottobre 2012 alla manifestazione che si è tenuta a Correzzana contro Harlan.
La vicenda è stata ampiamente resocontata dai media e sui social network.
Pertanto:
1. Prima si informa
2. Poi parla
L’inversione dei fattori non beneficia, in questo caso, della proprietà commutativa evidenziando soltanto l’approssimazione intellettuale di chi parla di tutto sapendo nulla
Io ho detto Green Hill.
E certo che dopo che vi han fatto notare che andavate a braccetto coi fasci, avete dovuto prendere contro misure.
Questo non toglie che sia voi che loro siete della stessa dentica idea, mentre Pro-Test Italia è sul fronte opposto.
Mio nonno, che non era neanche partigiano, mi diceva sempre che se sei d’accordo con un fascista, o stai sbagliando o sei uno di loro.
Io, per mio conto, sono contro di loro in tutto, anche in questo frangente!
Lei?
mi sa dire la differenza fra questi due flyer?
sì, sono stati allontanati, chi c’era può confermarlo. Gli attivisti che conosco, inoltre non beneficiano neppure della partecipazione, del supporto, della condivisione di materiali con gruppi di estrema destra: è un compromesso impossibile
Mio padre è stato prigioniero dei nazisti …
Vuole sapere altro?
Quanto alla battaglia contro Green Hill, non si è aspettato Harlan per cacciare i fascisti dai cortei.
Ci sono video su internet che documentano tutti gli inizi dei cortei contro Green Hill.
Prima della partenza del corteo si è sempre detto che i fascisti non dovevano essere in corteo.
Le ribadisco che se non sa le cose dovrebbe stare zitto.
probabilmente lo direbbe anche suo nonno, dal quale invece ha imparato troppo poco
mi sa dire la differenza fra i movimenti?
dicono le stesse cose, usano la stessa retorica, fanno disinformazione allo steso modo, appoggiano le stesse cause, usano gli stessi slogan, in cosa si distinguerebbero?
“If it looks like a duck, swims like a duck, and quacks like a duck, then it probably is a duck.”
La differenza è che gli antispecisti lottano per una società senza schiavitù umana e animale. I gruppi di destra, che sono animalisti e non antispecisti, della schiavitù umana se ne fregano…
Sintetico ma efficace.
Lasci stare le papere ele citazioni in inglese.
Guardi che non è l’unico ad avere studiato. ….
“La differenza è che gli antispecisti lottano per una società senza schiavitù umana e animale. ”
quindi non comprate l’iphone?
questa frase, lei, come la inquadra?
“combattiamo l’allontanamento dell’uomo (soprattutto i più giovani) dalla natura. Quasi nessuno oramai conosce la fauna e la flora nazionali e, addirittura, locali. Affinché i bambini non credano che le mucche sono viola chiediamo un’educazione alla natura sin dall’infanzia, reputando che i principali autori di questo insegnamento vitale debbano essere le scuole, in special modo elementari e medie.”
in cosa differisce (a parte un italiano migliore) dalla dichiarazione degli animalisti italiani?
che nel loro statuto scrivono
“L’attività principale dell’Associazione, pertanto, consiste nel favorire lo sviluppo di un corretto rapporto uomo-animale, uomo-ambiente, uomo-uomo…” (art.4 dello Statuto).”
dove sta scritto che a “la foresta che avanza” la schiavitù umana non interessa?
Io non saprò le cose, ma lei
– non è bravo a spiegarsi
– non è bravo a portare argomenti
– non è bravo a screditare i gruppi che usano la vostra stessa propaganda
– non è bravo a nascondere la miriade di gruppi animalisti NON di destra che auspicano la fine dell’umanità in favore degli animali
– non è bravo a nascondere il fatto che praticamente tutti i gruppi animalisti definiscono l’uomo come “unico animali che uccide per piacere” falsificando la realtà
– non è bravo a fare autocritica, perché se avete gli stessi obiettivi di un gruppo estremista di destra, forse state sbagliando qualcosa.
Visto che la vedo in difficoltà, le do io la mio opinione.
Casapound ha come caratteristica principale quella di saper rubare a destra e manca ideologie e solgan “gente friendly”, basandosi sul fatto che stimolano reazioni emotive forti.
Pro-Test invece ha deciso di difendere “il necessario”, ora e domani, per il benessere presente e futuro di uomini E animali, anche se sono temi oggi impopolari.
Ecco dove sta il vostro fallo e perché siete attaccabili da questo punto di vista, non avete il contatto con la realtà e vi battete contro il nemico sbagliato.
Chi lavora per il progresso della scienza e della medicina (per uomini e animali, mi ripeto) non dovrebbe essere vostro nemico, bensì vostro alleato.
Invece vi trovate come alleato “scomodo” la foresta che avanza.
Noi lavoriamo per un’idea di progresso molto diversa dalla sua.
Se non lo ha ancora capito e pensa che la parola “progresso” abbia un unico significato (il suo) è talmente lontano dalla comprensione della complessità della realtà che neanche un corso intensivo tenuto da Edgar Morin potrebbe aiutarla.
Noi non siamo dalla stessa parte, se ne faccia una ragione.
Noi non abbiamo slogan people-friendly. Noi invitiamo le persone a cambiare il proprio paradigma di analisi della realtà, e questo non è mai friendly.
Voi fate affermazioni o il topo o la salute umana e questo è certamente più friendly.
Signor Stucco, se ne faccia una ragione, l’assimilazione del movimento antispecista a Casa Pound è una tale idiozia …
Mi dispiace darle una brutta notizia ma “o il topo o la salute umana” non è affatto friendly.
È solo la verità.
Le rammento che, di nuovo, si distacca dalla realtà parlando di nu mondo che non esiste.
Io credo fermamente che la pipì di unicorno renda immortali, ma, ahimè, gli unicorni non esistono.
Almeno così dicono, io continuo a crederci, ma questo non mi ha ancora fatto incontrare un unicorno, né mi ha reso immortale.
Accetti almeno la realtà che al circonda come tale, poi la può combattere quanto vuole, ma almeno dobbiam partire dal fatto che l’esistente esiste, l’immaginifico è nella nostra testa e solo lì.
“Noi lavoriamo per un’idea di progresso molto diversa dalla sua.”
tra l’altro, noi chi??
qule idea di progresso?
perché è sicuro che le nostre idee siano diverse, ma è anche sicuro che le mie hanno salvato miliardi di vite e ci han mandato nello spazio, le sue ci hanno dato cosa?
E cosa ci daranno in futuro (anche breve eh, son capaci tutti a dire “fra mille mila anni prevedo che…”)
Lo so anche io che tra 10 milioni di anni probabilmente saranno i robot a sperimentare su di noi, o i robot avranno raggiunto lo status di “persone” con diritt e doveri.
Ma ora le pare una cosa sensata manifestare per i diritti dei robot?
Sarete anche nu’avanguardia, sicuramente vi ci sentite, ma non avete frecce nel vostro arco, oltre la vostra retorica e la vostra fede.
In sostanza, non avete prodotto nulla di tangibile che non fosse già esistente.
E cosa ce ne facciamo di essere andati nello spazio?
il goretex
il teflon
le gomme al fluoro
i microprocessori
il peacemaker
e altre 30 mila applicazioni di uso quotidiano.
hai mai pensato di chiedere a google?
o non vuoi fare proprio nessuna fatica?
Raramente ho letto una serie così lunga di boiate….
Anche se esula dal discorso terrei a precisare che:
– il Gore-Tex era già stato brevettato per altri scopi quando fu utilizzato dagli equipaggi delle missioni spaziali;
– il Teflon è stato scoperto addirittura nel 1938, altro che missioni spaziali….
– il primo utilizzo dei microprocessori è stato militare e non ha nulla a che fare con le missioni spaziali
– il peacemaker è un negoziatore di pace, l’apparecchio medico si chiama pace-maker (….) e la sua scoperta non ha nulla a che fare con le missioni spaziali.
Tutto ciò premesso (e mi sembra abbastanza per mostrare la sua ignoranza abissale) penso che, anche qualora grazie alle missioni spaziali l’essere umano avesse creato il Gore-Tex e il Teflon, avremmo potuto benissimo vivere bene anche senza…. e questo era il senso della mia domanda retorica
bravo, sa leggere su wikipedia.
Anche la sovralimentazione (turbo) precede la formula 1, ma è proprio in formula 1 che fu usate e sperimentata, sotto enorme stress, provando che fosse pronto per la produzione di massa.
Invece l’effeto suolo fu abbandonato e reso illegale proprio perché non avrebbe mai potuto trovare applicazione pratica nelle auto di serie.
Secondo lei avrebbero usato il teflon, se non fosse stato un materiale già esistente?
Col rischio di mandare sulla Luna gli astronauti non protetti?
Ma fu proprio il test lunare a convincere le aziende ad adottarlo, è un bel test andare e tornare dalla Luna no? Significa che quella cosa funziona, no?
La domanda originale era: “cosa ci abbiamo guadagnato ad andare sulla Luna” io ho risposto.
Non ho mai detto “questa roba è stata inventata per andare sulla Luna” (questo lo afferma lei, se ne assuma la responsabilità!) ho detto la usiamo ogni giorno DOPO che la NASA l’ha portata sulla Luna.
Mi dispiace che lei abbia così gravi difetti di comprensione.
http://www.nasa.gov/missions/science/f_apollo_11_spinoff.html
Ovviamente la NASA come fonte è un po’ biased mi rendo conto, è molto più affidabile lei, di sicuro.
Non perda tempo a rispondere con altre cazzate simili a queste, la prego,
Il fatto che lei sia cieco e sordo rispetto a tutto ciò che la circonda ma non la interessa, non fa di lei un esperto.
Il fatto che protegga dei ladri chiamandoli con nomi affettuosi, la rende invece complice.
Complice dei terroristi.
Se ne faccia una ragione.
Quindi grazie al fatto che siamo andati sulla luna possiamo utilizzare quotidianamente il Gore-Tex, senza il quale probabilmente ci saremmo estinti ….
Caspita!
beh almeno ora non sostiene più che andare sulla Luna non sia servito a nulla, ma che a lei non interessano i risultati ottenuti.
Che è tutta un’altra storia.
uno a zero.
Ho anche citato il microchip, con cui lei ora scrive la sua opinione spacciandola per verità incontrovertibile.
Ma ha deciso di ignorarlo perché le sarebbe bruciato troppo dover ammettere che è più utile andare sulla Luna, che dare la il diritto di voto ai moscerini o ai topi.
É stato “un grande passo per l’umanità”.
Sicuramente 600 anni fa, dopo la scoperta dell’America, c’era qualche tronfio sciocco che asseriva “cosa ce ne facciamo di pomodori, patate, peperoni, mais e fagioli?”
Buon per noi che nessuno lo ascoltò, come nessuno dovrebbe ascoltare le sue farneticazioni.
E non dimentichi, con la nuova glaciazione in arrivo, il gore-tex potrebbe salvare molte vite, mentre invece distruggere i laboratori di ricerca, no.
Scritto eccellente!!!
@Bruno Formicola
A me pare evidente che se non ci fossero le vostre prime file insultanti a darvi supporto avreste molto meno secumera a delegittimare chi compie azioni nonviolente di disobbedienza civile, così come la produzione teorica antispecista.
Qui non è in questione la scientificità e la mera l’utilità della SA. Che neppure contesto.
Come non contesta un ampio filone, il più ampio e fecondo dell’antispecismo ‘teorico’. Non servirti di questi argomenti per spostare il piano del discorso, te ne prego.
Mi piacerebbe invece – questo è il tema – che sia gli insulti che i richiami al terrorismo sparissero dalle vostre pagine – intendile come pagine di un unico libro, che corrisponde alla vostra pagina Fb.
Troppo facile richiamarsi alle prese di posizione pubbliche se poi si è troppo ‘pigri’ per schiacciare un bottone e cancellare quello di detestabile e sviante che pubblicamente non condividete ma concedete di dire, a nome di che? Della libertà di parola? Tanto più che la pagina è UNA, come non fai che ripetere ossessivamente – ripeto quello che ho detto su vegani di garbo: è vero, il vostro sito non ha un forum, la vostra pagina E’ una, molto facile da gestire.
Oppure, se vi è tanto cara l’idea di una democrazia usata come spazio per urlare e insultare almeno prendete posizione pubblicamente, esplicitamente, contro l’equazione liberatori=terroristi, che d’altra parte Federfauna, con cui organizzate le manifestazioni di piazza, utilizza allegramente, insieme all’equazione animalisti=nazisti.
Perché le retoriche che instaurano l’ordine del discorso e l’ordine simbolico e materiale in cui ci muoviamo non passano solo attraverso le prese di posizione pubbliche: perciò che almeno queste ultime facciano chiarezza fino all’ossessione.
Sono invece felice che non vogliate un animal enterprise terrorist act all’Italiana. Questa è chiarezza, e ti ringrazio.
Il problema è che state giocando a un gioco più grande, molto più grande di voi, dagli esiti imprevedibili, in cui siete giocati. Non ne faccio una questione di responsabilità personali, ci mancherebbe. Piuttosto siamo tutti iscritti in un paradigma dalla crescente violenza securitaria repressiva, nonché nel discorso globale terroristicizzante, da cui non saltiamo fuori con la buona volontà. Ci siamo dentro.
Al più mi auguro, di nuovo, che facciate sempre il massimo di chiarezza e che vi scegliate i compagni di strada al riguardo più trasparenti e coerenti con le vostre posizioni. Federfauna, per esempio, ingrosserà pure le fila dei vostri cortei, ma non mi pare corrisponda a questi ‘standard’.
Se la cosa può facilitare il dialogo – sempre che tu non sia qui per meri interessi di bottega, soltanto per difendere Pro-Test – cambierò quel passaggio.
Resta una furia criminalizzante che non mi passa manco per la testa di smettere di denunciare.
Rileggiamo insieme le parole del mio commento: “se liberi un animale maltrattato (sia esso in laboratorio o in casa)”.
Se uno usa il proprio cane per i combattimenti, rientra ovviamente nella categoria dei maltrattamenti.
Vero, nessun cane ha chiesto di stare in casa con qualcuno. Mi chiedo allora quale topo si sia offerto volontario come cavia da laboratorio.
Offriti volontario tu, dunque, visto che a te l’LSD piace, mentre su animale ha effetti devastanti.
Mi pare molto poco arbitraria la considerazione sulla sorte che tocchi agli animali da laboratorio. Se poi per te essere oggetto di sperimentazione forzata non sia un maltrattamento, mi chiedo allora perché non ci sia la fila di gente a implorare: “Vi prego, sperimentate su di me! È una ficata!”.
Se pensi che un animale in casa mia viva male, ti basta trovare il modo di osservare con i tuoi occhi e poi valutare. Non serve alcuna arbitrarietà di giudizio: basta l’osservazione empirica.
Cosa che facciamo “noi bestie più delle bestie privi di umanità” nel caso degli animali da laboratorio.
Ma, a parte ciò, la frase “ci sono cavie che vengono semplicemente osservate nel lor agire quotidiano dopo che gli è stato somministrato LSD (pagherei pr essere quella cavia)” m fa dubitare che tu faccia solo finta di essere stupido, come ho pensato all’inizio.
Ciao,io sono antivivisezionista perchè ho malati di cancro in famiglia e molti progetti di ricerca sul cancro causato negli animali sono incommentabili….credo che molti siano antivivisezionisti per gli stessi miei motivi..ho provato a parlarne su resistenza razionalista ma spesso mi censurano..volevo dirvelo perchè ce l’hanno tanto con voi che ,secondo loro,li censurate e poi loro fanno peggio..peraltro nei commenti che mi hanno censurato non parlavo di animalismo ma citavo ricerche aberranti e ricercatori antivivisezionisti..la loro strategia e scagliarsi contro i facili commenti emotivi di pancia che sono la base del loro blog .. sembra proprio che temano e censurino argomentazioni logiche e razionali..per non parlare poi delle citazioni scientifiche..che bollano come bufale senza spiegare perchè e soprattutto senza specificare che titoli abbiano..
sono talmente sensibili e “a favore dei malati” che apostrofano i miei commenti..se questa è la classe medica che ha in mano la ricerca e quindi le speranze dei malati (e quindi dei miei parenti)sono veramente spaventata.
Credo che gli animalisti,come effetto collaterale positivo, stiano lottando anche in difesa della vera scienza e dei malati che ne trarrebbero benefici..anche se devo dire che molti animalisti sembrano non ferrati sugli argomenti che trattano e altri sembrano solo volersi sfogare tramite parole forti..
spero tanto che ci si accorga che si hanno a disposizione tutte le armi per distruggere la frasetta “preferisci un topo o un bambino” e tutto ciò che ci sta sotto quindi è stupido e controproducente dire “vivisettore di m..” ecc..
personalmente sto accumulando tutti i progetti di ricerca che includono vivisezione e che sono assolutamente antiscientifiche e inutili (se non per assicurarsi finanziamenti su finanziamenti per sempre) e li faccio leggere ad amici e parenti,affinche sempre meno persone donino a Telethon airc ecc
cordiali saluti
Interessante, anche se lunga, disquisizione.
Mi si dovrebbe spiegare succintamente però per quale motivo chi crede che la sperimentazione sugli animali sia Il minore dei mali, chiede permessi per praticarla sottostando alle leggi che tutelano le cavie da laboratorio, si piega, quindi, alle regole del vivere insieme, mentre invece gli attivisti animalisti possono imporre la loro visione scassinando porte ed appropriandosi di dati e proprietà private.
Se volete proporre la visione antispecista, fatelo utilizzando mezzi culturali. Se volete chiedere leggi per abolire la sperimentazione animale, fatelo usando mezzi legali. Ed aspettatevi di non ottenere sempre ciò che volete. Col dialogo ed Il confronto con chi la pensa diversamente da noi, si ottiene la “via di mezzo” necessaria per riuscire a rispondere a tutte le richieste.
Con I mezzi illegali che avete invece utilizzato all’istituto di farmacologia vi squalificate, andate contro tutto ciò che I nostri nonni hanno combattuto per ottenere: un sistema democratico in cui le regole del vivere in comune siano decise a maggioranza e non imposte da una minoranza.
Ma voi, mi pare di capire, una via di mezzo non la volete.
Se ci spieghi qual è la via di mezzo tra tortura e non tortura, saremo lieti di venire incontro al tuo anelito di legalità democratica.
La via di mezzo ? Si chiama dialogo.
potreste proporre di utilizzare gli animali per la sperimentazione solo quando questi sono insostituibili e, quando si sperimenta, utilizzare la specie animale più in alto rispetto alla tassonomia evolutiva, ergo, la prima che presenta il carattere da testare, in ordine dalla meno alla più evoluta.
Esattamente come da legislazione vigente, oserei dire.
Ora che ho spiegato, tocca a voi.
Ditemi come vi instaurate in un processo dialettico democratico.
Forse non hai capito: per “noi” gli animali non vanno utilizzati MAI e in NESSUN CASO, perché per “noi antispecisti” non esiste alcuna scala gerarchica che ponga l’uomo più degno di vivere di animali meno degni di vivere, e la tortura non è giustificabile MAI e in NESSUN CASO.
Essendo la sperimentazione su animali di fatto una forma di tortura, non è passibile di compromessi.
Non si può torturare “un po’, giusto qualche volta, piano piano”: o si tortura o non si tortura. E “noi” diciamo che NON SI DEVE TORTURARE NESSUNO, MAI.
Ma mi fa piacere sapere che il tuo processo dialettico democratico prevede casi in cui la tortura è accettabile.
“potreste proporre di utilizzare gli animali per la sperimentazione ecc… Esattamente come da legislazione vigente”
scusa, non capisco, dobbiamo proporre una cosa che è già ammessa dalla legge? cioè dovremmo scendere in strada e protestare per ottenere una cosa che è già riconosciuta dalla legge? Se questo tu lo chiami dialogo, io direi che è un dialogo già morto. Di solito la protesta serve per cambiare una situazione che non si accetta, non per fare passeggiate in piazza. Io, e quelli che la pensano come me, crediamo che la sofferenza inflitta deliberatamente ad esseri senzienti non può essere giustificata nell’ottica di evitare sofferenze ad esseri senzienti di un’altra specie. Almeno, io non ne vedo un motivo logico. E’ per questo che protestiamo. Possiamo dialogare, ma solo nell’ottica di arrivare progressivamente all’abolizione della SA. Ma poichè per voi l’abolizione non è ammissibile (o è ammissibile solo e se la ricerca un giorno potrà fare a meno dell’abuso su esseri senzienti non umani, il che significare semplicemente aggirare il problema), non è possibile neanche un dialogo.
“. Di solito la protesta serve per cambiare una situazione che non si accetta, non per fare passeggiate in piazza.”
sfasciare un laboratorio pubblico, finanziato con soldi pubblici, non è protesta, è vandalismo.
@ Simone Caronno
Lei sembra aver frainteso un concetto fondamentale: la liberazione animale e l’antispecismo non sono una questione di “gusti” da approvare per alzata di mano, bensì ideologie e teorie filosofiche tese a restituire la libertà proprio a quel terzo soggetto – sfruttato e ucciso – di cui lei sembra non tener conto: gli animali.
Non stiamo discutendo della democratica opportunità o meno di sperimentare sugli animali, stiamo proponendo una nuova visione della società in cui venga meno l’istituzionalizzazione della violenza sugli animali.
Il fatto che la maggioranza degli Italiani sia per l’appunto specista (un mero fatto descrittivo) non è un argomento perché è proprio a cambiare questo stato di cose che mira l’antispecismo.
Dunque la maggior parte delle persone si mostra violenta e dunque, poiché questo è lo stato dei fatti, dovremmo fregarcene della violenza e andarcene tutti a vivere su un’isola deserta? O non sarà piuttosto che faremo in modo di correggere ed eliminare il più possibile questa distorsione?
P.S.: se il dialogo bastasse, ce lo saremmo fatto bastare. Poiché non basta, ricorriamo alla disobbedienza civile, a nostre spese.
Lei avrebbe dialogato con Hitler?
Poiché non siamo violenti, consci che il fine non giustifica i mezzi, ma sono i mezzi semmai ad indicare il fine, non buttiamo bombe, ma mettiamo in atto strategie e azioni nonviolente, oltre al consueto attivismo volto all’informazione e a smascherare la mistificazione e la falsificazione messa in atto da associazioni, media e lobbies di potere che speculano sullo sfruttamento degli animali (non mi riferisco qui esclusivamente alla sperimentazione animale, ma in generale a tutta l’industria che si regge sullo sfruttamento animale).
“Lei avrebbe dialogato con Hitler?”
lo hanno fatto tutti, lo sappia.
o meglio, studi la storia di terza media.
ma con questa frase sta dicendo che chi sperimenta è Hitler, e invece Hitler è colui che, unico nella storia, abolì la sperimentazione animale.
Quindi in questo caso, Hitler siete voi.
Mentre non ho nessuna reticenza ad apprezzare le precisazioni come quelle di Aristarco, confesso di essere stufo di argomentazioni ad hominem, del tipo ‘anche tu hai le mani sporche di sangue perché usi il computer’, o assurdità come ‘il mondo ha scelto democraticamente lo specismo’, ecc…
Per questo continuo a moderare con una certa severità. Come ho già detto, la democrazia, anche nel conflitto, non è lo studio di Vespa.
Nessuno si offenda, ma in un mondo non liberato come quello in cui viviamo, in cui a non essere liberato è innanzitutto lo sguardo, vanno posti dei limiti perché chi vuole discutere, o anche litigare, seriamente, abbia uno spazio decente per farlo.
Se queste sono due parole, figuriamoci un discorso completo. E vedo che è solo la prima parte fin troppo prolisso per esprimere ciò che pensa sull’argomento
qualcuno parla di “morte certa e orribile” per le “cavie” che sono state liberate, morte di cui gli attivisti si dovrebbero assumere la responsabilità. Immagino che con il termine “cavia” si intenda gli animali liberati in genere, poiché non ho letto altra più specifica indicazione. Si sappia, allora, che tale pronostico è finora smentito dai fatti. Molte famiglie hanno adottato questi animali e, al momento, sono vivi e neppure tanto sofferenti. Il mio topolino, ad esempio, si trova presso la nostra famiglia dal 10 maggio scorso. Può darsi non vivrà a lungo, ma al momento sembra passarsela discretamente, mangiando con gusto e dormendo saporitamente, almeno all’apparenza. Certo, da Farmacologia, si è portato dietro gli acari, come tanti suoi compari. SI direbbe che la presenza di rogna sia un requisito importante per lo studio di patologie che colpiscono gli umani. Stiamo cercando di curargliela: chissà che tormento per lui, sentire che il prurito diminuisce progressivamente! Sarebbe questo il triste destino dei prigionieri liberati?
“Hitler abolì la sperimentazione animale, in questo caso, quindi, Hitler siete voi”. Ho capito bene? Sono questi i difensori della SA, a livello di opimione pubblica? Se è così, almeno al livello lontano dalle aziende e dalla politica ad esse sottomessa, la strada per l’anti-specismo non dovrebbe essere poi così in salita
“la strada per l’anti-specismo non dovrebbe essere poi così in salita”
Eppure, nonostante tutto, come dice il tuo amico Sdrammaturgo, siete meno dell’1%.
Sarà che quelle che dite voi sono anche peggio? 🙂
Seriously, Hitler abolì la sperimentazione animale (non per necessità), voi volete abolire la sperimentazione animale (non per necessità), io no, quindi cosa dovrebbe rendermi simile ad Hitler più di voi?
I baffi?
“o assurdità come ‘il mondo ha scelto democraticamente lo specismo’, ecc…”
la metta così, il mondo sarebbe potuto diventare antispecista, così come avremmo potuto avere 5 gambe.
Invece abbiamo due gambe e siamo specisti.
It’s evoution baby, evidentemente gli antispecisti non si riproducono abbastanza da portare avanti il gene antispecista.
Probabilmente perché non è funzionale alla sopravvivenza della specie, l’unica cosa che interessa al nostro DNA.
Deal with it…
“chissà che tormento per lui, sentire che il prurito diminuisce progressivamente”
Secondo lei come sono state sviluppate le cure che sta somministrando al suo amichetto rognoso?
Grazie all’intervento del divino WOW?
p.s.: come fa a sostenere che i topi abbiano preso la scabbia in laboratorio e non magari nel cesso di qualche vostro compare che ci teneva anche il cane, la sabbietta per il gatto e dio solo sa quale altra schifezza? (faccio così, per dire, generalizzo come fa lei… è facile, è gratis, perché non farlo? in un mondo come il vostro in cui l’unica prova che serve è la parola e la fede cieca, chiunque è pieno di prove, anche io 😀 )
Hitler abolì la sperimentazione animale semplicemente perché la sua visione del mondo, che contemplava esseri umani inferiori, gli consentiva di sperimentare direttamente sugli umani senza alcuna remora.
L’abolizione della sperimentazione animale si inseriva dunque in un contesto ideologico che prevedeva confini ben marcati tra gli esseri viventi e che non riservava affatto, come invece si cerca di far passare, un trattamento migliore agli animali (Hitler adorava i wurstel, tanto per dire….).
La posizione antispecista rifiuta qualsiasi linea di demarcazione perché la ritiene insostenibile sotto il profilo etico e perché ritiene che con la individuazione di confini (intra e interspecifici) sia iniziata la civiltà del dominio.
Pertanto tra un antispecista, che rifiuta qualsiasi distinzione e demarcazione, e lei, che invece le accetta, il più simile a Hitler è senz’altro lei, a prescindere dai baffi