Cosmo

di Joe Fallisi

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Etica e morale significano esattamente la stessa cosa(1) e già il concetto generale di giustizia(2) è superiore, perché dalle consuetudini normate (transeunti e relative ai vari gruppi umani)(3) essa può e deve persino prescindere. Un qualunque vivisettore non è “privo di etica”, se con questo termine si intende ciò che esso designa: costume che si fa regola. Allo stesso modo, per fare un altro esempio, l’infibulazione è “etica” in alcuni contesti tribali, ma non per questo cessa di rappresentare una delle forme più atroci di violenza sulle donne. Non di etica, infatti, o di morale hanno bisogno gli esseri viventi, ma di equità(4), principio – e possibile sentimento comune – rispetto alla giustizia ancora più alto e meno relativo(5). La cui base ritengo si possa trovare, paradossalmente, nella visione della natura non umana. Su di essa noi riversiamo l’immagine del “male”, del “non senso” elaborata dalla nostra coscienza/falsa coscienza specifica (coscienza infelice)(6). Nondimeno continua a vivere come meraviglioso insieme di organismi in perenne trasformazione armonica ed equilibrio, unione di cosmi, COSMO(7).

Il concetto di equo rimanda, in senso unitario, a quello di “equilibrio”(8), di “armonia”(9), e, appunto, di “cosmo”(10). E il “meraviglioso insieme” di cui sopra rimane tale – può essere percepito e valutato in questi termini – anche in presenza di sofferenza e dolore(11), che sono, per qualunque ambito della manifestazione, elementi intrinseci alla vita, così come, del resto, il piacere e la gioia (su questo terreno, in relazione alla critica dell’ideologia consolatoria falsificante la realtà, Nietzsche ha scritto pagine di fuoco(12)). Sta di fatto che ogni complesso strutturato e vario di organismi viventi non-umani offre alla contemplazione non proiettiva un’immagine di bellezza cosmica, cioè di armonia profonda in perpetuo divenire-equilibrio(13). Dove ogni forma che nasce e muore si integra in modo organico alle altre, nessuna impone su tutte la propria tirannia, né, tanto meno, tende a distruggere l’oikos, la casa comune, e/o a sostitituirla con un suo simulacro fantasmatico. L’animale umano, viceversa – in modo specialissimo la “razza padrona” dell’uomo pallido negli ultimi cinque secoli –, è proprio questo che fa in virtù del suo cervello prodigioso e tremendo e di una volontà di potenza che ha ormai come suo fine esplicito quello di non averne.

Le ideologie del “sol dell’avvenire” si sono dissolte come ectoplasmi e proprio quelle che hanno fornito il supporto e la giustificazione allo “sviluppo” e al “progresso” risultano sempre più al servizio della macchina divorante, ormai senza freno, mondo, bios, uomini, animali, natura. Adorno, anche lui accusato d’essere “reazionario”, “nostalgico”, vedeva-denunciava la ratio dell’illuminismo trasformarsi nel mostro che avrebbe portato alla reificazione definitiva delle anime e dei corpi: da mezzo grandioso di liberazione ad ancella prima, “scientifica”, della tirannia e dello status quo. Questo processo è oggi talmente approfondito e generalizzato che sembra persino folle poterlo mettere in discussione al di là del chiacchiere, perché tutti ci troviamo dentro l’ingranaggio, chiusi nella cupola di piombo… macinati, lavorati, plasmati… Così, non è illogico che  provengano in gran parte da ambiti “tradizionali”, capaci, nel loro immobilismo, di mantenere un freno e una sorta di barriera alla corsa disastrosa, spunti critici utili a fare qualche minima breccia. Il tirannoantropo ora si contempla con orrore e vede in sé, invece del dio in terra “laico” ed  “emancipatore”, un disgraziato, un poveraccio delirante, malatissimo, servo volontario e devastatore il cui telos è la pura astrazione, il nulla(14). Ma, piuttosto che invertire la rotta catastrofica, produce nuova falsa coscienza. Non gli servirà a niente.

Marx, Bakunin, Kropotkin, i rivoluzionari dell’800-900 quasi senza eccezione (al di fuori dei Naturiens(15) e di pochissimi altri), non percepivano e neanche presentivano l’impatto sempre più catastrofico del “progresso” umano nei confronti del mondo. Si auguravano-immaginavano, tutti loro, con l’occhio puntato esclusivamente sull’uomo e la sua storia, un possibile avvenire radioso sol che quest’ultimo fosse riuscito a sbarazzarsi delle catene di classe. Senza rendersi conto che quei ceppi avevano a loro volta radici antichissime e sempre nuove nella tirannia infinita sulle altre specie e che la natura stessa, concepita come riserva di caccia, “bestia”-cosa da domare e riplasmare a piacimento e pozzo cui attingere senza tregua, un giorno (molto presto) avrebbe comunque presentato il conto. Non solo non è giunta la palingenesi della società, ma il tempo delle loro speranze è stato seguìto, in rapida successione, da due massacri mondiali. Quel tentativo, quell’ipotesi, con tutte le sue grandezze, verità e illusioni, è dietro le nostre spalle. Nessun esorcismo, nessuna preghiera o giaculatoria ridarà vita ai morti.

NOTE

(1) Cfr. http://www.etimo.it/?term=etica&find=Cercahttp://www.etimo.it/?term=morale&find=Cerca.

(2) Cfr. http://www.etimo.it/?term=giure&find=Cercahttp://www.etimo.it/?term=giusto&find=Cercahttp://www.etimo.it/?term=giustizia&find=Cerca.

 (3) Il termine “norma” (donde “normale”, “normalità”, “normalizzare”, “normalizzatore”, normalizzazione”, “normare”, “normativa”, “normativismo”, “normatività”, “normativo”, “normatore”, “normazione”), dal “lat. NORMA squadra per misurare gli angoli retti, e figurat. regola” (http://www.etimo.it/?term=norma&find=Cerca), indica un preciso canone di comportamento che ha per base (ed  esito) la consuetudine e viene adottato/imposto/condiviso a scopi eminentemente pratici.

(4) Cfr. http://www.etimo.it/?term=equo&find=Cerca.

(5) “L’esigenza di ristabilire l’equilibrio infranto la ritroviamo fin dalla più remota antichità e l’antichità della giustizia ebbe generalmente una concezione naturalistica. Dai pitagorici, che consideravano il numero come simbolo dell’armonia cosmica e le azioni umane come riflesso di questa sulla terra e nel numero elevato al quadrato vedevano l’espressione teorica più pura della giustizia (equità e parità: distribuzione e retribuzione ‘pari per pari’); a Platone che la riteneva, piuttosto che un concetto astratto, un’entità reale, un’ipostasi, la virtù capace, all’interno e fuori dell’individuo, di produrre l’armonica concordanza fra le tre parti (razionale, irascibile, concupiscibile) dell’anima, così come fra le tre classi sociali che nella sua visione ad esse corrispondono; ad Aristotele che si riferiva (per primo) alle idee di uguaglianza e di ‘giusto mezzo’, per cui la virtù consiste nell’armonia e nell’equidistanza che ‘media’ tra l’eccesso e il difetto; agli stoici che ritenevano i rapporti umani regolati da una vera e propria ‘legge naturale’, che come Provvidenza guida e governa il mondo; ai romani che questa stessa legge chiamarono ‘diritto delle genti’. E’ solo con il torvo avvento del cristianesimo che si affaccia e impone una concezione ‘spiritualistica’ della giustizia, in base alla quale il suo fondamento non è più la legge naturale, ma la ‘volontà di Dio’, secondo i suoi imperscrutabili disegni. ‘Giusto’ è ciò che Dio vuole, secondo S. Agostino, giusto è l’uniformarsi a quella volontà senza volto. La ‘norma’ diviene il comandamento di Dio e l’ossequio ad esso il primo, anzi l’unico, dovere. Interpretato e amministrato, come ben sappiamo, dalla nera pretaglia.” (http://it.groups.yahoo.com/group/libertari/message/93154). “Il ‘diritto romano’ in quanto tale è stato messo da secoli, qui in Italia, nella naftalina. Compare qua e là. Si studia, come un reperto archeologico, nelle lezioni di ‘storia’ e di ‘Istituzioni’ nelle facoltà di Giurisprudenza. In realtà già la riforma di Giustiniano lo aveva squassato e svilito. Nell’Occidente europeo furono poi i ‘codex’ dei Longobardi e dei Franchi e renderlo una poltiglia indecifrabile.  Sia da Oriente che da Occidente, tali ‘riforme’ portarono ad un trasferimento – degenerativo – del valore base del Diritto romano. Nell’antichità  le forme e la sostanza del diritto, infatti discendevano da un minimo comun denominatore fondamentale: l’equità, l’aequitas. Quel diritto universale, di base, ‘orizzontale’, tangibile, comune, fu sostituito dal concetto di ‘giustizia’: un’astrazione. La giustizia, grazie a quei ‘riformatori’, non era più espressione di uno stato sostanziale, ma di una decisione dall’alto, ‘deliberata’. Nel nome di chi – imperatore o vescovo – rappresentava la volontà di un Dio e delle sue divisioni tra ciò che era il ‘bene’ e ciò che era il ‘male’. Un ‘dio’ pervasivo, totalitario.” (http://www.ereticamente.net/2012/02/steno-lamonica-intervista-il-direttore.html). La giustizia è innanzi tutto di specie, poi di classe, di Stato e soggetta a mille condizionamenti. In virtù dell’ottica specista che vige in tutte le legislazioni del mondo, la vivisezione sugli animali non umani è ammessa come pratica lecita e perfino indispensabile – e tuttavia la legge stessa incorpora la necessità, anche se minima, di “attenuare” questo atto tirannico, regolamentandolo in qualche modo, togliendolo all’arbitrio totale; quanto all’infibulazione, evidente sopruso intraspecifico, essa viene ormai generalmente considerata per quello che è in ogni codice, al di là delle usanze locali.

(6) Cfr. http://it.groups.yahoo.com/group/libertari/message/100557.

(7) L’uomo, (almeno) a partire dall’Homo habilis, si è cibato normalmente anche di carne (e pesce), oltre che, soprattutto, di elementi nutritivi tratti dal regno vegetale (cfr. http://www.lescienze.it/news/2013/06/08/news/dieta_paleolitica_errori_cacciatori_raccoglitori-1692125/?ref=nl-%20Le-Scienze_14-06-2013). Ciò non lo fa di certo “carnivoro”, ma “onnivoro” sì (pur non essendo in effetti, dal punto di vista dell’anatomia e fisiologia comparate, né carnivoro, né onnivoro, né erbivoro, cfr. http://www.viveremeglio.org/0_tavola/09_carnivoro.htm). E’ molto probabile che la sua adattabilità e plasticità nel mangiare abbia origini ancora più remote, in un genere di ominidi precedente (per quel che ne sappiamo i primi in assoluto): gli Australopitechi, primati già con postura eretta, locomozione bipede (“[negli australopitechi] l’evoluzione di un’andatura bipede non è stata influenzata in modo significativo dall’aumento in capacità della scatola cranica e quindi dall’accrescimento dell’intelligenza (…). La spiegazione più accreditata per l’acquisizione di un’andatura bipede vuole questa caratteristica come un adattamento all’avanzata della savana in seguito ai cambiamenti climatici che interessarono l’Africa centro-orientale attorno ai 10 milioni di anni fa [la fuoriuscita dalla foresta e il processo di adattamento continuò sino a circa 5 milioni di anni or sono]: l’andatura eretta consentiva agli australopitechi di ergersi al di sopra dell’erba alta ed osservare agevolmente i dintorni, individuando fonti di cibo o di pericolo. (…) Si pensa (…) che l’andatura bipede fosse già in fase di acquisizione quando la savana lambì le aree dove vivevano i progenitori degli australopitechi: osservando due specie di scimmie antropomorfe attuali, come l’orango e lo scimpanzé, si nota infatti che il primo tende letteralmente a camminare orizzontalmente fra i rami, muovendosi su di essi con le sole zampe posteriori e mantenendosi alle liane ed ai rami verticali con le braccia, mentre il secondo si arrampica verticalmente abbracciando il ramo e puntellandosi con le zampe posteriori. Si può quindi pensare che nei primi australopitechi la forte muscolatura delle gambe fosse stata evoluta come adattamento al movimento orizzontale sui rami della volta arborea (…), e che in un secondo momento essa sia tornata assai utile per muoversi al suolo nelle sterminate pianure africane.”, http://it.wikipedia.org/wiki/Australopithecus. Cfr. http://www.lescienze.it/news/2008/03/20/news/il_bipedismo_6_milioni_di_anni_fa-580086/http://www.lescienze.it/news/2010/03/22/news/una_camminata_elegante_per_lucy_-556719/) e dentatura non più propriamente scimmiesca, vissuti tra i 4,2 milioni e 1,2 milioni di anni fa. I due gruppi in cui vengono distinte tali scimmie antropomorfe sono quello “delle forme robuste” e quello “delle forme gracili”. Il secondo, più antico, aveva già un’alimentazione varia, cioè non (solo) vegetaliana. E la maggior parte degli antropologi ritiene che la linea evolutiva che ha portato all’uomo moderno, Homo sapiens  (cfr. http://en.wikipedia.org/wiki/Homo_sapiens), comprenda le specie di tipo gracile, A. anamensisA. africanus ed A. afarensis; gli altri australopiteci si sarebbero evoluti lungo una linea parallela, che si sarebbe estinta circa 1.2 milione di anni fa (cfr. http://en.wikipedia.org/wiki/Australopithecushttp://en.wikipedia.org/wiki/Australopithecus_anamensishttp://en.wikipedia.org/wiki/Australopithecus_africanushttp://en.wikipedia.org/wiki/Australopithecus_afarensis). Quanto alla nostra specie, “for hundreds of thousands of years Homo sapiens employed (and some tribes still do depend on) a hunter-gatherer method as their primary means of food collection, involving combining stationary plant and fungal food sources (such as fruits, grains, tubers, and mushrooms) with wild game – http://en.wikipedia.org/wiki/Game_(food) – which must be hunted and killed in order to be consumed. It is believed that humans have used fire to prepare and cook (http://en.wikipedia.org/wiki/Cooking) food prior to eating since the time of their divergence from Homo erectus (http://en.wikipedia.org/wiki/Homo_erectus). Humans are omnivorous (http://en.wikipedia.org/wiki/Omnivorous), capable of consuming both plant and animal products. A view of humans as omnivores is supported by the evidence that either a pure animal or a pure vegetable diet can lead to deficiency diseases (http://en.wikipedia.org/wiki/Deficiency_diseases) in humans. A pure animal diet, for instance, may lead to scurvy (http://en.wikipedia.org/wiki/Scurvy), a vitamin C deficiency, while a pure plant diet may lead to vitamin B12 (http://en.wikipedia.org/wiki/Vitamin_B12) deficiency (‘Healthy choices on a vegan diet’. Vegan Society. Retrievd on 2007-02-14). However, properly planned vegetarian (http://en.wikipedia.org/wiki/Vegetarianism) and vegan (http://en.wikipedia.org/wiki/Veganism) diets, often in conjunction with B12 supplements, have been found to completely satisfy nutritional needs in every stage of life (…)” (http://en.wikipedia.org/wiki/Human). Forse i primati simili alle scimmie antropomorfe e possibili progenitori di queste ultime e quindi anche nostri, che vissero nella foresta tra i 20 e i 10 (5) milioni di anni or sono (cfr. http://en.wikipedia.org/wiki/Human_evolution) furono davvero soltanto frugivori – lo sono rimasti, per esempio, l’aoto dal ventre grigio, il lemure dalla coda ad anelli, il cebo cappuccino (cfr. http://en.wikipedia.org/wiki/Frugivorous). I confronti effettuati tra uomo e grandi scimmie africane in base alle proteine del sangue e al DNA indicano come la linea che condusse alle popolazioni umane moderne non si sia differenziata da quella degli scimpanzé (cfr. http://en.wikipedia.org/wiki/Chimpanzee) e dei gorilla (cfr. http://en.wikipedia.org/wiki/Gorilla) se non in una fase evolutiva relativamente tarda. Sulla base di tali confronti, si tende a collocare questo bivio evolutivo tra gli otto e i sei milioni di anni fa (cfr. http://en.wikipedia.org/wiki/Human_evolution). La mia ipotesi è che al periodo lunghissimo dell’evoluzione trascorso da quegli esseri nella meravigliosa foresta equatoriale africana (più di 10 milioni di anni), del cui lontano ricordo qualche traccia dev’essere rimasta nel cervello della nostra specie, si riferiscano tutti i miti dell’Eden (prima della “caduta” – della discesa dagli alberi e dell’abbandono della foresta-madre). Compreso quello biblico (v. Genesi, I, 20-30: “Ecco, io vi do ogni pianta che fa seme, su tutta la superficie della terra e ogni albero fruttifero, che fa seme: questi vi serviranno per cibo”, cfr. http://www.nelvento.net/ilsolevero/cardine.php). Dalla contemplazione di quei nostri progenitori dell’equilibrio organico dei moti della natura esterna ed interna, vissuta e tramandata per tempo immemorabile, ritengo sia poi sorta, con la nascita della coscienza specificamente umana, l’idea stessa di equità e il suo contrario (beninteso la medesima esperienza fecero gli altri primati anche senza produrne il concetto – v. “il senso innato di giustizia” degli scimpanzé o delle scimmie cappuccine: http://www.repubblica.it/2003/i/sezioni/cronaca/scimmie/scimmie/scimmie.htmlhttp://www.corriere.it/Primo_Piano/Scienze_e_Tecnologie/2003/09_Settembre/18/scimmie.shtml, http://www.focus.it/ambiente/animali/Il_senso_di_giustizia_delle_scimmie290217_1447_C12.aspxhttp://www.sintesi.it/2011/04/la-legge-della-giungla/, http://it.groups.yahoo.com/group/libertari/message/92966). Pure in questo la visione giusnaturalistica si rivela ai miei occhi la più verosimile. E certo non  mi stupisce che nei bambini “un senso basilare di equità e altruismo” cominci a manifestarsi “già a 15 mesi di età” (http://www.lescienze.it/news/2011/10/10/news/equit_e_altruismo_i_primi_segni_gi_a_15_mesi-564396/).

(8) Cfr. http://www.etimo.it/?term=equilibrio&find=Cerca.

(9) Cfr. http://www.etimo.it/?term=armonia&find=Cerca.

(10) Cfr. http://www.etimo.it/?term=cosmo&find=Cerca.

(11) Non solo, tra gli animali (così come tra gli uomini del resto), il mangiarsi l’un l’altro non è per nulla l’unico sistema di relazioni reciproche, ma è di tutta evidenza che nessun predatore non umano – a sua volta equamente predato da qualche altro predatore animale – tende a sbranare l’universo mondo o rivela quel che gli umani definiscono (e praticano voluttuosamente) “sadismo” – salvo, guarda caso, talvolta, i primati a noi più vicini, gli scimpanzé… In realtà, dagli animali, anche dai più feroci, abbiamo solo da imparare (comportamenti altruistici, ai fini di un’armonia complessiva, si possono ritrovare perfino nell’ambito microscopico dei batteri, cfr. http://www.lescienze.it/news/2012/03/07/news/apoptosi_morte_cellulare_programmata_batteri_organismi_superiori_due_cammini_altruismo_cellulare-890051/). L’orrore e il disprezzo nei confronti della natura “selvaggia” e del mondo animale è uno dei principali frutti avvelenati dell’albero ebraico-cristiano, quello dell’uomo pallido che ha messo i suoi artigli distruttori su tutta la terra. Diversamente sentivano e ragionavano i maestri pagani. Ad Aristotele, per esempio (come in genere a tutti i pensatori classici), era estranea la damnatio naturae propria della tradizione del giudaismo, il suo sguardo di “disgusto” e di orrore verso i “viventi più umili”, gli animali non umani. “Perfino circa quegli esseri che non presentano attrattive sensibili al livello dell’osservazione scientifica la natura che li ha foggiati offre grandissime gioie a chi sappia comprenderne le cause, cioè sia autenticamente filosofo. Sarebbe del resto illogico e assurdo, dal momento che ci rallegriamo osservando le loro immagini poiché al tempo stesso vi riconosciamo l’arte che le ha foggiate, la pittura o la scultura, se non amassimo ancora di più l’osservazione degli esseri stessi così come sono costituiti per natura, almeno quando siamo in grado di coglierne le cause. Dunque, non si deve nutrire un infantile disgusto verso lo studio dei viventi più umili: in tutte le realtà naturali v’è qualcosa di meraviglioso. E come Eraclito, a quanto si racconta, parlò a quegli stranieri che desideravano rendergli visita, ma che una volta arrivati, ristavano vedendo che si scaldava presso la stufa della cucina (li invitò ad entrare senza esitare: “anche qui – disse – vi sono dei”), così occorre affrontare senza disgusto l’indagine su ognuno degli animali, giacché in tutti v’è qualcosa di naturale e di bello. Non infatti il caso, ma la finalità è presente nelle opere della natura, e massimamente: e il fine in vista del quale esse sono state costituite o si sono formate, occupa la regione del bello. Se poi qualcuno ritenesse indegna l’osservazione degli altri animali, nello stesso modo dovrebbe giudicare anche quella di se stesso; non è infatti senza grande disgusto che si vede di che cosa sia costituito il genere umano: sangue, carni, ossa, vene, e parti simili.” (Aristotele, De partibus animalium, I, 5)

(12) Cfr. La visione dionisiaca del mondo, § 2; La nascita della tragedia, § 3, 4, 6; Richard Wagner a Bayreuth, § 8; Umano, troppo umano I, a. 28, a. 104, a. 109, II, Prefazione, 5, II, b, a. 14; La gaia scienza, Prefazione, 3, a. 8, a. 13, a. 318, a. 326, a. 370; Aurora, a. 114, a. 354; Frammenti postumi 1887-1888, 11, [77]; Al di là del bene e del male, a. 225, a. 270; Frammenti postumi 1888-1889, 17 [6]; Genealogia della morale, II, 7, III, 17, 18, 28.

(13) La natura, nel suo candore al di qua della coscienza (e falsa coscienza), non ha nessun telos verso la “pace”, l'”uguaglianza”. Ma in condizioni normali, non contaminata e stravolta, è sempre cosmo, mostra in tutti i suoi complessi organici una meravigliosa tendenza dinamica all’equilibrio, all’armonia delle forme. In questo senso, infatti, ci è sempre stata Maestra e specchio – per tutta l’arte, per esempio, sino a quando quest’ultima è esistita(*). Cosmo è l’organismo stesso animale/umano, dentro il quale gli antichi vedevano risplendere e (co-)operare gli astri erranti(**). Dall’inizio al termine della vita – quindi, come per ogni ecosistema, da un’alba a un meriggio a un tramonto (“Un tutto è ciò che è ha avuto un inizio, una metà e una fine”, Aristolele) – l’apparato immunitario fornisce le autodifese atte a ripristinare una situazione di equilibrio dinamico ideale, finché le forze lo sorreggono ed entro i limiti delle sue potenzialità-possibilità. L’omeostasi biologica antiblastica intrinseca all’organismo animale-umano, con tutti i suoi molteplici meccanismi differenzianti, citoregolatori, apoptotici, immunologici in relazione ai sistemi psico-immunitario e psico-ormonale, i processi immunologici, così raffinati e così olistici, governati dal “centro” della ghiandola pineale, controllano la funzionalità di tessuti, parenchimi, endoteli, crasi ematica, dinamica midollare, preservando l’integrità delle membrane cellulari, nucleari, del citosol e del carisol dai processi ossidativi, sui canali ionici e sui recettori: tutta la  raffinata complessità molecolare infinita e precisissima della funzione vitale. All’interno del complesso psicofisico l’armonia cosmica, “unificazione di plurimescolati elementi e consenso di dissenzienti”, secondo la bella definizione di Filolao (Framm. 10), si ritrova perfettamente operante. “Tutte le cose”, dice sempre Filolao, “sono state racchiuse dal divino come in una custodia”: ogni coppia di opposti (il pari e il dispari, il maschio e la femmina, il cielo e la terra, il Sole e la Luna, la luce e l’oscurità, il giorno e la notte, il caldo e il freddo, il secco e l’umido, l’amaro e il dolce, le forze orientate verso l’informale – illimite – e il moto espansivo – centrifughe – e quelle che tendono alla forma – limite – e alla quiete – centripete –, lo Yang e lo Ying) e così le energie che volgono al “bene” come quelle che operano in senso contrario. Insieme esse concorrono all’equilibrio del tutto, alla sua stabilità, purché (e sinché) nessuna esageratamente prevalga sulle altre. “Ciò che mantiene la salute è l’equilibrio delle potenze (…) invece il predominio d’una di esse genera malattia, perché micidiale è il predominio d’un opposto sull’altro (…) la salute è la mescolanza proporzionata delle qualità.” (Alcmeone, Framm. 4)

(*) Cfr. http://it.groups.yahoo.com/group/libertari/message/50742.

(**) Saturno: facoltà ritentiva; terra, bile nera e occasionalmente flegma crudo; capelli, unghie, pelle, piume, lana, ossa, midollo e corno; milza; orecchio destro; udito (unitamente a Giove), natiche, ano, visceri, pene, schiena, ginocchia; sonno; vecchiaia.

Giove: facoltà vitale (unitamente al Sole), accrescitiva, nutritiva e lo spirito che è nel cuore; aria e sangue; arterie, sperma e midollo osseo; il cuore (unitamente al Sole); orecchio sinistro; udito (unitamente a Saturno), tatto (unitamente a Marte), cosce e intestino, ventre e gola; il vestirsi; l’età media.

Marte: facoltà irascibile; la parte superiore del fuoco e la bile gialla; le vene e le parti posteriori; il fegato; narice destra; odorato (unitamente a Venere), tatto (unitamente a Giove); gambe, pube; l’agire; giovinezza (unitamente a Venere).

Sole: facoltà vitale (unitamente a Giove); la parte inferiore del fuoco; cervello, nervi, ipocondrio, il grasso (unitamente a Venere) e tutto ciò che è del suo genere; lo stomaco (unitamente alla Luna); occhio destro; vista (unitamente alla Luna); il capo, il petto, il cuore (unitamente a Giove), il fianco, i denti, la bocca; l’alimentazione (solida); l’età matura.

Venere: facoltà appetitiva; carne; grasso (unitamente al Sole), midollo spinale; reni; narice sinistra; lingua (unitamente a Mercurio), odorato (unitamente a Marte) e organi dell’inspirazione; matrice, genitali, mani e dita; coito; giovinezza (unitamente a Marte) e adolescenza.

Mercurio: facoltà intellettiva; bile nera (unitamente a Saturno); arterie, cistifellea; lingua (unitamente a Venere); gusto (unitamente alla Luna), organi della parola; il parlare; infanzia.

Luna: facoltà naturale; flegma; pelle e quanto attiene ad essa; polmoni; occhio sinistro; vista (unitamente al Sole), gusto (unitamente a Mercurio); collo, mammelle, polmoni; stomaco (unitamente al Sole), milza; l’alimentazione (liquida); dall’infanzia alla vecchiaia in conformità alle sue fasi. (Cfr. al-Bîrûnî, L’arte dell’astrologia, Mimesis, Milano 1997, pp. 61, 63-64)

(14) Cfr. http://it.groups.yahoo.com/group/libertari/message/102478, http://it.groups.yahoo.com/group/libertari/message/102483, http://it.groups.yahoo.com/group/libertari/message/102503.

(15) Cfr. http://www.nelvento.net/ilsolevero/doc2.php (I Naturiens).

Comments
2 Responses to “Cosmo”
  1. pasquale cacchio ha detto:

    Non sta delirando Joe Fallisi, sta delirando il pensiero rassicurante.
    Grazie, Asinus, di aver ospitato quest’urlo.

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