Sul tetto per i diritti. Per non dimenticare i giorni delle grandi rivolte carcerarie
di Nujud Qitta
Sul tetto della fabbrica gli operai chiedono il loro salario, sul tetto dell’allevamento gli attivisti chiedono la liberazione animale, sul tetto del carcere i detenuti chiedono il rispetto dei propri diritti. Fenomeni diversi di quella disobbedienza civile che per funzionare deve essere sostenuta da una base possibilmente grande e forte.
Questi episodi vengono però accolti dalla pubblica opinione in modo differente. A Ciriè, in provincia di Torino, due operai sono saliti sul tetto della Krestotes per protestare contro dieci mesi senza stipendio. Come dar loro torto? Più complessa la questione degli attivisti che nell’ottobre di due anni fa sono saliti sul tetto dei capannoni di Green Hill, l’allevamento di cani destinati alla vivisezione di proprietà del colosso americano Marshall. “Questo lager deve chiudere!” era scritto sullo striscione. Come dar loro torto? Poche in effetti le voci contrarie. E in qualche modo la vicenda dei beagle è arrivata sulla stampa nazionale, avviando grandi cambiamenti per la vita dei cani reclusi e sfruttati.
Negli stessi giorni pigri d’agosto che vedevano gli operai di Cirè conquistare giusti spazi in cronaca più comprensione e solidarietà, i detenuti del carcere di Padova si ribellavano dopo il suicidio di un ventenne recluso tra quei 240 che occupano lo spazio progettato per 82.
Il fatto è raccontato dal Gazzettino. “Quando si vuol morire, ci si uccide con tutto. Anche un paio di lacci da scarpe possono diventare un cappio. Ma il suicidio non dovrebbe avvenire alla Casa circondariale di strada Due Palazzi dove i lacci per scarpe vengono requisiti ai detenuti all’entrata. E se a compiere il gesto è un ragazzo marocchino di vent’anni, detenuto per spaccio di hashish, e che prima di morire avrebbe litigato con un agente di polizia penitenziaria, è rivolta. Una rivolta che è iniziata ieri pomeriggio quando alla Casa circondariale è arrivata dall’ospedale Sant’Antonio la notizia del decesso del giovane. I 240 detenuti in attesa di giudizio, la maggior parte extracomunitari, si sono ribellati durante l’ora d’aria. Una ribellione senza precedenti che si è conclusa solo a tarda ora. Nella casa circondariale sono arrivati tutti. Carabinieri, polizia, il pubblico ministero Federica Baccaglini. E quando si è fatto buio sono arrivate anche le squadre dei vigili del fuoco, impegnate ad illuminare il cortile del carcere dove i detenuti non sono mai rientrati dall’ora d’aria”.
Chi è che se n’è accorto? A cosa servono le rivolte in carcere? Cosa pensa la gente di questi episodi? L’opinione pubblica è al corrente che i detenuti sono trattati farmacologicamente? Con quegli stessi psicofarmaci testati sui cani di Green Hill, sui gatti di nessuno, sulle scimmie prigioniere, sui topi che sono gli ultimi degli ultimi.
“Non ci saranno rivolte e grandi scioperi delle carceri – scrive Adriano Sofri – perché il loro oggi è un popolo di vinti e di divisi, di schiacciati, in pochissimi hanno la forza di rivendicare un diritto, fosse anche solo una branda al posto di un materasso lurido sul suolo. Intanto chiederanno qualche goccia in più di psicofarmaco o si tagliuzzeranno le braccia o la pancia. Non c’è da preoccuparsene dunque, per il momento”.
Che differenza con la grande rivolta nel penitenziario dell’Asinara, che si svolgeva nell’agosto di 35 anni fa. Dopo una settimana di rivolta, la direzione del carcere concede il rientro di tutti coloro che erano stati messi in isolamento nel cosiddetto “bunker” (il nome dice tutto), decide per il raddoppio dell’ora d’aria, assicura che non vi saranno altri trasferimenti al “bunker”, si dichiara disponibile all’autodeterminazione della composizione delle celle, si dichiara aperta anche alla possibilità di effettuare un colloquio mensile senza vetri. Afferma in un’intervista Horst Fantazzini, uno dei protagonisti della sommossa: “Parlare di lotte in carcere oggi è come riesumare dolcemente ricordi da un sarcofago, tanto è il cambiamento verificatosi, negli ultimi quindici anni, del luogo e dei suoi disperati abitanti. Dal sarcofago emergono i ritratti d’uomini ch’erano vivi ed orgogliosi ma che sono stati piegati, spezzati, dispersi. Uomini che rivendicavano con passione la loro dignità e cercavano senza mediazioni la loro libertà. Uomini che sono morti sui tetti durante le rivolte e che nessuno ricorda più. Uomini che, nell’incontro con i primi compagni incarcerati, avevano scoperto che la vita e la lotta possono avere significati più alti dei loro piccoli desideri ed egoismi”.
E mi viene da pensare che oggi i detenuti proprio come i cani di Green Hill hanno bisogno della solidarietà e dell’aiuto esterno di tutti. Gli stessi attivisti per i diritti degli animali dovrebbero essere i primi a rendersene conto.
De detenuti non importa nulla a nessuno, neanche ai cosiddetti animalisti, tra loro ce ne sono molti che sostengono di effettuare gli esperimenti proprio sui carcerati.
Errata Corrige
Dei…
Tra gli animalisti ce ne sono “alcuni” e non molti che hanno questa idea balorba della sperimentazione su “alcuni” carcerati, rei di crimini molto particolari, quali la pedofinila. Anche tra i non animalisti ci sono persone che auspicano la tortura di questi soggetti a prescindere da usi costruttivi dei loro corpi. Senza parlare della diffusa idea di usare i carcerati per lavori forzati o che sia meglio eliminarli piuttoscto che mantenergli vitto ed alloggio.
Solitamente i tuoi interventi sono di più alto livello Francesco.
Non ne sono alcuni ne sono molti rispetto al campione. Gli animalisti in italia saranno come stima conservativa il 6% della popolazione se li si fa coincidere con i vegetariani, ora l’incidenza della posizione chiamiamola così forcaiola è molto più alta su un campione ridotto che su un campione esteso come quello italiano nel complesso, anche considerando la stima per eccesso. Quindi matematicamente è esatto dire che sono molti. Il problema è che per chi propone l’uguaglianza di tutti gli esseri senzienti sono anche troppi. Tra l’altro la cosa mi sembra essere stata sollevata dagli autori del blog come uno dei limiti dell’animalismo, anzi hanno voluto sottolineare che loro sono “Antispecisti Politici”.
E’ molto più facile trovare cosiddetti specisti sensibili ai diritti dei lavoratori, alle condizioni carcerarie, alla libertà d’espressione e allo stesso tempo sensibili alle condizioni di vita degli animali da macello e sperimentazione, altrettanto non vedo nel mondo animalista, per molti o è bianco o è nero. E il fatto che l’unico commento a questo articolo sia di uno specista la dice lunga.
Ad esempio sull’articolo contro la censura a Garattini ci sono, escludendo qualche pro-sperimentazione animale e me, 9 nick di cui 3 giustificano la censura a Garattini arrivando ad un bel 33% e su un sito che chiaramente prende le distanze figurarsi un un sito animalista medio. Sui piccoli numeri incidono molto le posizioni forcaiole.
E sono stato onesto se provassi a fare la statistica su siti come Geapress o una pagina Fb animalista otterrei percentuali >50%, se poi andassi sulla pagina pro-sa lì praticamente il 100% propone le torture per gli sperimentatori e i carcerati. Direi che prendo il 33% come limite inferiore. Fossero stati il 4% tipo gli scienziati che ritengono la s.a. inutile l’avrei considerato una semplice fluttuazione statistica priva di significatività, gli stupidi ci sono ovunque, anche tra gli scienziati.
Ma ‘ste statistiche le hai fatte a occhio o sulla base di ricerche accurate?
No, perché a me a occhio risulta che la maggior parte di noi sia anche anticarceraria e si occupi di antispecismo nell’ambito di un interesse politico più ampio (anarchico, nel mio caso e in quello di tanti altri), con tutto ciò che ne consegue: attenzione a detenuti, lavoratori, sfruttati in senso lato.
A occhio ti posso dire pure che “molti antispecisti sono forcaioli” suona come “molti neri hanno il ritmo nel sangue”.
Sdrammaturgo hai visto che non hai capito un cavolo, ho scritto animalisti, non antispecisti. Eppure qui ci tengono alla distinzione.
Sdrammaturgo
Leggi i commenti su pagine tipo Animal Amnesty, esci dal tuo orticello di anarchici e antispecisti politici e vedrai che più del 50% dei commenti è antiumanista: c’è chi festeggia del torero incornato, chi dell’operaio che ha perso il posto perché la multinazionale sfruttatrice di animali, chi vuole censurare le manifestazioni pro-sa, chi si crede un’eroe perché ha interrotto la conferenza dove Garattini sta spiegando come funziona il cervello umano (che c’entra con la sperimentazione animale?).
Se l’antispecismo è un fenomeno filosofico intellettuale l’animalismo almeno quello che è diventato è un fenomeno piccolo borghese e benestante.
Allora riformulo: non sono così tanti come credi neppure gli animalisti che sostengono di effettuare esperimenti sui carcerati.
Il campione che prendi in considerazione tu non è quello della categoria degli animalisti, bensì degli “animalisti incollati a Facebook che sbraitano tramite commenti”. Stiamo già parlando di una tipologia umana a sé stante.
Per il torero incornato dal toro poi festeggio pure io. Non vedo che somiglianza ci sia tra lui e l’operaio. È chiaro che se fallisce una multinazionale sfruttatrice sono contento, ma non è che sono contento perché degli operai moriranno di fame.
Il caso del torero è completamente diverso: c’è un ricco aguzzino che sta per uccidere a scopi ludici un animale e un animale che si difende. Non vedo perché non dovrei gioire se la vittima innocente si difende come può.
Errata corrige:
pedofilia 😛
Allora sono daccordo con te Francesco, sopratutto se nella schiera degli animalisti aggiungiamo anche i canari, le gattare, i cacciatori e gli allevatori. Tutti abbondantemente contrari alla vivisezione, amanti degli animali e piuttosto forcaioli. Ne parlavo giusto qualche mese fa con un mio collega di lavoro, neoPadrone di una barboncina di razza, di una decina di canarini e di uno splendido acquario d’acqua dolce. Molto favorevole all’uso dei carcerati per la SA. Molto amante della porchetta di Ariccia.