Sullo specismo dei compagni
di Serena Contardi
Per chi, come me, è convinto della vocazione radicalmente antagonista dell’antispecismo, è sempre piuttosto straniante constatare il disprezzo viscerale che molti (troppi) compagni nutrono nei confronti di chi milita nel movimento di liberazione animale. Quando decisi che avrei smesso di consumare i prodotti dello sfruttamento, e forse anche fatto qualcosa di più, ipotizzai, ingenuamente, che il più grande sostegno l’avrei ricevuto dagli amici di sinistra, già impegnati in lotte antifasciste, antirazziste e antisessiste. Niente di più lontano dalla realtà. Mio fratello minore, che si è sempre dichiarato apolitico, la prima volta che mi vide riempire il carrello di lenticchie e borlotti, bofonchiò: «Cazzo fai?». Io risposi: «Mi sa che smetto di mangiare carne, è sbagliato». Lui mi squadrò un attimo, buttò lì un sorriso sbilenco, a metà tra rassegnazione e dileggio, e aggiunse: «Ora anche questa». Finita lì, mai più importunata. Alla prima cena mista tra compagni, invece, fui costretta a subire le provocazioni gratuite del rompiscatole di turno, e nei giorni seguenti mi trovai la bacheca facebook invasa dai commenti dell’allora presidente Comitato Giovani dell’ANPI (di dove non ve lo dico), che blaterava qualcosa contro il latte di soia, indegno di essere chiamato latte, e invitava tutti, me compresa, a farsi un kebab – credo sappiate tutti cosa sia la macellazione Halal. Col tempo questi piccoli dispetti cessarono, ma rimasi sempre colpita dall’idiozia fulminante che ad un certo punto, inspiegabilmente, colse le persone che stimavo di più, proprio nel momento in cui sentivo il bisogno di un confronto serio e ragionato.
Questa non è un’analisi sociologica: mi limito a parlare delle mie impressioni. E una fra le impressioni più prepotenti che ricevo è che, mentre a destra gli atteggiamenti prevalenti verso gli animali sono sostanzialmente due (disinteresse e zoofilia: in questo secondo caso penso ovviamente alla Brambilla), a sinistra serpeggi uno strano risentimento nei confronti di chi rifiuta la salamella alla Festa dell’Unità – sai che affronto. Un vecchio marxista cercò di convincermi del carattere borghese della mia protesta asserendo che senza ciccioli e vino le discussioni su Gramsci della sua gioventù non sarebbero state le stesse. Io avanzai timidamente il dubbio che forse sarebbe stato peggio levare Gramsci, ma non riuscii comunque a persuaderlo. Un altro, più giovane, arrivò addirittura a paragonare “noi vegani” agli studenti figli di papà di Valle Giulia, contrapponendoci ai poveri carnivori, molto più simili ai poliziotti di estrazione proletaria. Ora, non credo Pasolini fosse particolarmente sensibile alla sofferenza animale, ma ho come idea aspirasse a qualcosa di più che essere citato dal primo stronzo allo scopo di nobilitare il consumo di cotica di maiale, e dargli pure una valenza politica.
Nessuno nega che i cortei animalisti spesso attirino i lobotomizzati di Striscia la notizia o i fascisti di Paolo Mocavero, ma ridurre a questo il fenomeno animalista sarebbe profondamente disonesto, specialmente se, piuttosto che di animalismo, vogliamo parlare di antispecismo. Ma il fatto è che quando sostenete una cosa del genere, voi lo siete, profondamente disonesti, e lo sapete pure. Non c’è nessun ostacolo, né teorico né pratico, che vieti alla sinistra di guardare con più serietà alla battaglia di liberazione animale, specialmente se le istanze di una comune lotta al capitale sono formulate in termini marxiani. A meno che non intendiate attribuire un qualche valore teoretico al vostro amor proprio e al vostro orgoglio personale: vi assicuro che la rivoluzione può anche farne a meno. Non c’è proprio niente di razionale nel prurito che provate nei confronti degli antispecisti, è un’elementare dinamica psicologica che è sin troppo semplice spiegare, quasi fino all’imbarazzo. Quando si è fatta della critica del privilegio una ragione di vita, dev’essere dura intravedere, al di là dei confini di specie, lo sguardo muto di chi – pensate cosa se preferite: quella cosa che vi guarda – è vittima del vostro privilegio, che può essere occultato, rimosso o minimizzato, ma rimane lì, come uno zoccolo stritolato nel grande ingranaggio del dominio.
La forza con cui negate il vostro appoggio o anche semplice considerazione al movimento antispecista è in fondo la stessa forza con cui negate, colpevolmente, una mostruosa opera di sfruttamento che ormai può e deve essere messa in discussione. Sia detto per inciso, trovo piuttosto inquietante l’impiego di un umorismo tanto sfrenato per legittimare la violenza sugli animali, una risata che seppellisce chi è già seppellito, che letteralmente lo annulla, come in Foucault, denuncia in ogni tempo della civiltà. E come mi sembrano più pulite le lacrime di Rosa Luxemburg, in confronto.
Comments
48 Responses to “Sullo specismo dei compagni”Trackbacks
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[…] apparso su Asinus Novus […]
Vabbè….amo i tuoi articoli sempre di più!!! condivido in pieno…
Grazie 🙂
Secondo me questo è davvero un articolo brillante, anche io ho notato la stessa cosa!
Non ho mai avuto molti amici compagni, ne ho alcuni che frequentano centri sociali e scena hc/punk e sono quasi tutti legati alla condizione animale, tuttavia l’atteggiamento di ostilità dei compagni l’ho potuto notare nei genitori di una mia amica. Entrambi compagni con la foto del Che in casa, hanno vissuto gli anni degli scioperi degli operai ecc ecc e dinanzi alla mia scelta li ho visti abbastanza “come se non li riguardasse”. Nel senso che non hanno avuto ostilità, né mi hanno fatto osservazioni odiose, però il loro atteggiamento è del tipo “vabbè fai bene, ma noi siamo povera gente che lotta per il popolo quindi non stiamo tanto a pensare cosa comprare o meno”. Io ho percepito questo, perché comunque il loro “essere contro l’oppressore” è veramente solo nella dinamica padrone/operaio.
Bello e vero!
:-*
Non è forse il solito problema, cioè che tutto è relativo? Mi spiego.
Io e te aderiamo alla stessa tesi. Quindi pensiamo forse di essere d’accordo. Chi passa di lì ci vede accomunati. In realtà possiamo vedere diversamente ciò a cui aderiamo, possiamo giungere alla stessa meta per motivi diversi.
Un comunista e un fascista possono andare perfettamente d’accordo, per esempio tifando la medesima squadra la domenica allo stadio. Finché la loro interazione resta lì confinata, il contrasto non emerge, e loro possono illudersi di avere una visione comune.
Io posso essere d’accordo (se tra le righe si leggeva questo) e dire che un uomo di sinistra dovrebbe essere vegetariano. Ma che conta? Ci sarà sempre qualcuno, inamovibile a dirsi compagno, che non sarà d’accordo con me. E allora forse l’antispecismo è questione apolitica. Oppure, che è lo stesso, e qui c’impantaniamo nel relativismo, si credeva di avere un sentire comune, che invece aveva solo alcuni profili di coincidenza. E non c’è più qualcuno che ha torto o ragione, che è più puro dell’altro. C’è solo il limite umano di dover etichettare, in maniera inevitabilmente imperfetta.
Nono, io non suggerisco affatto che un uomo di sinistra dovrebbe essere vegetariano. Ciò che non dovrebbe fare, magari, è esibire tanto pregiudizio (irrazionale e cieco) nei confronti dell’antispecismo, un pensiero che potrebbe fornire nuovi e più radicali strumenti nella critica al dominio.
Se l’antispecismo propone una nuova visione della polis, come può essere apolitico (direbbe Anton)? Zoofilia e protezionismo possono essere apolitici, l’antispecismo proprio no.
che cosa intendi con “compagno”?
dammene una definizione precisa, teorica e anche concreta.
Chi sarebbero i “compagni”?
Che brutti modi, ué.
Intendo per “compagni” né più né meno di quel che si intende comunemente: militanti della sinistra marxista e anticapitalista.
Grandissima Serena, ti leggo non solo con un interesse vorace, ma provando un vero senso di liberazione. Perchè riesci sempre a trovare l’intelligenza e le parole giuste di fronte a situazioni che in me (ma credo anche in molti altri) hanno semplicemente alimentato delusione e senso di smarrimento. L’indifferenza dei compagni (e soprattutto degli amici compagni) è dura da accettare. Può essere banale dirlo, ma a leggerti ci si sente meno soli!
Non è affatto banale, è forse la cosa più bella che potessi dirmi 🙂
Grazie.
Beh, in realtà credo che “compagni” sia usato genericamente a sinistra, non solo quella marxista e anticapitalista. Credo che nel PD si chiamino tra di loro compagni (il che, mi rendo conto, ha dell’esilarante) e una volta anche i radicali si chiamavano compagni (e forse ancora, non lo so)
GRANDISSIMA Serena!!!
Ciao Tiziana, grazie!
“militanti della sinistra marxista e anticapitalista”
quelli del PD?
o quelli di rifondazione comunista?
o quelli dei “centri sociali”?
o….?
(Ma sai che non capisco dove vuoi arrivare?)
Mi spieghi con calma cosa c’entra l’essere di sinistra rispetto a quello che si mangia? E sinceramente credo tu non abbia capito molto bene il termine “specista”. Ti prego dimmi che questo è un post ironico e che io non ho colto il lato umoristico.
No tesoro, non è un post ironico. Fra l’altro, tutti gli aneddoti riportati sono reali realissimi.
Se non ho capito bene il termine specista me lo puoi spiegare tu, sono tutta orecchi 🙂
Hai letto il primo link cui l’articolo rimandava? Lì si dice in che senso la sinistra potrebbe – non dovrebbe – “accogliere la questione animale come elemento strutturale della critica al dominio”.
“Lo specismo è l’attribuzione di un diverso valore e status morale agli individui a seconda della loro specie di appartenenza. Il termine fu coniato nel 1973 dallo psicologo britannico Richard Ryder”. Meglio di wiki, sono in pochi a dirlo 🙂
Senza offesa per la tua pur nobile causa, non sarà che “quelli di sinistra” hanno più a cuore il destino umano, in questa fase storica, rispetto a quello animale, e che di conseguenza non gliene freghi un cazzo se non ti piace la salsiccia, e da quello derivi la “loro” colpevole indifferenza al tema? 🙂
Uffy ma non hai letto!! Ti dò un consiglio: su google, cerca “antispecismo politico” – potresti scoprire molte cose illuminanti. Tipo che destino umano e destino animale non sono poi tanto slegati. Se, dopo esserti documentato un poco di più, avrai dismesso qualcuno dei tuoi fastidiosi pregiudizi, potremo discuterne ancora. Se no, amen. Vero che la salsiccia non mi piace, ma non nel senso che immagini 😉
Bell’articolo 🙂
A mio avviso, non credo sia tanto questione di collocazioni politiche quanto piuttosto di condizionamento millenario: a partire dalle lettere di Paolo di Tarso (I Timoteo) fino alla scienza moderna, passando per eretici e streghe, chi non mangia carne è sempre stato guardato con sospetto. Poi, dal momento che troppo spesso Marx viene ricordato solo come quello per cui la struttura è economica e tutto il resto è sovrastruttura, ecco che per alcuni diventa difficile guardare il mondo con occhio critico nei confronti di tutto ciò che è meccanismo produttivo. Le stratificazioni culturali e sociali comunque ci sono, e sono tante e trasversali.
Grazie 🙂 Hai scritto qualcosa, su questo antico sospetto verso chi non mangia carne?
Il senso a “salsiccia” lo hai pensato tu. Questo mi fa pensare, ma non a quello che pensi tu. Non lo leggo quel rimando perché sarà un’altra pippa mentale inutile come tutta questa tua teoria. Il comunismo è principalmente libertà, anche di non mangiare carne anche di mangiare merda se uno vuole. Se non hai capito questo, non hai capito il comunismo. Ma è normale per quelli della tua generazione.
Come dovete stare bene, voi che sapete già tutto. Forse un giorno ci arriverò anch’io: sempre che sia concesso, a quelli della mia generazione.
Pensiamo solo sia il caso di preoccuparci anche della libertà del maiale, visto che non costa nulla.
Comunque non preoccuparti, Nonsonovo’: la legge ti garantisce la porchetta, lo Stato è dalla tua parte, il 99% della popolazione mondiale è dalla tua parte, l’economia mondiale è dalla tua parte, il capitalismo è dalla tua parte, le multinazionali sono dalla tua parte, quindi tranquillo, la porchetta non te la tocca nessuno.
@ nonsonovoi
L’antispecismo non intende discutere i gusti alimentari, bensì lottare contro ogni tipo di sfruttamento dell’animale umano e non umano.
La libertà del mangiare chi si vuole in genere non tiene conto del terzo elemento in gioco, appunto gli animali. Quindi è una libertà limitata, parziale.
e il problema che evidenzi è il minore che hanno i “compagni”…vedi Ignazio Brambati ex assessore “comunista” del comune di Piacenza…
Shhh… non dirglielo che poi accusa anche te di fare la sapientona….
La sinistra è fortemente antropocentrica (non nell’accezione negativa) in quanto si occupa e si è sempre occupata dell’uomo nell’obiettivo di liberarlo dall’oppressione dello sfruttamento in tutti i suoi aspetti (compresa la conservazione della natura “selvaggia”). Sicuramente (anzi, spero…) il pensiero antispecista entrerà a far parte delle lotte di liberazione umana, ampliandola, probabilmente perdendo l’aggettivo “umana”. Come tutte le novità che vanno a distruggere un pensiero ben radicato a livello genetico (ossia che l’individualità non è solo una caratteristica umana) porta ad avere una reazione istintiva di autodifesa, una reazione non razionale, spesso sciocca, che deve essere ancora educata. Ci ricordiamo tutti cosa successe a Galileo quando affermò che la Terra non si trovava al centro dell’Universo… vero?
Sì, Manuel, è talmente nuovo tale pensiero che impiegherà molto tempo prima che entri nella forma mentis delle nuove generazioni ed, ehm, dei compagni.
E temo che per affermarsi impiegherà molto più tempo che il pensiero di Galileo.
Quindi calma e pazienza.
È ancora un semetto, rischioso farlo morire prima che germogli, o no?
Anche io ho ricevuto lo stesso trattamento, tra l’altro in età molto giovane. Dieci anni fa la scelta vegan e l’antispecismo non erano considerate scelte politiche, almeno nell’area “antagonista”. Era un vezzo. Uno modo per essere diverso, secondo molti “compagni”. Ciò che mi fa più rabbia è che molti ancora oggi darebbero la vita per sostenere tesi di situazioni avvenute quasi un secolo fa. Compagni, toglietemi una curiosità: cosa risponderete ai vostri figli, domani, quando vi chiederanno “dov’eri durante lo sterminio di massa degli animali?”. D’altronde, anche voi, oggi, avete le vostre ragioni per sostenere lo sfruttamento animale. Quelli di ieri che vi ritrovate oggi a condannare, a criticare, non sono altro che i voi di domani. Iniziate a pensarci già da oggi perchè non sarà semplice trovare una buona scusa. E il vostro palato non è una buona scusa.
Sembra di risentire i recenti discorsi sulla rampante ondata di antifemminismo – aggressivo, sguaiato e derisorio, a volte – che diversi anche stimati compagni hanno rigurgitato ultimamente ispirati dalle pussy riots.
Questi atteggiamenti sono disgustosi. Passerai pure il tempo a dibattere di Marx e approntare rivoluzioni, ma ciò non toglie che sei uno stronzo, e io degli stronzi intorno non li voglio. Altrimenti frequenterei i fascisti, no?
Dana for president! Ho pensato la stessa identica cosa.
in effetti credo che l’antispecismo non possa sposarsi con la precisione e l’attenzione analitica propria del marxismo e della tradizione di sinistra, in particolare sui fenomeni e i mutamenti sociali.
l’impressione è che si basi soprattutto su condizionamenti e sensibilità personali, anche dettate dalla pietas cattolica, dai cartoni animati della disney e dalle condizioni snaturate dei cittadini, altresì detti borghesi.
Lo sfruttamento della natura va inteso nel suo insieme e non nello specifico, includendo il regno vegetale oltre a quello animale e intendendolo come unico complesso organico e indivisibile.
Solo così si può ipotizzare una forma logica di teorizzazione che possa essere di sinistra, e che possa puntare al miglioramento vero nel rapporto tra tecnica e natura.
L’impressione, purtroppo, è che un sacco di gente parli e parli senza essersi presa la briga di approfondire onestamente l’argomento sul quale pretende di esprimere giudizi tanto netti. Consiglio una lettura più attenta del libro citato nell’articolo (M. Maurizi, Al di là della natura. Gli animali, il capitale e la libertà), o, più in generale, la lettura di qualcosa che riguardi realmente l’antispecismo http://asinusnovus.wordpress.com/2012/02/26/lettera-ad-un-comunista/
ti ringrazio dei riferimenti. avevo letto il pezzo poco fa su http://www.bibliotecamarxista.org/maurizi/marxismo%20e%20animalismo.htm. Apprezzo lo sforzo, ma non condivido la base.
L’impressione purtroppo è che si voglia teorizzare un sentimento, senza applicarlo a una realtà socio economica in realtà molto più complessa.
«per Maurizi i fenomeni della schiavitù degli esseri umani (quella brutale e quella ipocrita mediata da qualche legge) e della schiavitù animale sono due facce di uno stesso dispositivo economico e ideologico» da cui un uomo che si batte per la sua libertà dovrebbe battersi anche per quella animale.
Eppure il principio di base dello sfruttamento, se lo si vuole allargare dall’uomo alla natura, non può avere il suo focus esclusivo sugli animali, altrimenti si passa semplicemente dalla contrapposizione uomo/natura, a una nuova uomo-animale/natura.
Sulla base di questa considerazione, ovvero che gli animalisti non puntano a risolvere la contrapposizione, ma ad articolarla, mi chiedo se la domanda che si dovrebbe fare non dovrebbe essere: può un animalista definirsi comunista?
Ma figurati, Blogbici.
Che non si voglia escludere dalla riflessione un sentimento che c’è ed è ormai tutt’altro che minoritario è vero, e lo possiamo ammettere senza timore né tremore. Come scriveva Adorno, credere che il pensiero abbia qualcosa da guadagnare dalla rimozione delle emozioni è già espressione del processo di inebetimento, e assolutizza la suddivisione dell’uomo in funzioni (determinata storicamente e ben poco materialista).
Quella che hai letto è una recensione e ha i pregi e i difetti di una recensione: per limiti di spazio non può risolvere adeguatamente il nesso tra sfruttamento della natura e sfruttamento dell’essere umano che Maurizi cerca di mettere in luce (ma per questo basterebbe avere letto i francofortesi, a mio modesto parere). Non c’è alcuna contrapposizione rigida tra uomo/animale da una parte e natura dall’altra, io proprio non la vedo, non so che dire. Mi rendo conto di non poterti costringere ad acquistare e leggere il libro in questione, magari può essere utile, se ne hai voglia, approfondire a questi link: http://asinusnovus.wordpress.com/2012/05/27/mica-pretenderai-che-leggiamo-la-tua-opera-omnia/
“Lo sfruttamento della natura va inteso nel suo insieme e non nello specifico, includendo il regno vegetale oltre a quello animale e intendendolo come unico complesso organico e indivisibile.”
D’accordo.
Penso che lo sia anche chi parla solo di animali.
Nel seguente testo puoi trovare temi che riguardano altre forme di sfruttamento:
http://www.ibs.it/code/9788895881591/persona-nelle-filosofie.html
Come la mettiamo con lo sfruttamento dell’uomo da parte del cane (o dei gatti)? Trovi giusto lavorare per mantenere intere specie di animali che hanno abbandonato lo stato selvaggio approfittando della magnanimità umana? Non trovi che sia immorale che questi animali domestici ci sfruttino così?
Rido. La tua domanda è chiaramente provocatoria, ma wow, ci muoviamo nella stessa direzione: http://asinusnovus.wordpress.com/2012/03/11/e-gli-animali-domestici/
Non ci sfruttano. Si ricambia un sentimento amicale, semmai. Pure loro ci danno qualcosa, ti pare? Anzi, io direi moltissimo.
Ottimo punto di vista. Io sono anni che discuto all’interno del Movimento Decrescita Felice, perché nonostante sappiano ormai benissimo che gli allevamenti sono la causa primaria di inquinamento (al di là del discorso etico), se ne guardano bene dal passare all’alimentazione etica…
L’atteggiamento di alcuni di queste frange “rivoluzionarie” è il meno rivoluzionario in assoluto. Secondo me però l’importante è che noi si tenga duro e si continui a dare un esempio positivo, pian piano le cose cambiano.
Interessante discorso, ma non capisco perchè l’autrice si meravigli. Il marxismo e il comunismo mai hanno trattato di diritti di animali per due semplici ragioni:
1) si tratta di una filosofia politica e gli animali non umani non possono votare
2) si tratta di una filosofia sociale e gli animali non umani sono al di fuori della società umana.
Si può essere animalisti e comunisti ma non si può rinfacciare ‘insensibilità’ verso i compagni in quanto si tratta di tematiche estranee.
Tutto verissimo e sperimentato in prima persona!
Inoltre aggiungerei che le accuse piu frequenti dagli amici di sinistra:
1) Ti viene criticato di far parte di circoli, di partiti, di comunità animaliste che vengono descritte da loro come specie di massonerie o di circoli alla scientology anche se le persone in questione conoscono perfettamente il tuo stile di vita e sanno che magari non conosci manco un altra persona vegetariana (come nel caso mio) figurati stare in questi gruppi
2) Mi dicono che siamo tantissimi (ma dove??) e pesanti (quando l’argomento viene spesso messo in mezzo da loro)
Cioè io trovo assurda una cosa del genere, anche perchè se un compagno mi dicesse ad esempio: guarda lo sai che se mangi la mela di marca x favorisci la guerra in y, io non mi metterei ad interromperlo ogni tre secondi dicendo: eh ma siete tanti che melo dite, siete pesanti, siete troppi, bensì ascolterei quello che ha da dire
Anche se fosse stato qualsiasi altro argomento, è comunque criticabile la scostumatezza e l’inciviltà della persona con cui parli! però ahimè quando si tratta di animalismo pare tutto questo sia concesso
ma pensa un po’. io mi definisco liberale, gruppo che in italia ormai non esiste più. sono per il libero mercato, la penso come il vecchio einaudi. penso che il denaro sia una cosa buona e positiva, e invito tutti quelli che sostengono in contrario a liberarsene donandolo (anche a me, non mi tiro indietro). odio lo stato controllore e burocrata, lo statalismo e l’assistenzialismo esasperato. e guarda un po’, sono vegetariano, quasi vegano (escludo il miele, perchè le api le allevo io, nella tutela del loro benessere). odio i soprusi, gli sfruttamenti e la violenza e gli interventi militari. sarà mai che i “compagni” di sinistra non gliene frega quasi mai nulla dei soprusi e dello sfruttamento, e una volta raggiunto uno status quo nella società se ne fregano allegramente dei loro principi di uguaglianza (cuore a sinistra e portafoglio a destra), dove per ugaglianza vuole dire prendere a chi ha di più (traduci: chi si è fatto il mazzo, chi ha rischiato senza garanzie o tutele) per mettere in tasca a se stessi? per me questa ideologia è: sopruso, imposizione e violenza. non stupirti quindi che tra i compagni ci sia chi, non solo se ne frega, ma si compiace del maiale nel lager, fino a che fa comodo al suo stomaco.
mi dispiace usare queste dure parole, ma è quello che tristemente noto.
“(escludo il miele, perché le api le allevo io, nella tutela del loro benessere)”,
anche a me piace il miele, qui ce ne sono di apicoltori,
che però non pare tutelino il loro interesse.
Mi puoi dire come si fa?
O dove si può comprarlo?
“Lo specismo dei compagni” e’ molto vero e triste purtroppo, sembra quasi che abbia caratteristiche proprie rispetto a quello degli altri – ma forse e’ autosuggestione.
Il lato positivo e’ che, al di la’ delle autodefinizioni che ognuno si puo’ dare (come quella che citi di “marxisti anticapitalisti ecc.”), l’antispecismo e’ un test per capire chi compagno\a lo e’ per davvero, almeno per quanto mi riguarda.
Il che riduce tantissimo il perimetro dei compagni, ma chissenefrega.