Chi mangi, perchè lo mangi e come lo mangi

di Barbara Balsamo

 vignetta

Mangiare animali è un’abitudine che si è stratificata nel tempo. Non ci facciamo più caso ormai, mangiamo e basta senza guardare chi mangiamo. Gli animali si trasformano in pezzi ben identificati dal linguaggio tecnico dei macellai, che ogni tanto, come nei cortocircuiti, hanno risonanza con noi: spalla, coscia, petto, lingua, testa. Quando si parla degli animali da reddito si parla di cose. In questo periodo tutto è ancora più commovente. Si avvicina la Pasqua e come per tutte le altre tradizioni cristiane – e non – gli animali sono al  centro… si al centro del banchetto. Vuoi perchè simbolo di innocenza, vuoi perchè simbolo di abbondanza, vuoi perchè in quel giorno si mangia pesce e non carne insomma dove ti giri ti giri non importa chi preghi e perchè, mangi comunque un essere senziente, un individuo diverso da te. Questo orrore che per il 90% della popolazione mondiale risulta essere totalmente “normale e naturale” poiché giustificato da teorie nutrizioniste (abbondantemente superate, e per fortuna, ma nessuno lo sa!) teorie della “legge del più forte” (sulle quali poggiano ovviamente anche tutte le violenze e gli abusi ai quali assistiamo quotidianamente intorno a noi, ma anche questo fenomeno risulta essere relegato sempre a forma di eccezionalità) o semplicemente abitudini culturali radicate e supportate da un sistema economico intrinsecamente legato con lo sfruttamento, e qui arriviamo alla grande, unica vera ragione della morte e sofferenza degli animali (umani e non umani): l’economia mondiale poggia sullo sfruttamento animale (a discapito del benessere umano, del pianeta, degli animali) sostenendo pratiche e abitudini millenarie e viceversa! Questo meccanismo perverso fa si che chiunque dissenta e si opponga venga marginalizzato, ridicolizzato, umiliato. È un meccanismo studiato ampiamente nella psicologia sociale e nell’antropologia. Già poiché il sistema è conservatore e conservativo e per difendersi distrugge gli elementi dissonanti. Gli antispecisti sono elementi decisamente dissonanti. E allora ecco che vediamo definizioni a dir poco paradossali come: siete dei violenti, siete presuntuosi, non rispettate gli altri, voi volete tutti morti, siete estremisti, siete ….. siete……. siete……… La sola cosa che realmente siamo è umani che si oppongono a un  sistema di dominio dell’altro, un sistema che di fatto priva della libertà, individuale e collettiva e che allarga a dismisura questa sua pratica al mondo che lo circonda con gli animali in testa. La sensibilizzazione che si sta diffondendo in questi ultimi anni è straordinaria, infatti sempre più individui iniziano a riflettere sulle nostre denunce e aumenta la disponibilità ad accogliere, nonostante le resistenze sistemiche, almeno il concetto che gli animali sono esseri senzienti, soggetti di una vita e non oggetti a nostra disposizione . Ma, c’è sempre un “ma”. Infatti il tema riguardante gli animali e la loro liberazione contempla una costellazione di posizioni, di opinioni. Seppur nel rispetto di tutti, io sono persuasa, come già ribadito altre volte, che l’unica via per eliminare radicalmente lo sfruttamento animale sia combattere il sistema che lo genera. Questo sistema ha una forma e un’entità concreta non è astratto, non è deforme o informe, e – ahimè – anche molto den delineato. I punti sui quali poggiano le battaglie in difesa e liberazione degli animali sono diversi, dall’antivisezionismo, ai circhi senza animali, delfinari, zoo, alle questione di pelli e pellicce passando per quell’immenso, orrendo, abnorme inferno che è l’allevamento; la più alta e subdola forma di sfruttamento, schiavitù, tortura e morte degli animali. Tutti questi mostri che distruggono la vita di miliardi di esseri senzienti sono radicati e sostenuti dallo specismo, ovvero quella concezione antropocentrica del mondo e dell’universo, secondo la quale, discriminando tra le specie esistenti, si crea una gerarchia di importanza e valore che ne determina la più o meno intensa sfruttabilità. L’antispecismo si innesta in questa dinamica come lotta radicale a questo sistema di morte e di dominio con una serie di concrete battaglie di liberazione che vanno dalle campagne di sensibilizzazione ai riscatti passando per presidi, manifestazioni, cortei, disobbedienza civile e molto altro. Proprio in questi giorni la campagna di Animalisti FVG seguita poi a Grosseto dal gruppo Associazioni d’idee ha fatto scalpore per le immagini violente dei manifesti. Eh già, hanno osato turbare l’immaginario quieto della collettività mostrando un bambolotto smembrato e impacchettato, si proprio come i maialini o gli agnellini veri ancora grondanti di sangue che i nostri  stessi bambini vedono tutti i giorni nei supermercati e nelle macellerie. Il garante dei minori ha pensato bene di denunciarli. Come mai!? E veniamo ora alla Santissima Pasqua. Come lo scorso anno molte associazioni si stanno prodigando con campagne di sensibilizzazione, banchetti informativi, eventi virtuali, riscatti aperti. Ricordo che lo scorso anno grazie a questi interventi il consumo di carne di agnello è stato abbattuto del 35 % , un successo inaspettato, che di fatto ha salvato la vita di migliaia di creature innocenti. Quest’anno però, ahimè, abbiamo una new entry: proposte di  acquisto di agnelli. Singoli benefattori che raccolgono fondi, associazioni, anche note, che raccolgono fondi, fondi che andranno direttamente nelle tasche degli allevatori! Perchè ahimè dunque?? perchè aquistando agnelli, così come qualunque altro animale condannato a essere da reddito, non solo si finanzia l’allevatore, che produrrà di più l’anno successivo secondo una logica elementarissima del marketing, ma soprattutto si lancerà il messaggio specista che la vita è mercificabile, che la vita ha un costo e un prezzo, che la vita si compra e si confonderà, come è stato, acquisto con liberazione, con salvataggio. Siamo alla deriva con questo animalismo che inizia a diventare una costola del sistema specista e che si sta sostituendo gradualmente alla reale lotta antispecista per una liberazione animale radicale. Il qualunquismo sta ormai da tempo occupando gli interstizi dell’attivismo infiltrandosi come un grande blob nelle pieghe delle nostre battaglie. Non siamo perfetti, non siamo i salvatori del mondo, non pensiamo in modo supponente di avere la verità, ma certamente, e ne sono persuasa, siamo l’unica alternativa vera allo sfruttamento animale: antispecismo militante radicale, stile di vita vegan,  opposizione a tutte le forme di sfruttamento. E allora io vorrei dire a tutti quelli che si definiscono animalisti mangiando alcune specie pensando di salvarne altre acquistandole che stanno annientando la possibilità che queste vite possano essere davvero liberate. Desidero ardentemente che lo specismo finisca e voglio stroncare sul nascere queste forme di sedicente animalismo, benaltrismo, buonismo, pietismo, dannose e speciste che pensano di fare un passo in avanti verso la libertà e invece fanno un salto indietro giù nell’inferno trascinando con se tutti gli animali umani e non umani.

Comments
8 Responses to “Chi mangi, perchè lo mangi e come lo mangi”
  1. musi e muse ha detto:

    L’articolo di Barbara Balsamo esprime un durissimo giudizio verso quegli animalisti che acquistano agnelli o altri animali da reddito. Questa presa di posizione, seppur comprensibile nelle sue motivazioni, non lascia forse trasparire una grave incomprensione verso le pratiche di volontariato e più generalmente verso il rapporto con gli animali che è presente in alcune parti della società?

    L’autrice dell’articolo fa riferimento a singoli o gruppi che raccolgono fondi per acquistare agnelli, al fine di sottrarli alla macellazione. Ora, poiché tali iniziative vengono distinte dai «riscatti aperti» di animali, si potrebbe credere che l’articolista stia suggerendo che si tratti di vere e proprie truffe; nel qual caso esse andrebbero apertamente denunciate e ostacolate. Tuttavia il tipo di critiche che vengono mosse non sembrano indicare tale ipotesi. Il bersaglio sembra piuttosto essere l’attività di quei volontari «animalisti» «costole del sistema», come li definisce l’autrice dell’articolo, che sempre più spesso negli ultimi anni si occupano di aiutare e trovare una nuova sistemazione non solo per cani e gatti, ma anche per gli animali da reddito o da laboratorio.

    Partecipando da tempo a tali iniziative, vorremmo chiarire quale sia l’effettiva attività di questi animalisti. Di solito si tratta di animali provenienti da sequestri di piccole attività o di privati, oppure di animali che bisogna acquistare dal loro proprietario: spesso perché provenienti da attività che stanno chiudendo e si liberano degli animali cedendoli ai macelli, o perché invendibili per qualche difetto, o perché sono animali che, per qualche ragione, chi propone il riscatto conosce ed ha visto, e con cui ha instaurato un minimo di rapporto. Ma questa è solo la prima parte del «salvataggio»; la più difficile ed importante è quella di trovare, per gli animali così riscattati (questo il termine che viene usato), una nuova sistemazione in situazioni dove non solo non vengano mangiati, ma nemmeno sfruttati (si fa sempre riferimento in tali appelli all’obbligo di sterilizzare gli animali). Tali situazioni vengono poi controllate nel tempo.

    Se questa è l’effettiva pratica degli animalisti, ciò che se ne ricava non è assolutamente una «mercificazione» degli animali, ma anzi una sensibilità verso la loro individualità, e il comprarli viene visto come un’assurdità purtroppo inevitabile talvolta, visto che non si può trovare altro modo per salvare loro la vita, proprio la loro, che si svolge qui ed ora. Non bisognerebbe confondere i termini di una situazione che comporta diversi e conflittuali punti di vista: se un animale è merce per chi lo vende, per noi è un individuo con una storia e una personalità, un amico con cui abbiamo legami affettivi.

    Pensiamo all’opera di Jill Robinson in favore degli «Orsi della luna». È anche quella un forma di «qualunquismo», di «messaggio specista per cui la vita è mercificabile»?

    Non solo: si sollecita così la creazione e l’incrementano di quelle situazioni di convivenza dove gli animali sono persone, si suppone insomma che tali realtà sono e saranno possibili (senza credere che questo mondo sia tutto un orrore).

    Consideriamo infine l’idea espressa dall’articolo secondo cui queste iniziative finiscono con l’alimentare, necessariamente, la produzione di animali da reddito. Ma giustamente nessun animalista pensa che queste azioni di solidarietà possano in qualche modo avere un qualsiasi impatto economico, vista l’esiguità di tali «salvataggi» evidentemente individuali. Tuttavia, se dal punto di vista del sistema economico queste iniziative non hanno alcun peso, questo non significa che siano ininfluenti o peggio che «stiano annientando la possibilità che queste vite possano essere davvero liberate».

    Per concludere, quanto espresso in questo articolo ci sembra un esempio di come le analisi in termini di «dominio» e di «abolizione del sistema» comportino il rischio di non saper leggere i fatti reali, portino ad ignorare o fraintendere fenomeni conflittuali e diffusi che si verificano in una società. Le teorie e le pratiche di un antispecismo propagandato come «unica alternativa vera» allo sfruttamento animale («seppur nel rispetto di tutti», si capisce!) sembrano trascurare proprio l’individualità degli animali (anche umani): l’elemento che dovrebbe invece essere il più importante, se davvero vogliamo considerarli come soggetti.

    La redazione di Musi e Muse

    • barbara ha detto:

      vi invito cordialmente a leggere di nuovo il mio articolo poichè, da quello che scrivete, intuisco che avete frainteso quello che ho detto. Infatti la mia “accusa” , se così vogliamo chiamarla, è indirizzata a quelle realtà che effettuano vere e proprie campagne acquisti per salvare agnelli. Penso che non abbiate quindi capito di quali iniziative io stessi parlando. Il fatto poi che voi ricorriate anche all’acquisto, come avete chiaramente spiegato, forse vi ha fatto sentire il bersaglio delle mie opinioni.

  2. barbara ha detto:

    questa la mia risposta su musi e muse.
    Potrebbe essere utile per capire meglio la mia posizione leggere anche questo articolo, sempre inerente allo stesso tema e che in realtà completa il primo http://artecologianimali.blogspot.com/2013/03/gli-allevatori-ringraziano-di-cuore-gli.html?spref=fb.
    Come già cercato di ribadire in altre occasioni, la mia critica riguarda l’acquisto di agnelli (ma anche di altri animali da reddito) intesa come prassi collettiva, come iniziativa pubblica che va a determinare e legitimare una nuova modalità di concepire la liberazione animale in un contesto antispecista. La mia non vuole essere una critica, tantomeno un’accusa, a individuali e private iniziative, ma una riflessione su prassi pubbliche, collettive, e sociali che inevitabilmente incidono sull’approccio stesso che si vuole avere con lo specismo e che inquadrano in modo totalmente differente le battaglie che intendono abolire la pratica di sfruttamento il cui massimo esempio è l’allevamento. Non credo affatto che si tratti di massimalismo né condivido la convinzione che chi si oppone a una deriva consumistica della battaglia di liberazione animale non tenga conto né dei sentimenti né delle singole individualità. Considerare l’agnello, quel singolo agnello, come soggetto e rispettarlo non implica come conseguenza diretta il comprarlo. Le lotte di liberazione animale hanno bisogno di pratiche radicali contro ciò che è alla base dello sfruttamento animale, in questo caso gli allevamenti: se fosse questa dell’acquisto la modalità con cui l’antispecismo intende liberare gli animali dallo specismo cosa dovremmo fare? canalizzare le iniziative verso la compravendita di soggetti? sarebbe tentare di svuotare il mare con un cucchiaino sapendo che questi stessi allevamenti esistono solo e perchè sostenuti dagli acquisti. Prendo atto che moltissimi vegani hanno sostenuto e continuano a sostenere l’iniziativa contro la quale io personalmente mi sono “scagliata”. Ribadendo che veganismo e antispecismo, a mio parere, non sono la stessa cosa, e che si può benissimo essere vegani pur non essendo antispecisti, dovremmo definire meglio entro quali dinamiche ci stiamo confrontando. Il dibattito che sta nascendo attorno ai miei articoli, a partire dalle vostre osservazioni, sono certa servirà ad analizzare meglio queste nuove dinamiche. Spero inoltre che a questo confronto intervengano più attivisti poichè non vorrei rimanesse uno scambio di idee tra noi (seppur utile).

  3. Mattia ha detto:

    Credo che comprare animali sia specista quanto comprare fagioli per non mangiare le bistecche.
    Il boicottaggio non funziona mai, e almeno così si salva qualche animali. E’ impossibile non essere specisti, quindi facciamo prima a lasciar perdere e salvare i singoli individui a noi più vicini. Questo dibattito ricorda quello sugli argomenti diretti e indiretti nell’animalismos!

    • barbara ha detto:

      perfetto Mattia, ma quello che dici in nessun modo riflette posizioni antispeciste né strategie di lotta poichè appunto, come dici tu, è tutto inutile. anche questo è un punto di vista da tenere in considerazione, ma come ho scritto nel commento sopra, dovremmo definire entro quali dinamiche ci stiamo confrontando! grazie per il tuo contributo.

  4. Danila Fanara ha detto:

    comprare un animale vivo o morto finanzia cmq l’allevatore quindi non ha senso, bisogna sensibilizzare le persone!!!

    cmq gli agnelli non vengono riscattati ne salvati, é stato aperto un conto corrente per l’occasione e i soldi, mi sembra 100 euro ad agnello, sono stati usati per finanziare il mercato degli assassini…quindi la conseguenza di questo gesto é molto palese….
    cmq da quanto ho capito il sign.re che ha avuto questa brillante idea l’ha fatto per un momento di popolaritá visto che non é neanche vegetariano, quindi salva gli agnellini a pasqua per diventare famoso e si mangia la sua bistecca a cena…ma si chi se ne frega, gli agnelli sono stati salvati(comprati)….gli altri possono morire in pace…amen!!!

    viva la coerenza…..

  5. ecco, per capire, si è lanciata una vera e propria moda. poco fa mi arriva questa segnalazione:

    Allora ragazzi…magari qualcuno non ha letto… Oppure a proprio ignorato il mio appello….abbiamo un obbiettivo… Salvare dal macello di sicuro due agnellini…più soldi riusciamo a raccimolare tanti ancora possiamo salvarne… Oggi e’ gia’ partito un camion pieno…domani ne arriverà un altro…. Vero che non salveremo il mondo ma di sicuro la vita di alcuni di loro si…..per donazioni… Postepay n…………….. Grazie a nome di creature in cerca di salvezza …..
    ometto i dati ovviamente poichè non ho interesse a martirizzare nessuno. questo tipo di “eventi” stanno imperversando sul web. riflettiamo insieme!!

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